Ambiente, dieta e patrimonio genetico sono alcuni fattori che potrebbero spiegare la diversa composizione del microbiota intestinale. Recenti studi fanno supporre che la variabilità, e dunque l’acquisizione di nuove specie di microrganismi, possa essere condizionata anche dalle interazioni tra i microbi commensali presenti nell’intestino. Ipotesi che alcuni ricercatori americani della Simon Fraser University intendono studiare sul moscerino della frutta, avvalendosi di specifici modelli matematici appositamente ideati. Lo studio è stato pubblicato su PNAS.

Alla base

Contano esperienze e fattori soggettivi: il patrimonio genetico, l’influenza ambientale, lo stile di vita e le abitudini alimentari. Insieme costituirebbero un pool di elementi determinanti per la formazione del microbiota intestinale e dunque della prevalenza di alcune specie batteriche rispetto ad altre. Tuttavia, individui che (con)vivono in uno stesso ambiente e hanno stessi comportamenti possono arricchire il proprio microbiota di specie sensibilmente differenti? Studi di laboratorio sembrerebbero confermare questa ipotesi, ma secondo quale meccanismo? Il processo è ancora da chiarire ed è indagato su esemplari di Drosophila, il moscerino della frutta.

Il moscerino della frutta

Si tratta di un modello di ricerca spesso sfruttato, chiamato in causa anche per spiegare come organismi identici, allevati nelle stesse condizioni ambientali, possano acquisire e sviluppare microrganismi differenti all’interno del microbiota intestinale. Un gruppo di ricercatori americani hanno così preso a modello alcuni esemplari germ-free di Drosophila melanogaster, geneticamente identici, allevati, alloggiati e nutriti allo stesso modo. Nel mentre hanno selezionato cinque specie batteriche che compongono normalmente il microbiota dei moscerini della frutta: Lactobacillus plantarum, Lactobacillus brevis, che metabolizzano aminoacidi e zuccheri, producendo acido lattico e Acetobacter pasteurianus, Acetobacter tropicalis e Acetobacter orientalis che, invece, sintetizzano zuccheri, etanolo e altre fonti di carbonio. Poi ciascuna delle 31 combinazioni delle cinque specie batteriche sono state inoculate in gruppi separati di moscerini germ-free con l’intento di valutare e identificare i fattori che possono determinare le probabilità di colonizzazione eventualmente differente a livello intestinale. Nel corso degli esperimenti i ricercatori hanno potuto osservare variazioni nella composizione del microbiota, apparentemente inspiegabili, e per dare ragione del fenomeno hanno costruito modelli matematici atti a stabilire i meccanismi con i quali nuove specie microbiche potrebbero essere acquisite dall’organismo ospite.

Risultati

Gli esperimenti condotti hanno fatto rilevare che alcune combinazioni di batteri favoriscono la reciproca colonizzazione con maggiori probabilità di convivenza, ad esempio le specie Acetobacter sembrerebbero capaci di colonizzare l’intestino più frequentemente in presenza di lattobacilli e più raramente in presenza di altri batteri Acetobacter. Evidenza dunque che spiegherebbe che anche le interazioni tra i microbi commensali presenti nell’intestino possono favorire la diversificazione e differente colonizzazione della popolazione microbica. Queste informazioni, a detta dei ricercatori, sono preziose per lo sviluppo di terapie mirate, ad esempio a base di probiotici o di trapianti di microbiota fecale, ovvero che introducono nell’organismo microbi “estranei”, favorendo la modificazione del microbiota intestinale nel singolo individuo. Come raggiungere l’obiettivo? Portare deliberatamente il microbioma della persona alla composizione desiderata e che rappresenta l’obiettivo dei trattamenti personalizzati, anche nel caso del microbiota) attraverso la colonizzazione stocastica dell’intestino potrebbe essere una possibile strada.

Fonte
Jones EW, Carlson JM, Sivak DA et al. Stochastic microbiome assembly depends on context. PNAS, 119 (7) e2115877119. https://doi.org/10.1073/pnas.2115877119