Ulteriore conferma dell’impatto ambientale sulla salute. Un recente studio cinese, pubblicato su Scientific Reports, dimostrerebbe ancora una volta la stretta relazione tra esposizione combinata e prolungata a agenti atmosferici inquinanti, come il particolato fine (PM2.5 e PM10) e gli ossidi di azoto (NO2 e NO) e lo sviluppo di multimorbilità cardiometabolica (CM), ovvero di due o più patologie cardiovascolari o metaboliche e, dunque, di mortalità per tutte le cause.

Il rischio e la moralità cardiovascolare

Da sempre le malattie cardiovascolari rappresentano una sfida per la salute pubblica in funzione dei numeri: gli oltre 20 milioni di decessi ogni anno posizionano queste patologie come prima causa di mortalità a livello globale, anche in Italia con più di 230.000 decessi annui, oltre il 40% sulla totalità di eventi letali. Un dato che potrebbe subire un ulteriore incremento, in relazione all’invecchiamento crescente della popolazione e delle patologie afferenti.

Fra queste la multimorbilità cardiometabolica (CM) che determina anche un peggioramento della qualità della vita, sensibilmente inferiore rispetto a pazienti con una sola malattia cronica, esposti quindi a maggiore mortalità, con oneri inportanti per i sistemi sanitari.

Dati incrementati anche dal contesto socio-ambientale: fumo, scarsa attività fisica, dieta non salutare e non ultimo l’esposizione all’inquinamento atmosferico, aumentano il rischio e la suscettibilità alla CM e alla mortalità correlata.

Grande attenzione è oggi posta all’inquinamento dell’aria, quarto fattore di rischio modificabile e prevenibile, che contribuisce al carico globale delle malattie cardiovascolari. Quindi l’inquinamento è anche un problema ingente di salute pubblica, non solo per l’ambiente.

Vero è infatti, che l’esposizione a inquinanti riguarda oggi una pluralità di agenti, il cui mix e gli effetti cumulativi sulla CM sono poco noti, ma il cui effetto combinato potrebbe essere maggiore della somma dei loro effetti individuali secondo quello che gli esperti definiscono un sinergismo tra inquinanti.

Obiettivi dello studio

Il lavoro di ricerca cinese ha voluto indagare e valutare, attraverso un modello multistrato, l’effetto combinato dell’esposizione agli inquinanti atmosferici sulla progressione della CM, dal primo episodio di malattia cardiovascolare fino alla mortalità.

Nello specifico è stato calcolato un punteggio di inquinamento atmosferico per determinare l’esposizione combinata a cinque inquinanti atmosferici, dove la CM è stata definita dalla presenza di almeno due tipi di malattie ed è stato calcolato anche un punteggio di rischio genetico (GRS) per ogni individuo.

Dopo l’aggiustamento multivariato, è emerso che l’inquinamento atmosferico correla a una maggiore suscettibilità alla CM e alla mortalità per tutte le cause, dove il punteggio di inquinamento atmosferico più elevato era espressione di maggiore suscettibilità a progredire da una linea di base senza malattia a una malattia cardiometabolica, quindi a CM e alla morte.

I risultati

L’analisi multistrato ha permesso di associare l’inquinamento atmosferico a un aumento della suscettibilità alla CM e alla mortalità generale, soprattutto nelle persone senza precedenti malattie cardiovascolari e in quelle con diabete di tipo 2 o ictus, in un rapporto dose-dipendente.

Tale associazione, inoltre, è risultata più evidente in soggetti con GRS, anche se non in modo statisticamente significativo. Sebbene già noto, si è osservato che gli inquinanti atmosferici possono stimolare la CM attraverso vari fattori: processi infiammatori, stress ossidativo, disfunzione endoteliale, ipercoagulabilità e trombosi, ipertensione, aterosclerosi e rimodellamento cardiaco, disfunzioni autonomiche, alterazioni elettrofisiologiche e resistenza all’insulina, con una variabilità anche di genere.

Ad esempio, l’analisi stratificata farebbe osservare che gli ormoni femminili, in primo luogo l’estrogeno, esercitano un effetto protettivo sul sistema cardiovascolare, sebbene mantengano ed espongano la donna a una maggiore suscettibilità alle malattie croniche rispetto agli uomini. I maschi, invece, avrebbero una superiore suscettibilità alla mortalità per cause indotte dall’inquinamento.

Pertanto diviene imperativo il ricorso a strategie preventive e protettive, sia individuali come l’utilizzo di mascherine filtranti e la riduzione del tempo trascorso all’aperto nei periodi di picco dell’inquinamento, l’adozione di uno stile di vita sano (dieta varia ed equilibrata, attività fisica regolare, astensione dal fumo) che può contribuire a ridurre il rischio di malattie cardiovascolari e di mortalità, sia di politiche di controllo dell’inquinamento, sia lo sviluppo di linee di ricerca per comprendere i meccanismi attraverso cui l’inquinamento atmosferico danneggia la salute cardiovascolare e identificare così strategie di prevenzione e trattamento per le malattia cardiache, cariovascolari e CM sempre più efficaci.

Fonte

Xia L, Zhou S, Han L et al. Joint association of air pollutants on cardiometabolic multimorbidity. Scientific Reports, 2024, 14, Article number: 26987. Link: https://www.nature.com/articles/s41598-024-77886-6