Una ricerca innovativa, solida e sostenibile, favorita da un lato dagli avanzamenti e dall’accelerazione delle tecnologie e dell’Intelligenza Artificiale, e dall’altro, dall’accresciuta consapevolezza che il singolo individuo con i propri comportamenti è il primo attore, di se stesso e per la collettività, di un cambiamento che proietta a una longevità sana.

Il contesto attuale è esso stesso un abilitatore della longevità. Il bello, l’arte, la cultura, la socialità, la mobilità ne favoriscono una nuova lettura e dimensione. L’impegno istituzionale, politico, socio-economico, è oggi rivolto a trasformare queste sfide in opportunità, funzionali al (miglior) vivere quotidiano. Se ne è parlato al Milan Longevity Summit (25 Marzo), Tecniche Nuove è media partner con Solongevity.

Le città

Nel 2008 c’è stata una trasformazione epocal: con il passaggio a un contesto di vita e di abitare rurale a uno urbano, dove è transitato il 51% della popolazione del pianeta.

«Le città sono dunque espressione di un ground-up – dichiara Stefano Boeri, architetto – un luogo da ridisegnare per promuovere una longevità, proattiva, sana, autonoma, ma è anche catalizzatore, delle forti divergenze dimensioni sociali: ne sono testimonianza le differenti aspettative di vita tra popolazione più o meno abbiente e più o meno acculturala.

Rappresentando l’educazione e la formazione un fattore importante di longevità condizionate, tuttavia, dalla disponibilità economica. Competenze e compito della città, dove risiedono le scuole, le opportunità di crescita culturale, emotiva, mentale e relazionale supporta e sensibilizzare alla cultura.

Nel rispetto di questo ruolo della città è necessario favorire la transizione da “Age friendly cities”, secondo il protocollo proposto nel 2011 dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) che ha segnato un primo adattamento degli spazi urbani alla longevità, a “longevity-ready cities”, ossia città capaci di costruire politiche sulla e per la longevità, secondo un nuovo paradigma di visione».

La longevità come questione “ambientale” che attraversa tutte le generazioni: una longevità che va pensata non sull’anziano di oggi, ma sul bambino che nascerà domani.

Un impegno che alcune città stanno traducendo in fattività: Milano, ad esempio, con il bosco verticale realizzato in un edifico nel cuore cittadino o il progetto “Forestami” che ha l’obiettivo di piantare 3 milioni di alberi entro il 2030 per favorire salute (le piante assorbono anidride carbonica, offrono ombra, grande tema del prossimo futuro insieme alle risorse idriche).

Milano vuol rappresentare una città aperta e accessibile grazie ai progetti della Città Arcipelago immersa nel verde e della Città dei 15 minuti dove i servizi di prossimità siano per tutti e raggiungibili in un limitato raggio urbano, fino al nuovo progetto del Policlinico di Milano in cui la Sanità, immersa nel verde, incontra il cittadino, offrendo uno spazio di cura e insieme di aggregazione fra pazienti e famiglie.

Sullo stesso esempio c’è Bergamo con progetti sull’abitare, declinati con l’introduzione sperimentale di tecnologie domotiche nel domicilio dell’anziano, il Progetto Argento Vivo prevede la presenza di centri di aggregazione in ogni quartiere per favorire la socialità nella silver age.

«Si sta preparando una nuova rivoluzione: dalla città globale e globalizzata – precisa Giorgio Gori, Sindaco di Bergamo – a un ritorno alla città di comunità dove di rigenerano i rapporti umani, dove sia possibile l’incontro e il confronto intergenerazionale attraverso ad esempio esperienze di Senior Housing, anziani che offrono un posto letto a studenti nella propria abitazione, in un’ottica di mutuo aiuto; città in cui la persona è considerata nella sua dimensione olistica e nei suoi bisogni a tutto tondo».

La longevità deve, dunque, diventare il nuovo “influencer” di politiche ed economie mirate ad esempio a contenere i prezzi di generi alimentari di prima necessità per consentirne l’accessibilità a tutti e contrastare la malnutrizione con quanto comporta in ambito sanitario, della mobilità con auto elettriche e poste ciclabili per limitare l’inquinamento, fattore cruciale nell’invecchiamento.

Senza trascurare il settore del turismo, del lavoro e professionale, in cui vanno promossi progetti di valorizzazione degli over 55, risorse preziose per le expertise maturate da trasferire alle nuove leve, incentivati percorsi di formazione mirati alle nuove richieste di mercato e protetti nella salute con programmi di prevenzione differenziati per fasce di età, genere e per occupazione professionale, dunque, funzionali ai maggiori fattori di rischio. Infine, va supportata la ricerca della biologia della longevità.

La ricerca

Sta facendo passi avanti per rallentare il tempo biologico, non ancora per arrestarlo. Ne sono un esempio le evidenze sugli effetti positivi della medicina preventiva, della restrizione calorica, dell’esercizio fisico.

Si stanno potenziano aree di ricerca sulla skin longevity, declinate al femminile e al maschile in relazione ai diversi fenotipi di pelle con attivi specifici, a tutela anche del benessere psicologico e dell’impatto sociale, cui la pelle correla.

Tutte azioni orientate ad aumentare life span (quantità di vita) e health span (qualità della vita), la cui divergenza è ad oggi ancora marcato in alcuni contesti geo-politici. Tra gli studi più innovatovi in quest’ottica vi sono le ricerche sugli orologici epigenetici: «il GremAge – chiarisce Steve Horvath, genetista e biostatista presso UCLA – è un misuratore dell’invecchiamento dell’intero organismo e di singoli sistemi che impiegando una tecnica analitica basata sulla misurazione dei processi epigenetici (metilazione), a prescindere dall’età anagrafica, è in grado di determinare, tramite il ricorso a campioni biologici (pelle, sangue, urine, saliva, DNA) l’età di 11 organi/tessuti: tessuto adiposo, arterie, cervello, cuore, cellule e tessuti del sistema immunitario, intestino, rene, fegato, polmone, muscoli e pancreas».

Il loro orologio “metabolomico” potrebbe in futuro permettere di individuare determinate disfunzioni prima ancora che manifestino i sintomi, portando così alla scoperta di nuovi target terapeutici.

Altrettanto interessanti le ricerche che correlano inflammaging, l’infiammazione è un noto fattore alla base dello sviluppo di malattie dell’invecchiamento e patologie croniche, e sistema immunitario, con specifica attenzione agli immunosomi, ossia l’esposizione ad agenti/elementi che possono alterare il buon funzionamento delle difese immunitarie, già compromesse con l’avanzare dell’età.

«Tramite un approccio di deep learning – precisa David Furman, direttore dello Stanford 1000 Immunosomes Project e capo della AI and data Science Aging presso il Buck Institute for Research Aging – si intende arrivare a creare un orologio dell’invecchiamento in grado di misurare l’“età” dell’infiammazione e a identificare le sostanze che ne possano condizionare lo stato come betaglucano, fenoli, o l’uso di integratori ad esempio».

O, ancora, si stanno approfondendo studi sugli ormoni della crescita nell’adulto di cui sono evidenti gli effetti anti-aging sui vari distretti dell’organismo, ma anche l’“effetto collaterale” nel promuovere lo sviluppo di determinate patologie tra cui i tumori, e di cui recenti studi hanno dimostrato diverse espressioni nell’uomo e nella donna, o specifiche molecole quali la rapamicina, ad oggi l’agente più validato, in ricerche di laboratorio, per favorire l’invecchiamento.

In ultimo, l’attenzione è rivolta alla Femgevity, alle importanti variabili e alle differenti risposte all’invecchiamento che penalizzano la donne nel loro percorso alla longevità: più sole, con minori disponibilità economiche, meno autonome nella gestione della quotidianità, più esposte a malattia fisiche, psicologiche, croniche.