Terapie standard, come la chemioterapia, l’immunoterapia o la terapia ormonale, combinate a terapie nutrizionali, anzi a programmi dietetici restrittivi che mimano il digiuno. È questo l’approccio innovativo per la prevenzione e cura di diverse forme tumorali, anche in stadio avanzato, proposto da Valter Longo, direttore dell’Istituto di longevità alla University of Southern California di Los Angeles e direttore del laboratorio di longevità all’Istituto di Oncologia molecolare Ifom di Milano, nel suo ultimo libro “Il cancro a digiuno” (Vallardi, 363 pp.; 18,90 euro). Il volume è scritto con pluralità di mani: unisce l’apporto dell’autore, l’expertise di vari medici specializzati nelle cure di specifici tumori e l’esperienza di pazienti, con una chiara finalità: invitare gli oncologi a esplorare e applicare gli interventi nutrizionali a supporto delle terapie oncologiche. Anche la dieta mima-digiuno che sembra dare benefici nell’affamare il tumore, limitandone quindi l’insorgenza o lo sviluppo. Ovvero le cellule tumorali private dell’adeguato nutrimento che ricevono dal sangue, sarebbero ‘forzatamente’ indotte a morte, cellule su cui le terapie tradizionali riuscirebbero ad agire con maggiore efficacia fino nelle ipotesi migliori a ucciderle tutte.
Gli studi clinici
Almeno 6 lavori di ricerca condotti e pubblicati da Longo su digiuno e tumori in collaborazione con altri esperti, che hanno coinvolto 260 pazienti, di cui 172 a digiuno o sottoposti a diete mima-digiuno, dimostrerebbero che il digiuno, anche in corso di terapie (chemio e/o radio), è ben tollerato, sicuro e in grado di ridurre gli effetti collaterali degli stessi trattamenti. In particolare il primo studio clinico randomizzato su 131 donne affette da tumore alla mammella, sottoposte a chemioterapia combinata a dieta mima-digiuno, evidenzierebbe in queste pazienti una risposta clinica 2-3 volte superiore, rispetto a coloro che non avevano seguito il digiuno. Si tratta di risultati preliminari promettenti, in attesa di conferma da parte di altri studi in corso su tumori solidi e ematologici.
Come funziona la dieta mima-digiuno
Il programma, studiato per favorire benefico dal digiuno sia in corso di terapia sia tra un ciclo e l’altro di trattamento, è messo a punto dalla stretta collaborazione fra oncologo e nutrizionista, preferibilmente con expertise in biologia molecolare, in modo da evitare che il paziente, nonostante il regime alimentare restrittivo, possa perdere massa muscolare, corra il rischio di cachessia o sia ulteriormente esposto a malnutrizione, evento avverso frequente nei pazienti oncologici. «Il paziente che arriva in ospedale con peso o massa muscolare ridotti – spiega Longo – non può iniziare un ciclo di digiuno, al pari di un paziente che iniziato il protocollo manifestasse cali ponderali». La dieta mima-digiuno dura 5 giorni e prevede un periodo ideale di astinenza dal cibo, utile a prevenire patologie in assenza di situazioni specifiche e di storia familiare, di 12 ore tra la cena e la colazione del giorno seguente, con eventuale possibilità di ripetere periodicamente la dieta mima-digiuno. Il piano nutrizionale è formulato per mantenere un basso contenuto di calorie, proteine e zuccheri ed avere di contro un alto contenuto di grassi di origine vegetale. Regime che ha evidenziato in diversi studi clinici la sua efficacia nella riduzione dei fattori di rischio e dei marcatori tumorali, tra cui Igf-1, insulina, leptina, glucosio, oltre a ridurre il grasso addominale e il girovita.
Le peculiarità della cellula tumorale
La scienza ha dimostrato che, a differenza delle cellule sane che sono intelligenti e in grado di adattarsi alla limitazione di alcuni o di tutti i nutrienti che provengono dall’esterno, quelle tumorali sono ‘confuse’. Questo significa che sviluppano una dipendenza sempre maggiore dal dovere ricevere quantità eccessive di ciascun nutriente dall’ospite. Un comportamento le mette nelle condizioni di diventare un nemico mortale sia nel caso in cui venga loro fornito tutto il nutrimento di cui hanno bisogno, sia nel caso che la massa tumorale contenga al proprio interno diversi tipi di cellule, di cui alcune resistenti anche a differenti approcci terapeutici. «Per questo la guerra contro il cancro – conclude Longo – deve impiegare strumenti sempre più sofisticati e concentrarsi maggiormente sulla creazione di condizioni che rendano le cellule tumorali molto più vulnerabili alla terapia e le cellule sane e gli organi molto più resistenti».