La vitamina E può favorire l’insorgenza del tumore alla prostata: uno studio italiano spiega perché

La ricerca pubblicata su "Scientific Reports ", evidenzia come, in determinate condizioni, l'apporto di vitamina E possa favorire l'insorgenza di meccanismi cancerogeni.

Uno studio ha dimostrato che l’assunzione di vitamina E – nota per la sua azione antiossidante – può, in particolari condizioni, favorire l’insorgenza di meccanismi cancerogeni. Guidata dai ricercatori dell’Università di Bologna, la ricerca è stata condotta in collaborazione con l’Istituto di Biologia e Biotecnologia Agraria del CNR di Pisa, l’Istituto Ramazzini di Bologna, l’Università di Firenze e Arpae Emilia-Romagna.

Lo studio

Già nel 2001 uno studio clinico (SELECT, Selenium and Vitamin E Cancer Prevention Trial) aveva arruolato circa 35.000 uomini per verificare se l’assunzione di elevate dosi di vitamina E e/o di selenio svolgesse un’azione protettiva nei confronti del tumore prostatico (la più comune forma di tumore e la seconda causa di morte tra le malattie oncologiche per i maschi adulti nei paesi occidentali).

I risultati ottenuti erano stati del tutto inattesi: essi infatti dimostravano che vitamina E e selenioassunti in quantitativi molto superiori alle dosi raccomandatepossono aumentare il rischio di cancro. Non confermava il potere antitumorale della vitamina, individuando invece un aumento significativo dei casi di cancro alla prostata tra i soggetti che assumevano integratori.

Partendo da tale assunto, i ricercatori dell’Università di Bologna hanno condotto esperimenti sia in vitro che in vivo su ratti, al fine di verificare l’ipotesi che “la vitamina E, in determinate condizioni e in alcuni tessuti, non agisse più come antiossidante ma al contrario favorisse pericolosi processi ossidativi”, come spiega Donatella Canistro, uno dei principali autori dello studio.

Le evidenze confermano l’ipotesi: la vitamina E, infatti, sembra favorire sia l’azione di una superfamiglia di enzimi (CYP450) responsabile della trasformazione di sostanze pre-cancerogene in cancerogene finali, sia l’aumento dei livelli di radicali liberi nelle cellule prostatiche, facilitando in questo modo il danneggiamento del DNA cellulare.

Lo studio conduce a un’ulteriore conferma: sembra infatti che la vitamina E sia in grado di amplificare l’attività cancerogena del benzo(a)pirene, un idrocarburo dalla comprovata cancerogenicità, presente nel fumo di sigaretta e nei gas di scarico dei motori diesel. Come spiegano Fabio Vivarelli, ricercatore tra i principali autori dello studio, e Silvia Cirillo, dottoranda di ricerca: “la vitamina E aumenta l’attività cancerogena del benzo(a)pirene. Le cellule esposte alla vitamina E, infatti, una volta entrate in contatto con il benzo(a)pirene sono più portate ad acquisire le caratteristiche morfologiche e replicative tipiche delle cellule tumorali”.

Conclusioni

Secondo i risultati dello studio, quindi, gli integratori contenenti vitamina E non svolgono un’azione preventiva nei confronti del tumore alla prostata, ma al contrario, in determinate circostanze, possono rivelarsi addirittura pericolosi. Spiega Moreno Paoli, coordinatore della ricerca: “I risultati del nostro studio pongono l’attenzione sul tema dell’uso di integratori a base di antiossidanti nella prevenzione primaria. Da un lato possiamo affermare che il consumo di alcuni alimenti nell’ambito di uno stile di vita sano può contrastare l’insorgenza di alcune forme tumorali, ma dall’altro non siamo in grado di identificare specifiche vitamine, minerali o oligoelementi che possano essere promossi come agenti chemiopreventivi su larga scala”.

Nonostante, quindi, diversi prodotti di origine naturale vengano pubblicizzati spesso come soluzioni miracolose prive di rischi, è comunque opportuno assumerli con attenzione, consultando sempre il medico e/o uno specialista, perché anche sostanze che all’apparenza sembrano innocue, possono svolgere effetti dannosi in condizioni particolari.

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