Anche la composizione del microbiota potrebbe essere implicata nella persistenza dei sintomi, o nelle complicanze, di Long Covid. L’ipotesi emerge da uno studio pubblicato su Gut (“Gut microbiota dynamics in a prospective cohort of patients with post-acute COVID-19 syndrome”) ad opera di ricercatori della Chinese University of Hong Kong, che fornisce prove osservazionali di affinità fra batteri che popolano il microbiota dei pazienti affetti da questa condizione, oppure no.

Una evidenza ancora da chiarire

A monte c’è il fatto che la sindrome da Long Covid è associata a una serie di sintomi comuni alla gran parte di pazienti che ne sono portatori, a valle c’è ancora la mancata spiegazione del fenomeno. Proprio sul possibile meccanismo che induce la permanenza di uno o più sintomi a quattro settimane dalla negativizzazione, hanno voluto far chiarezza ricercatori cinesi, ipotizzando che alla base potesse esserci un’alterazione della composizione del microbioma intestinale.

Pertanto hanno avviato uno studio prospettico che ha coinvolto 106 pazienti con Covid-19 grave, seguiti dal ricovero e fino a sei mesi successivi, e 68 controlli non Covid-19. Hanno così effettuato raffinate analisi, tramite il sequenziamento metagenomico, sul microbioma fecale seriale di 258 campioni correlando, poi, i risultati con sintomi persistenti.

I dati ottenuti dimostrano che, a sei mesi, 76% di pazienti presentava ancora Long Covid con specifici sintomi quali, fra i più comuni, affaticamento, scarsa memoria, caduta dei capelli. L’analisi incrociata dei vari campioni di microbioma intestinale e dei risultati ottenuti ha fatto rilevare la presenza, più elevata, di alcuni ceppi batterici, ovvero Ruminococcus gnavus, Bacteroides vulgatus, opposti a Faecalibacterium prausnitzii sensibilmente più bassi.

Tale composizione del microbiota intestinale è stata, dunque, associata alla comparsa di Long Covid, al momento del ricovero, essendo evidente che pazienti non affetti da questa condizione recuperano il “normale” del microbioma intestinale a sei mesi, con un profilo sovrapponibile a quello rilevato ai controlli di pazienti non Covid-19.

I ceppi specifici

Le analisi condotte hanno, così, consentito di correlare sintomi respiratori persistenti a patogeni intestinali opportunistici, mentre patogeni intestinali nosocomiali, come Clostridium innocuum e Actinomyces naeslundii, erano associati a sintomi neuropsichiatrici e affaticamento.

Infine, Bifidobacterium pseudocatenulatum, Bifidobacterium pseudocatenulatum, Faecalibacterium prausnitzii e altri, ovvero batteri produttori di butirrato, sono risultati inversamente correlati a sintomi da Long Covid a sei mesi. Un dato preliminare che dovrà essere ulteriormente indagato ma che potrebbe indicare l’efficacia della modulazione del microbiota per tempestivo recupero dal Long Covid.

Fonte:

  • Liu Q, Mak JWY, Su Q et al. Gut microbiota dynamics in a prospective cohort of patients with post-acute COVID-19 syndrome. Gut 2022. 2022 Mar;71(3):544-552.