Il Piano Nazionale della Genomica (PNG) afferma che sono tre i gruppi di patologie che beneficeranno dell’evoluzione medico scientifica della genomica: le malattie rare, l’oncologia inclusi i tumori rari, e le malattie complesse.
Le scienze omiche, intrinsecamente legate alla figura del genetista dunque hanno e avranno sempre più un ruolo centrale.
Quest’ultimo dovrebbe essere una figura organica in un approccio multidisciplinare, sia nella fase diagnostica che nella presa in carico del paziente e dell’attenzione delle malattie implicate.
Le scienze omiche
Possono contribuire efficacemente alla prevenzione, diagnosi e presa in carico di una fetta crescente di popolazione.
Offrono, infatti, grandi opportunità ma che implicano la necessità di un’adeguata organizzazione sanitaria, di una riflessione su alcuni aspetti etici e di una corretta comunicazione, sia verso la popolazione che verso le Istituzioni. A queste ultime spetta il compito di mettere a terra, con azioni concrete, il PNG che preveda anche l’inclusione di diverse prestazioni nei LEA e il decreto attuativo del Fondo per Next-Generation Sequencing.
«Per arrivare a questi obiettivi – spiega Paolo Gasparini, Presidente SIGU (Società Italiana di Genetica Umana) in occasione dell’evento “Prevenzione e diagnosi ai tempi della genomica. Il nuovo ruolo del genetista nelle malattie rare e genetiche”, organizzato da Osservatorio Malattie Rare (OMaR) con il patrocinio di SIGU – servono tecnologie sofisticate, anche dal punto di vista informatico, quindi la necessità di definire una rete di pochi centri specializzati, gli Hub, e molti satelliti sul territorio, gli spoke, dividendo le attività e cercando di accentrare i dati genetici, che possono fornire un grande aiuto anche alla ricerca».
Con questo obiettivo OMaR e SIGU, consapevoli dell’impatto della genomica sulla popolazione e sul sistema sanitario e sul ruolo centrale ruolo del genetista, hanno recentemente siglato un protocollo di intesa volto a fare divulgazione e sensibilizzazione su questi temi tra la popolazione generale e verso le istituzioni.
Le scienze omiche si sono infatti rivelate in grado di migliorare la qualità della vita delle persone, di abbattere i tempi e i costi dell’odissea diagnostica, di favorire la ricerca e di sviluppare la medicina di precisione.
«L’integrazione del sequenziamento del genoma (WGS) nella medicina moderna – prosegue Sabrina Rita Giglio, Professore Ordinario di Genetica Medica, Università degli Studi di Cagliari, e Direttore di Genetica Medica, Polo Ospedaliero Binaghi ASL Cagliari – è un passo cruciale nell’evoluzione dell’assistenza sanitaria. L’epoca in cui andavamo a cercare solo la singola mutazione patologica è superata, sappiamo che ci sono altri fattori genetici che possono modificare l’espressione di un gene-malattia. È necessario pertanto continuare a lavorare per definire un punteggio di rischio poligenico (PRS, Polygenic Risk Score) per le diverse patologie, nelle rare come in oncologia, così come sequenziare, classificare e stratificare. Per farlo occorrono una infrastruttura digitale e di archiviazione dei dati adeguata, una raccolta che garantisca l’interoperabilità dei dati in modo veloce, regole chiare e condivise: il tutto affinché, partendo dal genoma della singola persona, si possa portare un vantaggio diagnostico terapeutico al paziente stesso».
La diagnosi prenatale
La genetica, ad esempio, è di fondamentale importanza per lo screening neonatale. Le tecniche notevolmente innovative sviluppate nell’arco dell’ultimo decennio hanno rivoluzionato le capacità diagnostiche, con la possibilità di anticipare sempre di più il tempo della diagnosi prenatale, grazie al monitoraggio del benessere dell’embrione e del feto, dal concepimento fino alla conclusione della gravidanza.
«Per questo – dichiara Antonio Novelli, Direttore Laboratorio di Genetica Medica, IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma – negli ultimi anni, i test di screening Non Invasive Prenatal Test (NIPT) per lo studio delle patologie cromosomiche e monogeniche, basati su DNA libero di origine placentare citotrofoblastica (cell-free fetal DNA) presente nel sangue materno durante la gestazione, si stanno diffondendo nella sanità privata. A fianco a questo il test cfDNA/NIPT riduce drasticamente il ricorso alle indagini diagnostiche invasive, abbattendo il numero degli aborti collegati alle tecniche di prelievo dei tessuti fetali e le possibili complicanze per le gestanti. È importante che in tutti gli ambiti venga riconosciuto il ruolo determinante del genetista e della consulenza genetica pre e post-test per consolidare le eventuali informazioni in possesso della gestante e per garantirle una scelta consapevole, informandola adeguatamente sull’appropriatezza, sulle caratteristiche e sui limiti dei test genetici, in particolare nel caso di ricerca di malattie genetiche rare. Anche il problema dei costi, attualmente a carico delle donne, diversi da Regione a Regione, è rilevante: è necessario che, a livello centrale e regionale (SSN-SSR), venga presa in considerazione l’introduzione del NIPT come test di prima o di seconda scelta, al fine di garantire che tutte le donne in gravidanza abbiano la stessa possibilità di accedere, in tutto il Paese, per non ingenerare discriminazioni sociali tra chi può pagarlo di tasca propria e chi no».
Lo screening neonatale è un percorso di grande valore che deve crescere, auspicabilmente fino a raggiungere un panel di 67 patologie, e a migliorare tenendo conto dei progressi tecnologici, quindi anche delle tecniche genomiche.
Per questo occorre lavorare con i colleghi genetisti per integrare i diversi approcci metodologici esistenti; la genetica ad esempio potrebbe essere impiegata per lo screening di patologie che non hanno marcatori, come la SMA, o per altre malattie rare e ultra rare, ma può rappresentare anche il test di secondo livello nei casi necessari, oltre che di conferma diagnostica.
Tra le Regioni più all’avanguardia in Italia la Puglia che oltre ad aver ampliato, grazie ai test genetici, il numero di patologie ricercate alla nascita, ha dato anche il via libera, con la Legge Regionale n°3 del 30 marzo 2023, al progetto sperimentale “Genoma Puglia” che riguarderà 3.000 neonati l’anno e vedrà una ricerca estesa a ben 388 geni in gradi di causare circa 500 differenti patologie. Il tutto possibile proprio all’utilizzo della tecnologia NGS.