Danni incalcolabili. Così possono essere definiti gli effetti delle microplastiche sull’intero eco-sistema, filiera alimentare e salute per l’uomo. Una presenza tentacolare che si sta insinuando anche “dentro” l’organismo umano, come dimostrerebbero diversi studi scientifici, di cui uno italiano e il secondo olandese, entrambi pubblicati su Environment International, rispettivamente nel 2021 e 2022.

Le microplastiche

Frammenti di plastiche di dimensioni inferiori a 5 millimetri fino a poter includere pezzi di plastica in nano-scala, < 1 μm di dimensione: questi sono i volumi con cui viene comunemente definita e identificata la microplastica. La quale è stata trovata anche nell’organismo umano. Impossibile pensarlo, ma è così.

L’evidenza è documentata da due studi, il primo (Plasticenta: First evidence of microplastics in human placenta”) dell’Ospedale Fatebenefratelli di Roma e del Politecnico delle Marche, a cui facciamo solo cenno, riguarda la rilevazione di microframmenti di plastica nella placenta di sei donne sane. Il secondo (Discovery and quantification of plastic particle pollution in human blood”), a opera di ricercatori olandesi, ha voluto indagare la presenza di microplastiche in campioni di sangue di 22 volontari sani e anonimi, reperendone la presenza in circa l’80% dei casi. La localizzazione è stata possibile grazie all’utilizzo di strumenti di indagine raffinati.

La metodica di rilevazione

Obiettivo dei ricercatori era mettere a punto un metodo analitico e di campionamento robusto e sensibile che consentisse di rilevare e misurare le particelle di plastica ≥700 nm nel sangue intero umano. Obiettivo identificato nella combinazione di tecniche di pirolisi (processo di decomposizione termochimica) e gascromatografia/spettrometria di massa ad assorbimento termico.

La tecnica ha permesso di rilevare volumi idonei tali da poter essere assorbiti dalle cellule del corpo umano, e anche di identificare quattro polimeri ad alto volume di produzione applicati nella plastica, poi rilevati nel sangue umano. Questi sono stati, in testa il polietilene tereftalato, il polietilene e i polimeri di stirene, seguiti dal poli metil metilacrilato. L’indagine condotta su campioni di sangue, raccolti in provette di vetro eparinizzato da 10 ml e poi conservato nel congelatore a -20 °C fino all’analisi, ha fatto registrare in diciassette di essi, tracce di plastica PET ampiamente utilizzata per realizzare bottiglie per bevande, e in più di un terzo polistirolo, comunemente impiegato per i contenitori per alimenti usa e getta.

La metodica ha avuto anche il merito di migliorare la comprensione del processo HRA (Human Reliability Analysis), utile alla valutazione del rischio per la salute umana, ed essenziale per la misurazione dell’esposizione alle particelle di plastica, ma che fino ad oggi non era supportata da metodi sufficientemente convalidati o attendibili.

Perché il sangue come modello

Il sangue, in quanto via di trasporto, è una matrice adatta per il biomonitoraggio umano delle microplastiche dove il grado di miscelazione all’interno di un flusso sanguigno viene considerato elevato negli individui sani se i contaminanti ambientali sono distribuiti in diverse fasi (acquosa, lipidica, proteica) in tutto il sistema circolatorio. Tale condizione farebbe dunque ipotizzare che i livelli di microcontaminanti ambientali rilevabili nei campioni di sangue venoso siano indicativi per l’intero flusso sanguigno, compreso il sistema microvascolare.

Affinché le rilevazioni fossero quanto più possibili accurate e garanti della qualità dei dati sono state adottate come misure di sicurezza la riduzione e il controllo della contaminazione di fondo durante il campionamento, l’estrazione e l’analisi attraverso l’inclusione di un numero adeguato di bianchi (bianchi di campionamento, bianchi procedurali per l’esperimento e analisi del sangue dei donatori), reporting dei limiti di calcolo ed esecuzione di analisi duplicate. È stato così possibile ottenere la rilevazione di una concentrazione massima di PET analizzata in un campione di sangue che ammontava a 2,4 µg/ml. In media, per tutti i polimeri analizzati, sono state misurate concentrazioni pari a 1,6 µg/ml.

I prossimi passi

La ricerca non si ferma. Questo è stato solo il primo dato che ha aperto la via da altre indagini, focalizzate ad esempio a comprendere se le particelle di plastica siano realmente presenti nel plasma o siano trasportate da altri tipi di cellule specifiche ad esempio quelle immunitarie o se tali esposizioni possono potenzialmente influenzare la regolazione immunitaria stessa o la predisposizione a malattie a base immunologica. Alla scienza futura, la risposta.

Fonti:

  • Ragusa A, Svelato A, Santacroce C, Catalano P, Notarstefano V, Carnevali O, Papa F, Rongioletti MCA, Baiocco F, Draghi S, D’Amore E, Rinaldo D, Matta M, Giorgini E. Plasticenta: First evidence of microplastics in human placenta. Environ Int. 2021 Jan;146:106274.
  • Leslie HA, van Velzen MJM, Brandsma SH, Vethaak AD, Garcia-Vallejo JJ, Lamoree MH. Discovery and quantification of plastic particle pollution in human blood. Environ Int. 2022 May;163:107199.