La musica può rappresentare un ambito di intervento integrato nell’approccio al paziente, finalizzato al miglioramento di alcune specifiche abilità o della qualità della vita. Occorre tuttavia fare un distinguo fra “musica in medicina” e “musicoterapia” che operano con modalità e con expertise differenti. Sebbene il panorama stia cominciando a migliorare in ambito scientifico, ovvero nella produzione di studi di letteratura, mancano ancora prove di valore: su questo deve lavorare la ricerca attuale e del futuro. Se ne è parlato nel corso del Convegno “La musica incontra le medicina. Ritmo, suoni e salute” (Padova, 23-25 Novembre).

Di che cosa parliamo

«Musicoterapia e musica in medicina – spiega la professoressa Luisa Lopez, docente di neurologia clinica e neuroriabilitazione, responsabile scientifico della Scuola di Musicoterapia Oltre di Roma e referente scientifica del progetto neuroscienze e musica per la Fondazione Mariani di Roma – non sono concetti sovrapponibili. Possono integrarsi, collaborare al raggiungimento o miglioramento di outcome terapeutici, ma ciascuna entro il proprio raggio di azione e secondo proprie finalità».

Nello specifico:

  • la musicoterapia: sfrutta la musica a uso professionale, mirato a attuare delle modifiche nel destinatario, nel rispetto delle proprie potenzialità. Ovvero esercitare un influsso terapeutico sul paziente attraverso l’utilizzo di vari elementi e tipi di musica, di diverse forme di ricezione musicale e di attività musicali, attuato da personale adeguatamente formato: il musicoterapeuta, figura di maggiore responsabilità con competenze per eseguire la diagnosi, e il musicoterapista, l’esecutore tecnico e operativo che mette in pratica il programma terapeutico concordato col musicoterapeuta. La musica, dunque, secondo la definizione di Cochrane, applicata a fini terapeutici;
  • la musica in medicina: è la pratica di ascolto musicale durante attività correlate alla medicina, ad esempio nel corso di procedure o di contesti finalizzati alla riduzione d’uso di farmaci, quali analgesici e sonniferi, normalmente procurata da personale sanitario, non necessariamente esperto né di musica né di musicoterapia.

Il quadro di riferimento italiano

Il maggior peso, in un contesto clinico, è appannaggio della musicoterapia. Disciplina per la quale in Italia esiste un riconoscimento di professione generalizzato, non specificatamente in relazione a un ambito sanitario. In accordo con la norma UNI 11592:2015, i musicoterapeuti/terapisti operano per il benessere individuale e collettivo. La musicoterapia è pertanto impiegata come risorsa complementare aggiuntiva in contesti educativi e preventivi e nel contesto sanitario, esclusivamente su indicazione e sotto la responsabilità di personale sanitario, ovvero all’interno di un team dedicato.

«Sono in corso i lavori – aggiunge la professoressa – per il riconoscimento di questi professionisti in ambito sanitario e per introdurre all’interno dei Conservatori, in collaborazione con le Università di Medicina e Psicologia, un corso biennale di musicoterapia». Il Conservatorio di Padova ha ricevuto approvazione ministeriale e si ipotizza che si possa partire con questa iniziativa già dal prossimo anno e sull’onda anche in altre città italiane. In parallelo la musicoterapia è insegnata in alcune realtà, tra queste l’Associazione AIM (Associazione Italiana professionisti della Musicoterapia).

I modelli di musicoterapia

Nel 1999 in concomitanza con la prima Conferenza internazionale di Musicoterapia tenutasi a Washington (US), un sondaggio condotto tra i partecipanti e gli esperti della disciplina ha definito 5 modelli di musicoterapia in funzione alla modalità e l’approccio formativo al terapista, al metodo applicato, al programma formativo, alla misurazione dei risultati e così via.

«Tali modelli – aggiunge Lopez – rappresentano i 5 pionieri nella storia della musicoterapia, identificando anche le possibilità di azione: su base psicodinamica, comportamentale, improvvisazionale predisponente alla creatività, di ascolto guidato cioè mediato da figure formate in grado di comprendere i vissuti del paziente. Questa serie di modelli è destinata ad ampliarsi, similmente a quanto accade in medicina, dove manuali statistico-diagnostici sono meritevoli di un costante upgrading al fine di rispondere all’adozione di nuovi approcci o nuove evidenze. Sarebbe auspicabile che la prossima Conferenza Mondiale di Musicoterapia si prendesse l’onere di un nuovo sondaggio».

Le criticità

Manca ancore un effettivo riconoscimento degli effetti terapeutici della musicoterapia in ambito scientifico: gli studi ad oggi prodotti, secondo alcuni revisioni e metanalisi, hanno scarsa validità scientifica misurata in termini di qualità dello studio, effetto della risposta, target di popolazione e estensione considerata, tipologia di protocolli, metodologia seguita e di blinding (studi in cieco. Forniscono prove, a detta degli autori dei diversi studi, “ad alto rischio di parzialità e certezza bassa, pertanto i risultati devono essere interpretati con molta cautela”.

«Ad oggi è possibile asserire – conclude la professoressa – che la pratica musicale porta a delle modifiche nella percezione musicale, uditiva, nella memoria uditiva. Per offrire maggiore qualità alle pubblicazioni scientifiche potrebbe essere utile la costruzione di una rete di scienza e musica, come suggerito da Fondazione Mariani, aperta al confronto anche con quanto all’esterno si sta facendo in ambito di ricerca musicale e di musicoterapia con l’obiettivo di fare entrare riconoscere la musicoterapia come disciplina scientifica e divulgabile».

Dove puntare

Musica e invecchiamento: le neuroscienze sono ad oggi uno degli ambiti più interessanti in cui applicare la musicoterapia, finalizzato a identificare potenziali azioni che possano favorire un invecchiamento di successo, che preveda cioè un buon adattamento psicologico, un buon coinvolgimento attivo nella vita: una efficace risposta al contesto demografico e alla sostenibilità del sistema salute.