Sono trascorsi trenta giorni da quando un gruppo di cittadini, volontari e pazienti ha intrapreso uno sciopero della fame a staffetta per chiedere il riconoscimento ufficiale della fibromialgia come patologia invalidante. Questa forma di protesta, promossa dall’Associazione Italiana Sindrome Fibromialgica (AISF), è scaturita dalla manifestazione di protesta tenutasi a Roma il 29 ottobre 2024. L’iniziativa ha mobilitato una vasta gamma di supporto da parte della comunità, segnalando l’urgenza di affrontare una questione sanitaria che ha impattato profondamente la vita di molte persone.

Un problema sottovalutato

La fibromialgia è una sindrome caratterizzata da dolore muscoloscheletrico diffuso, accompagnato da fatigue, disturbi del sonno, e problemi cognitivi. Nonostante l’impatto debilitante di questa condizione, non è ancora riconosciuta ufficialmente come malattia invalidante in Italia.

Giusy Fabio, vice presidente della AISF, sottolinea che l’ampio sostegno ricevuto non proviene solo da chi vive con la fibromialgia, ma anche da cittadini non affetti, che si solidarizzano con la causa.

La volontà di portare alla luce questa problematica e di richiedere il riconoscimento non è solo una questione di salute, ma anche di dignità e diritti per le migliaia di pazienti che convivono con questa condizione. «Siamo determinati a non fermarci fino a quando non riceveremo risposte chiare dalla politica», afferma Fabio, evidenziando la necessità di un testo unico che riconosca ufficialmente la patologia.

Il supporto necessario

Da quando è iniziato lo sciopero della fame, hanno manifestato il proprio sostegno numerosi cittadini, portando la causa fibromialgica all’attenzione di una più ampia fetta della popolazione. La mobilitazione ha raccolto adesioni fino alla fine di gennaio 2025, mostrando l’impegno comunitario nel sostenere i diritti dei pazienti.

Un recente sviluppo positivo è l’approvazione, da parte della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome, di un decreto sulle tariffe per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale e protesica. Sebbene questo provvedimento non riguardi direttamente la fibromialgia, potrebbe riaprire la discussione sull’inserimento della patologia nei Livelli Essenziali di Assistenza (Lea), stabiliti nel 2017.

«A dicembre 2020», spiega Fabio, «la Commissione Nazionale Lea si è riunita per aggiornare le linee guida e ha discusso anche della fibromialgia». Nonostante non ci siano documenti ufficiali che confermino un aggiornamento, si spera che la fibromialgia possa essere inclusa tra le malattie riconosciute nel prossimo aggiornamento dei Lea.

Responsibilità collettiva

Il movimento di protesta in corso non è solo un richiamo alla responsabilità politica, ma è anche un grido di aiuto da parte di tutti coloro che vivono con la fibromialgia. La battaglia per il riconoscimento di questa patologia rappresenta un passo cruciale per migliorare la vita di migliaia di pazienti, che si trovano spesso in balia di un sistema sanitario che fatica a riconoscere le loro esigenze.

Mentre il digiuno continua e il sostegno dalla comunità cresce, le speranze per un riconoscimento ufficiale si fanno sempre più vive. La richiesta non è solamente quella di un’etichetta, ma di una vera e propria presa di coscienza collettiva da parte delle istituzioni. La sfida è ora nelle mani della politica: il momento di agire è arrivato.