Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità – OMS, la riduzione del consumo di sale a meno di 5 grammi al giorno – considerando sia quello naturalmente presente negli alimenti che quello aggiunto – consentirebbe di prevenire oltre 2 milioni e mezzo di morti premature. L’abuso di sale, stando agli studi epidemiologici condotti in circa 200 Paesi di tutti i Continenti, rappresenta difatti l’errore alimentare maggiormente responsabile di morti premature e disabilità correlata allo sviluppo di malattie croniche non trasmissibili.
L’eccesso di sale nella dieta, che inizia già nei primi mesi di vita con lo svezzamento, risulta difatti particolarmente pericoloso in quanto determina un aumento progressivo della pressione arteriosa già dai primi anni di vita, favorendo così, in età adulta, lo sviluppo di fenomeni ipertensivi.
In occasione della settimana mondiale per la riduzione del consumo di sale lanciata da WASSH – World Action on Salt, Sugar and Health, la Società italiana di Nutrizione Umana – SINU, che coordina la campagna italiana, ha ribadito il valore della dieta mediterranea per la riduzione del consumo di sale e quindi, per la salute.
Sale, alimentazione e salute
La principale fonte di assunzione di sale nella dieta italiana è imputabile al cloruro di sodio, di cui oltre la metà viene assunto attraverso il consumo di alimenti trasformati, siano essi artigianali o industriali e, in misura minore – circa il 35% – da quello aggiunto in cucina, ovvero a tavola.
Un’alimentazione ricca di sale dipende per lo più proprio dal consumo di prodotti trasformati, sovente ipercalorici e ricchi di sale che, a loro volta, spingono a consumare bevande zuccherate, ricche di calorie.
Gli studi clinici MINISAL hanno evidenziato in tal senso un’associazione frequente tra eccessi di sale, obesità e ipertensione arteriosa. Occorre altresì ricordare che uno studio clinico ha messo in luce una correlazione tra abuso di sale e lesioni vascolari precoci, elementi questi predisponenti verso lo sviluppo di infarto del miocardio e ictus cerebrale.
A livello alimentare, emerge inoltre che tra i prodotti più ricchi di sale ci sono i prodotti da forno, come pane e pizza; seguono carne, uova e pesce che contengono circa il 30% del sale che dovrebbe essere assunto quotidianamente, e latte e derivati (21%), a causa del sale aggiunto rispettivamente nelle carni e nei prodotti ittici conservati e, ancor di più, nei formaggi.
L’importanza della dieta mediterranea
Il consumo di sale in alimenti freschi come frutta e verdura è invece assai ridotto.
«Una dieta ricca di frutta, verdura e legumi freschi, su cui si basa il modello della dieta Mediterranea, implica un minor consumo complessivo di sale, a patto di evitare il consumo frequente di formaggi stagionati e di insaccati, così come di carne, pesce e altri alimenti in scatola contenenti sale aggiunto», ha spiegato il Professor Strazzullo, coordinatore del Gruppo di Lavoro Meno Sale Più Salute della Società italiana di Nutrizione Umana – SINU, il quale ha aggiunto: «È, inoltre, molto importante consumare pane povero di sale, facendo attenzione a quanto riportato sull’etichetta, non aggiungere sale a tavola e contenerne al massimo l’uso in cucina, preferendo in ogni caso il sale iodato».
Il gruppo di lavoro SINU “Meno sale più salute”
All’interno della SINU, e in partnership con altre società scientifiche, è attivo dal 2007 il gruppo di lavoro “Meno sale più salute”, la cui principale attività risiede nella divulgazione di conoscenze e attività di advocacy finalizzate al conseguimento della riduzione del consumo di sale.
La Società italiana di Nutrizione Umana fornisce anche consigli pratici per ridurre il consumo di sale. In tal senso essenziale in primis comprendere il proprio consumo quotidiano di sale, anche attraverso l’esame delle urine delle 24 ore, e quindi quanto questo valore si discosta da quello raccomandato, inferiore cioè a 5g al dì; valutare quanto il consumo di sale dipende dal sale aggiunto in cucina e quanto è invece attribuibile agli alimenti confezionati, impegnandosi a ridurre il consumo tanto del primo quanto dei secondi; limitare l’uso di sale per tutta la famiglia, iniziando con l’evitare di aggiungerlo negli alimenti dei bambini; limitare l’uso di prodotti alternativi al sale contenenti sodio, come dado da brodo, salsa di soia o senape, provando ad insaporire i cibi con erbe aromatiche, spezie, succo di limone e aceto; evitare cibi trasformati ricchi di sale, consumandoli solo eccezionalmente; infine, nell’attività fisica moderata, reintegrare i liquidi perduti con la sudorazione solo con l’acqua.
L’impegno individuale deve essere comunque accompagnato da una strategia globale per la quale è chiaramente richiesto da una parte l’impegno dell’industria alimentare nel ridurre il contenuto di sodio all’interno dei prodotti e, dall’altra, la sensibilizzazione della popolazione grazie a campagne informative.