Riscrivere il tempo: rallentandone il decorso, attraverso la decelerazione dei processi di invecchiamento cellulare, non ancora di totale ringiovanimento.
A qui conducono i traguardi possibili, oggi offerti dalla scienza: tecnologie, ricerche, interventi sugli stili di vita, principali imprinting sull’epigenoma, possono contribuire a favorire una longevità in salute.
Lo sottolineano gli esperti, nazionali e internazionali, radunati nella capitale meneghina al Milan Longevity Summit.
I fattori cruciali
Cellule staminali e mesenchimali, telomeri, mRNA e DNA, cellule zombie e cellule spazzino, equilibrio dell’epigenoma sono “progetti” di ricerca in corso nel mondo. Capirne, o meglio approfondire, conoscenze e funzionamento di tutte queste componenti potrà consentire di mettere a punto interventi che favoriscano la longevità, agendo sui clock biologici.
Il controllo dell’infiammazione, alla base di un ampio numero di malattie dell’invecchiamento e di inibizione della capacità dei tessuti di ripristinare lesioni o i danni al DNA, il trattamento con RNA di cellule mesenchimali in pazienti osteoporotici per favorire la rimineralizzazione dell’osso, esperimenti sulla possibilità di riportare una cellula adulta allo stato embrionale/giovane, resettando l’intero epigenoma, ovvero mettendo nuovamente la cellula nelle condizioni di affrontare lesioni e manifestazioni che si succederanno nel tempo, sono alcune del sfide scientifiche di oggi.
«Ciò impone anche un cambio di visione: passare dall’idea di trattare in maniera specifica una determinata patologia – dichiara Valerio Orlando, professore di Epigenetica, Capo del Kaust Environmental Epigenetics Research Program King Abdullah University of Science and Technology in Saudi Arabia – all’attenzione all’epigenoma e alla funzione mitocondriale ipoteticamente usurati negli anni e che impattano sulla sopravvivenza, comunque sulla longevità vissuta in salute.
Occorrerà dunque arrivare a capire il punto di divergenza in cui una cellula da sana muta a cellula tumorale/patogena, il momento in cui si passa dallo stato di salute alla patologia: l’Intelligenza Artificiale potrà aiutare a dare queste riposte».
Sempre in un contesto di longevità sono sotto osservazione alcune molecole come la rapamicina o le SIRT che sembrerebbero dimostrare efficacia nel “potenziare” la longevità. La quale, da punto di vita genetico, viene oggi studiata con un approccio multiomico, riferito cioè a più ambiti – dalla proteomica al DNA e rna – con attenzione al difetto del gene e alla fenotipizzazione; tale approccio va trasferito anche alla biologia dell’evoluzione.
Ovvero comprendere come si instaurano specifici meccanismi a livello cellulare e come o se vengano mantenuti in organismi complessi restano ancora importanti open questions. Capire le vie cellulari è fondamentale, infine, per lo sviluppo di farmaci molto specifici.
«Dunque, avanzano le conoscenze in epigenetica, degradamento cellulare, energia mitocondriale: è necessario ora arrivare a integrare queste diverse visioni e saperi – aggiunge Juan Carlos Izpisua-Belmonte, di Altis Labs e Direttore del san Diego Institute od Science – per comprendere come e perché una cellula invecchia».
Anche prendendo spunto dalla natura: studi su modelli murini, quali la talpa senza pelo, la balena della Groenlandia, il pipistrello, specie animali estremamente longeve, sembrano dimostrare l’azione efficace condotta da alcune specifiche sostanze come l’acido ialuronico che aiuterebbe a prevenire la formazione di cellule precacerogene, proteine, tra cui SIRT-6, o proteine attivate dal freddo.
«Oggi si sta cercando di capire se questi “punti di forza” – precisa Vera Gorbunova, professore di biologia all’Università di Rochester (US) – possano esser trasferiti anche all’uomo, parallelamente allo studio di “segreti di longevità” in popolazioni di centenari».
Telomeri & Co
L’invecchiamento è il risultato di una perdita di omeostasi, dovuta all’accumulo anche di cellule senescenti, disfunzionali, non più proliferative ma che, tuttavia, acquisiscono capacità/funzioni negative, accumulano tossine pro-infiammatorie, generando infiammazione dunque cronicità, che espone con maggiori probabilità alla malattia.
«Nella cellula molto (quasi tutto) può essere riparato, anche a livello DNA, ad eccezione di un danno irreversibile ai telomeri. Nel corso di replicazione informa Fabrizio D’Adda di Fagagna, Principal Investigator all’IFOM (AIRC Institute di Oncologia Molecolare) ETS – questi via vi si accorciano, a tal punto che le cellule li percepiscono come un danno del di Dna, non meritevoli dunque di una replicazione/proliferare.
I telomeri rappresentano, in questo senso, una grande vulnerabilità per il genoma, in quanto irreparabili e insostituibili; sono in corso ricerche per valutare la possibilità di controllare le conseguenze del danno agendo, ad esempio, sui transcrittori dei telomeri, che vengono generati quando si verifica un danno a carico del telomero stesso, bersagliandolo con delle nuove molecole, gli oligonucleotidi antisenso.
La ricerca è quindi arrivata a mettere a punto una risposta selettiva al danno e per la prima volta è possibile dissociare il danno del Dna dalle sue conseguenze».
Le cellule zombie, sono un altro target di interesse per la ricerca: «Ipotizziamo che secernano specifiche tossine – fa sapere Laura Niedernhofer, direttore dell’Istituto di Biologia dell’Invecchiamento e Metabolismo, Università del Minnesota – da cui la necessità di attivazione di sistemi di clearance tuttavia inibiti dall’invecchiamento, inoltre studi di geroscienze confermano i benefici che possono derivare dall’utilizzo di specifici farmaci come i senolitici, in diverse malattie, tra cui il Parkinson organi e sistemi».
«È necessario che in un ambiente molto piccolo, come quello cellulare – conclude Ana Maria Cuervo – Co-direttore dell’Institute for Aging Research, Albert Einstein College of Medicine di New York (US) – tutte le proteine e ogni altro elemento, siano nel numero giusto al posto giusto, svolgano perfettamente e efficacemente la propria funzione.
Ciò è garantito, in condizioni di normalità, da un sistema di controllo molto raffinato, governato da una serie di “ispettori”, come i sistemi proteolitici e altri.
La pulizia della cellula è fondamentale e alla base del buon funzionamento del cervello, della funzione cognitiva, dell’attenzione, del muscolo. E per il futuro? Occorre puntare alla prevenzione, allo studio delle riprodzione, alle cellule germinative in particolare, fino alla concreta possibilità di potere ringiovanire le cellule.
Ipotesi ultima, un trapianto di ovociti, essendo la donna colei che invecchia più rapidamente e peggio rispetto all’uomo. Una ingiustizia biologica, dicono gli esperti».