La medicina dei sistemi offre soluzioni di efficacia nella gestione della patologia degenerativa, ad appannaggio soprattutto del controllo della sintomatologia dolorosa.
Sindrome dolorosa del grande trocantere
Spesso di difficile diagnosi per una possibile sovrapposizione con quadri clinici simili, e dunque anche di trattamento, la sindrome dolorosa del grande trocantere può trovare indicazione e beneficio dall’uso di collagene iniettabile. «Le patologie dello spazio peri-trocanterico -spiega Alberto Fioruzzi, ortopedico presso il Gaetano Pini di Milano – riguardano la regione anatomica compresa tra la regione ossea del grande trocantere e la fascia alata che costituisce la bandeletta ileo-tibiale. Sono frequenti presso i nostri ambulatori i casi di borsite trocanterica, ovvero una infiammazione e ispessimento della al di sotto della fascia alata. Tale condizione, tuttavia, spesso imita altre patologie, ad esempio le radiculiti o la Greater Trochanteric Pain Syndrome (GTPS), dove la borsite trocanterica ne è una conseguenza».
La GTPS è la patologia delle cuffie dei rotatori dell’anca, condizione sintomatica con dolore laterale all’anca, aspecifico che va in diagnosi differenziale con una infinità di altre patologie, da cui la difficoltà diagnostico-terapeutica. La diagnosi è di norma affidata al dolore palpatorio in regione trocanterica, in alcuni casi accompagnata da esami specifici come l’Ober Test o il segno di Trendelenburg o di imaging (Rx, risonanza magnetica, ecografia). È una patologia a maggior appannaggio di soggetti giovani per over use o iperlassità del trocantere, di anziani per lesioni degenerative o pazienti sottoposti a protesi di anca.
Il primo approccio è di tipo conservativo e può includere il RICE (Rest, Ice, Compressione and Elevation), calo ponderale, modifica dell’attività sportiva, fisioterapia, correzione della dismetria, Fans, onde d’urto focali e qualora tali terapie non fossero efficaci è possibile ricorrere a terapia iniettiva con corticosteroidi, o soluzioni più moderne quali dry needling, PRP (Plasma Ricco di Piastrine), Autologus Tenocyte Injection e il collagene. Mentre la chirurgia (endoscopica o open) è riservata a casi refrattari.
«Tra le metodiche iniettive – prosegue Fioruzzi – nessuna, da studi di letteratura, si è dimostrata francamente superiore ad un’altra e da qui l’interesse a testare l’efficacia del collagene di tipo 1 suino. Test in vitro su tenociti umani posti in due differenti colture evidenziano a 72 ore una differenza significativa nella proliferazione cellulare, maggiore espressione di proteine nel campione in coltura e maggiore migrazione cellulare a favore del collagene. In un piccolo studio che abbiamo condotto mostra buoni risultati già a 10 settimane e mantenuti a 24 settimane post infiltrazione, anche in pazienti anziani. Pertanto il collagene è un ottimo strumento cost-effective nel trattamento anche inziale della GTPS, in pazienti che non hanno lesioni importanti e che non richiedono chirurgia», ma saranno necessari ulteriori studi per validare l’efficacia del device.
Tendinopatie di spalla e gomito
Vi è evidenza che una serie di patologie che interessano la componente tendinea di gomito e spalla possono avvantaggiarsi di una terapia infiltrativa con collagene suino. In riferimento al gomito, prima fra tutte l’epicondilite (gomito del tennista), patologia degenerativa cronica che si autolimita e che si autorisolve di norma nell’arco di 12-18 mesi. Per accelerare il processo di guarigione oggi si ricorre a diverse soluzioni, in misura maggiore PRC, corticosteroidi e tossina botulinica, senza che l’una abbia dimostrato superiorità di efficacia rispetto all’altra, sebbene il cortisone iniettato a livello locale possa favorire il migliore controllo del dolore nel breve-medio periodo (4 settimane) ma con gli effetti tipici dei corticosteroidi, quali la comparsa di discromie cutanee e atrofia adiposa. Inoltre, esistono dati di efficacia anche in relazione ad alcune terapie fisiche: la laser terapia, le onde d’urto, fino all’ortesi.
«Il collagene – dichiara Carlo Eugenio Zaolino, ortopedico presso il Gaetano Pini di Milano – si sta profilando come valida alternativa, in ambito di medicina rigenerativa, alla PRC con risultati di efficacia simili all’acido ialuronico e ai corticosteroidi. Pertanto in caso di persistenza del dolore potrebbe esserci nella problematica in atto anche un interessamento della componente legamentosa. La chirurgica è riservata, invece, a casi refrattari ad altre terapie».
In merito all’epitrocleite, infiammazione di uno o più tendini, la terapia infiltrativa trova indicazione solo nella gestione del dolore non controllato da terapie fisiche: «I corticosteroidi – prosegue l’esperto – hanno dimostrato maggiore riduzione del dolore a 6 settimane con tuttavia la possibile insorgenza degli effetti collaterali citati. L’alternativa anche in questo caso è rappresentata da soluzioni di medicina rigenerativa, la PRC e il collagene, quest’ultimo meglio se iniettato sotto guida ecografica». Allo steso modo si deve procedere in caso di affezioni del tricipite e di tendinopatie del bicipite.
In relazione alla spella, l’utilizzo del collagene ha attestato un miglioramento del 30% sia del dolore sia di score clinici, del tessuto tendineo. In conclusione la terapia infiltrativa con collagene è una possibile opzione per il trattamento del dolore laterale di gomito in caso di tendinopatie del tendine comune degli estensori, del dolore correlato a sofferenza tendinea del sovraspinato e sembra essere promettente nel trattamento mediale causato da tendinopatie del tricipite, tendinopatie del tricipite e bicipite.
Il menisco
Uno studio dell’Arcispedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia ha voluto mettere a confronto infiltrazioni di acido ialuronico vs collagene nella gestione della sintomatologia dolorosa del ginocchio a livello meniscale. «Le lesioni meniscali degenerative – precisa Lucia Ricci, fisiatra e fra gli autori dello studio – sono piuttosto frequenti, anche in pazienti relativamente giovani di 35-40 anni a causa di maggiore attività, compreso l’esercizio fisico, con necessita di trovare soluzioni conservative per una rapida risoluzione del dolore e un ritorno alla normalità».
Inizialmente la patologia era, infatti, trattata con meniscectomia totale tuttavia con esposizione a una progressione più rapida a osteoartrosi, poi soppiantata da chirurgia di conservazione con meniscectomia parziale o sutura meniscale, in casi molto selezionati. Mentre da un punto di vista fisiatrico, l’approccio prevede(va) una progressione di esercizi di difficoltà crescente per rendere più stabile il ginocchio, a fronte di un lungo periodo caratterizzato da dolore.
«Si è presentata l’esigenza – aggiunge la dottoressa – di trovare una soluzione per evitare la cronicizzazione del dolore, ristabilire l’omeostasi dell’ambiente articolare e stimolare la rigenerazione e la qualità del tessuto meniscale. Dopo attenta analisi della formazione del tessuto connettivale e del processo che porta alla degenerazione meniscale, si è deciso di avviare uno studio mettendo a confronto l’efficacia di infiltrazioni con acido ialuronico e tropocollagene».
Nello studio sono stati inclusi pazienti over 40 anni con diagnosi strumentale di lesione meniscale degenerativa e null’altro a carico del ginocchio, metà dei quali sono stati trattati con 3 infiltrazioni di acido ialuronico e con tropocollagene, ovvero una iniezione a settimane, previa valutazione prima del trattamento e successivamente a 10 giorni e a 2 mesi dalla fine della terapia. I risultati dello studio attestano in entrambi i gruppi la riduzione del dolore, il miglioramento della clinica e della qualità della vita ma nel gruppo in terapia con collagene si è osservata una più rapida ripresa della quotidianità e dell’attività fisica. Alla risonanza, tuttavia, le lesioni sono rimaste stabili.
Pertanto, in funzione di quanto emerso, il collagene può essere utilizzato come alternativa all’acido ialuronico, con costi più contenuti, uguale sicurezza ma più rapida ripresa della funzionalità articolare. È dunque consigliato in pazienti giovani, fisicamente più attivo e sportivi. È possibile anche l’utilizzo combinato di acido ialuronico e collagene, con ottimi risultati.
La gestione del processo infiammatorio nella medicina dello sport
Oltre 35% di pazienti soffre di patologie osteo-artro-mio-fasciali, un dato presumibilmente con tendenza a crescere a causa delle sedentarietà, allungamento della vita media e abitudini scorrette fra cui anche il fumo. Il calcio è certamente uno degli sport a maggior rischio di infortuni, insieme a sport estremi e a praticanti amatoriali, a carico soprattutto di muscolo, legamenti, lesioni osteoarticolari, tendiniti, ovvero tutte lesioni di tipo infiammatorio «le quali sono state sempre approcciate in maniera stereotipata – commenta Carlo Massullo, medico dello sport – con il controllo del dolore attraverso l’inibizione dell’infiammazione la quale, tuttavia rappresenta anche la risposta “riparativa” adottata dall’organismo per limitare il danno tissutale. Infatti dopo 24 -72 ore il processo infiammatorio diventa processo di guarigione. Occorre dunque, come sottolineano dati di letteratura, che il fenomeno infiammatorio non venga bloccato ma modulato».
Tra le soluzioni che possono favorire questo obiettivo c’è Arnica comp. Heel, rimedio che non blocca le pathway fisiologiche preservando la capacità autodifensiva dell’organismo. È, infatti, in grado di ridurre la sintomatologia e i tempi di risoluzione del dolore, grazie all’attivazione del TH3, famiglia di linfociti helper che stimolano la produzione di TGH-b e IL-10, due fattori antinfiammatori. Un ruolo centrale nell’Arica montana sul controllo del processo infiammatorio è svolto dall’elenalina, che tuttavia riduce significativamente la produzione di collagene di tipo I e II. Tale attività può essere a tua volta controllata/inibita dall’uso combinato con Belladonna Bellis che all’opposto stimolano la produzione di fibre collagene. Vi è evidenza che l’efficacia di Arnica conp Hell non è inferiore ai Fans, è priva di effetti collaterali, dunque non richiede l’uso di gastroprotettori.