Lo Staphylococcus aureus dà del filo da torcere. Innocuo, quando presente ad esempio nel naso, nel corpo e nell’intestino in condizioni di normalità, diventa altamente pericoloso in caso di una barriera cutanea difettosa o del sistema immunitario compromesso.

Si tratta, infatti, di un batterio resistente alla meticillina, o MRSA, e causa di potenziali gravi malattie: infezioni della pelle, delle ossa, dei polmoni e del sangue. Un recente studio tailandese pubblicato su The Lancet Microbe sembra dimostrare la capacità del probiotico Bacillus subtilis di impattare sul poter colonizzatore di S. aureus.

Le azioni possibili

L’indicazione per la prevenzione delle infezioni da S. aureus, ovvero della “decolonizzazione” di questo batterio, è rappresentato dal ricorso a una terapia antibiotica massiccia, con quanto ciò comporta. Primo fra tutti la farmacoresistenza, fenomeno che la scienza da tempo è impegnata a contrastare, con un impatto di tossicità anche sul microbiota.

A fronte di questa criticità, un recente studio sembrerebbe dimostrare la capacità del probiotico Bacillus subtilis, attraverso specifiche sostanze – le fengicine – di ridurre l’azione colonizzante di Staphylococcus aureus resistente alla meticillina. Si aprirebbe così l’ipotesi di poter fare uso dei probiotici, integratori digestivi contenenti microrganismi vivi, quali supporto a integrazione e/o sostituzione degli antibiotici.

Lo studio

Ricercatori tailandesi hanno avviato uno studio monocentrico (Probiotic for pathogen-specific Staphylococcus aureus decolonisation in Thailand: a phase 2, double-blind, randomised, placebo-controlled trial”) di fase 2, in doppio cieco, randomizzato, controllato con placebo su una popolazione adulti della regione di Songkhla, colonizzati da S aureus, di età ≥18 anni, senza storia di malattia intestinale, trattamento antibiotico o ricovero ospedaliero nei 90 giorni precedenti. Mentre sono stati esclusi donne in gravidanza, allattamento, persone che avevano in corso l’assunzione di probiotici o diarrea. I 115 partecipanti sono stati colonizzati da S aureus, sia nell’intestino (n=84), sia nel naso (n=50), o entrambi (n=19) e sono stati assegnati in modo casuale ai gruppi di trattamento (n=55) con 250 mg di probiotico B subtilis MB40 o placebo (n=60), una volta al giorno per 30 giorni.

La colonizzazione da S aureus è stata determinata dopo che è stata ricevuta l’ultima dose. L’outcome primario dello studio era infatti determinare l’efficacia a 30 giorni di assunzione del probiotico nel decolonizzare S aureus, facendo rilevare una diminuzione continua e media del conteggio delle unità formanti colonie, nell’intestino (mediante conta fecale) e nelle narici (mediante tamponi nasali).

Risultati

Il probiotico orale B subtilis sembra determinare una riduzione significativa di S. aureus nelle feci (96,8%; p<0,0001) e nel naso (65,4%; p=0,0002), senza sviluppare effetti avversi o cambiamenti significativi del microbioma tra i gruppi di intervento e placebo. Vi sarebbe, dunque, evidenza di una riduzione di oltre 95% del totale della presenza di S. aureus nel corpo umano senza alcun impatto sul microbiota.

L’approccio probiotico, qualora l’efficacia sia confermata da ulteriori studi, potrebbe offrire diversi vantaggi rispetto alle strategie di eliminazione oggi utilizzate: innanzitutto la somministrazione per via orale del probiotico B subtilis sotto forma di spore in grado di sopravvivere al passaggio attraverso lo stomaco e quindi crescere temporaneamente nell’intestino, dove impedisce allo S.aureus di colonizzare grazie alle fengicine e lipopeptidi.

Se la criticità è rappresentata da una minore rapidità di azione rispetto agli antibiotici, dall’altro consente un uso prolungato nel tempo per assenza di effetti collaterali, come la sperimentazione clinica ha ampiamente dimostrato.

Fonte:

  • Piewngam P, Khongthong S, Roekngam N, Theapparat Y, Sunpaweravong S, Faroongsarng D, Otto M. Probiotic for pathogen-specific Staphylococcus aureus decolonisation in Thailand: a phase 2, double-blind, randomised, placebo-controlled trial. Lancet Microbe. 2023 Feb;4(2):e75-e83.