Otto unità operative impegnate nella messa a punto e adottato percorsi diagnostico-assistenziali per intercettare, contrastare e prendere in carico le IST (Infezioni a Trasmissione Sessuale) sull’intero territorio nazionale. Sono gli attori e gli principali del progetto “Sperimentazione di nuovi modelli organizzativi integrati ospedale-territorio per la prevenzione e il controllo delle IST: percorsi diagnostico-assistenziali agevolati ed offerta di screening gratuiti mirati”, coordinato dal Centro Operativo AIDS (COA) dell’ISS (Istituto Superiore di Sanità) e finanziato dal Ministero della Salute.

Una necessità, non solo una progettualità

Sifilide, gonorrea e pediculosi del pube per citare solo le IST a notifica obbligatoria per le quali sono disponibili dati nazionali, ma il panorama delle infezioni sessualmente trasmissibili è molto vasto e i numeri crescenti. Secondo i dati diffusi dai Sistema di sorveglianza italiani, coordinato dal Centro Operativo AIDS (CoA) dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e secondo quanto riporta EpiCentro, dal 1 gennaio 1991 al 31 dicembre 2019 sono stati segnalati nella totalità 140.874 nuovi casi di IST.

Rimasti stabili fino al 2004, con una media di 3.994 casi, le IST dal 2005 al 2019 hanno subito un incremento pari al 41,8% rispetto al periodo 1991-2004, di cui 71% a carico degli uomini e 28% nelle donne, la gran parte con età media 32 anni (30 anni per le donne e 33 anni per gli uomini).

«Le IST – spiega Anna Teresa Palamara, direttore del Dipartimento Malattie Infettive dell’ISS – sono patologie diffuse ma troppo spesso diagnosticate e curate tardivamente, favorendone così la diffusione. È fondamentale mettere in campo una serie di iniziative che facilitino l’accesso a percorsi diagnostico-terapeutici, potenziando o creando Centri a cui i pazienti possano rivolgersi ai primi sintomi in maniera rapida e anonima». Anche con questo obiettivo è nato il progetto coordinato da ISS.

L’aspetto organizzativo e gli obiettivi

Otto strutture impegnate a fare “maglia” sul territorio, a costruire cioè una rete fra centri periferici territoriali (centri spoke) e centri di riferimento con elevate competenze multidisciplinari (centri hub) così da consentire a pazienti la possibilità di accesso in tempi brevi, costo ridotto a strumenti di prevenzione, come le campagne gratuite di screening, dirette in particolare a popolazioni chiave: giovani, maschi che fanno sesso con maschi, migranti, donne, persone a rischio per infezione da HIV. Inoltre è in coso anche la valutazione della gratuità di specifiche prestazioni diagnostiche ad alto impatto clinico-preventivo, interventi di informazione mirata a popolazioni target: obiettivo unico e condiviso, il contenimento delle IST.

«L’integrazione tra il centro IST-hub e le strutture del territorio-spoke – conclude Barbara Suligoi, responsabile del COA – potrebbe costituire un modello innovativo trasferibile e adattabile ad altre realtà regionali, contribuendo ad uniformare un percorso diagnostico-assistenziale agevolato per le IST a livello nazionale. È prioritario abbattere le barriere all’accesso ai servizi mirati a queste patologie nel nostro Paese, al fine di favorire l’allineamento ai livelli standard di altre nazioni europee».