La neurofisiologa Candace Pert ha svolto un ruolo di rilievo nella ricerca internazionale sulle neuroscienze. A lei si deve la scoperta delle endorfine e di un ampio numero di neuropeptidi, molecole che trasmettono informazioni nel sistema nervoso, e l’osservazione che questi ultimi sono mediatori sia delle informazioni sia delle emozioni e attivi in ogni cellula del corpo. È stata fra i primi a dimostrare che gli oppiacei, come morfina ed eroina, si legano alle cellule – o alle “zone di recettori” – del cervello. Questa intuizione – insieme alla scoperta che il corpo produce sostanze endogene simili agli oppiacei che si legano alle stesse aree recettrici – ha introdotto un approccio innovativo al ruolo della chimica cerebrale e delle emozioni umane. Medicina Naturale l’ha incontrata a Lucca in occasione di un convegno sulla PNEI promosso dal Villaggio globale.
Dottoressa Pert, vuole esporre in sintesi la sua ricerca sui neuropeptidi e sui rapporti cervello, mente e corpo?
Negli anni 1984-85 con l’immunologo Michael Ruff cominciammo a elaborare il concetto di recettori e di rete psicosomatica, indagando in che modo questi recettori fossero all’origine di un flusso di informazioni nel corpo, e nell’essere umano nel suo insieme, e arrivammo a definire una vera e propria “teoria delle emozioni”. Alcuni anni prima, formulando mappe dettagliate sulla connessione dei recettori degli oppiacei, abbiamo scoperto che questi si trovano nell’amigdala e nell’ippocampo, aree cerebrali classicamente associate agli stati emotivi, e che molti erano anche nella neocorteccia. Sulla base di questi risultati, ho formulato l’ipotesi che i neuropeptidi e i loro recettori formino un “network” informativo nel corpo. Questa rete di comunicazione, la rete psicosomatica mente/corpo, percorre corpo e cervello. È una rete non gerarchica che accede a tutti i sistemi del corpo e risponde allo scopo di identificare delle priorità, spesso lo fa a livello inconscio. I neuropeptidi e i loro recettori sono dunque una chiave importante per comprendere le connessioni mente-corpo e come le emozioni possono manifestarsi attraverso il corpo. Mano a mano che avanzavamo nello studio dei neuropeptidi, diventava più difficile pensare a mente e corpo secondo la dicotomia classica, mentre acquisiva sempre maggior senso parlare di un’entità integrata corpo-mente.
Sul ruolo delle emozioni ha scritto un importante libro, tradotto anche in Italia…
“Molecole di emozioni” è la sistematizzazione delle nostre ricerche in questo campo ed è interessante che, via via che approfondivo il lavoro sulle emozioni, comprendevo quanto esse siano potenti per la persona, anche sul piano curativo. All’inizio ho ipotizzato, realisticamente, che le emozioni fossero nella testa o nel cervello, ma ora posso dire che sono anche nel corpo, si esprimono in esso e ne fanno parte. Sono energia e informazione, ma sono anche molecole che possiamo mappare nel corpo stesso. I miei studi più recenti – focalizzati sul concetto generale di benessere e su tutto ciò che serve per sentirsi bene – mostrano che le emozioni sono sì parte del campo informativo, dell’energia informativa corporea, ma trascendono la guarigione/salute del singolo per riversarsi su tutto l’ambiente che lo circonda. In altre parole le emozioni sembrano “saltare” da una persona all’altra, da un corpo all’altro, da una cultura all’altra, sono planetarie e questa loro natura di transizione, dal microcosmo al macrocosmo, è un aspetto di estremo interesse. Conoscere le emozioni, controllarle, lasciarle fluire è la chiave per dar vita al cambiamento globale oggi necessario, quel “global shift” che rappresenta il futuro. Con un’analogia possiamo dire che come la luce bianca è composta da uno spettro di colori, così le emozioni sono uno spettro di posture del corpo, comportamenti e stati fisiologici che percorrono l’intero sistema mente/corpo – riflessi nella muscolatura, ogni livello dell’accesso neuronale e della mente/corpo – che cambiano continuamente, specialmente nei soggetti più sani. Gli esseri umani hanno quindi un amplissimo raggio di potenzialità, comportamenti, emozioni. Queste ultime sono la chiave di tutto, il ponte fra mondo spirituale e molecolare e creano anche stati alterati di coscienza. Ognuno di noi non presenta solo comportamenti differenti, ma anche memorie, corpi, corpi di guarigione differenti, e tutta la luce che fluttua intorno e sui nostri corpi può essere diversa nei diversi punti. Quello che nel classico manuale di psichiatria era chiamato “disturbo di identità dissociata”, è in realtà un esempio estremo di ciò che è normale in ognuno di noi.
Lei ha scritto anche un altro libro, non ancora disponibile in Italia…
“Everything You Need to Know to Feel Go(o)d” espone idee molto avanzate sui neuropeptidi e sulla rete psicosomatica, basate su nostri studi di laboratorio ma anche su ricerche di altri studiosi su cui abbiamo riflettuto. Parla molto di me come persona e di un periodo della mia vita in cui sono stata a contatto con grandi terapeuti, guaritori che svolgevano ricerche in ambiti in passato per me impensabili. Con quell’esperienza ho capito che tutta la mia vita a livello inconscio era stata un tentativo per guarire me stessa. Per comprendere la coscienza e le nostre diverse sotto-personalità, frutto dei condizionamenti e dell’educazione che ciascuno ha ricevuto.
La ricerca ha coinciso dunque con un percorso di vita?
Sono una scienziata di laboratorio e la mia formazione è stata impregnata da una visione meccanicistica e riduzionista. Grazie alle mie ricerche ho però realizzato che era difficile, se non impossibile, cogliere molti aspetti dell’organismo con i parametri della scienza ortodossa, soprattutto i meccanismi cerebrali. La nostra esistenza è estremamente mutevole. Può capitarci una giornata terribile in cui ci sentiamo depressi, a terra … poi arriva qualcosa, un quantum di informazione, una piccola emozione e tutto inizia a vibrare in modo diverso. Nella vita quindi ci sono aspetti “misteriosi” che non possiamo capire, qualcosa che rimanda ad altre realtà/entità, quale che sia il nome con cui le chiamiamo. Ho imparato anche, ed è un concetto saldamente radicato, che le endorfine, i neuropeptidi che ho contribuito a scoprire, sono fattori chiave dell’amore e della pace. I recettori delle endorfine sono peptidi molto avanzati a livello di neuro evoluzione, fanno parte di un’area del cervello, la corteccia finale, che rende gli esseri umani speciali e unici, differenziandoli dagli scimpanzè. La riflessione che scaturisce da ciò è che non devono più esserci guerre e conflitti ma che l’amore, l’equilibrio, è la risposta, ciò che tiene tutto unito. Oltre le separazioni e frammentazioni, si profila un mondo, un pianeta, una coscienza.