Il libro curato da Massimo Fioranelli e Luca Speciani, pubblicato da Tecniche Nuove, apre a diverse possibilità di trattamento

«I processi fisici, chimici, biologici, mentali e sociali che caratterizzano l’essere umano non possono non essere percepiti nelle loro molteplici interrelazioni». Si fonda su questa nuova visione “Cardiologia integrata, un nuovo approccio nella strategia terapeutica della malattia cardiovascolare“, a cura di Massimo Fioranelli e Luca Speciani. Un libro, pubblicato di recente da Tecniche Nuove, che compie una revisione critica dell’approccio meccanicistico della cardiologia odierna, offrendo una visione sistemica che apre a nuovi orizzonti di cura.

Il contributo di molti specialisti con esperienza clinica di segnale

Il testo è il frutto del contributo di diversi medici e professionisti che indagano ognuno prospettive diverse affinché l’integrazione di più approcci terapeutici possa risultare vincente: nutrizione (l’obesità addominale è un fattore predittivo di esiti cardiovascolari avversi), fitoterapia, esercizio fisico, cardiologia metabolica, agopuntura, psico-neuro-endocrinologia, mindfulness, tecniche di biofeedback, connessioni sociali.

Oltre ai curatori, Massimo Fioranelli, medico, specialista in Cardiologia e Medicina interna, e Luca Speciani, Medico chirurgo che si occupa da anni di medicina, sport e alimentazione naturale, compaiono gli approfondimenti di Franco Cracolici, medico agopuntore; Barbara Cresci, specialista in Endocrinologia e malattie del ricambio; Carlo Dal Lin, specialista in Cardiologia; Gianfranco Delogu, direttore dell’Unità Operativa Complessa di Cardiologia e UTIC, Ospedale N.S. di Bonaria di San Gavino Monreale, ATS Sardegna; Salvatore Di Meglio, specialista in Scienza dell’Alimentazione e Dietologia; Luigi Marcello Monsellato, specialista in Ortopedia e Traumatologia, psicologo e psicoterapeuta; Matteo Neccia, specialista in malattie dell’apparato cardiovascolare; Laura Pala, specialista in Endocrinologia e malattie del ricambio; Maria Grazia Roccia, professore straordinario di Psicobiologia; Carlo Maria Rotella, specializzato in Endocrinologia; Danilo Sirigu, specialista in Gastroenterologia ed Endoscopia digestiva e in Radiodiagnostica e Scienze delle immagini; Francesco Tona, professore associato di Cardiologia.

Il mito del colesterolo e i rischi delle statine

In Italia, in base ai dati Istat del 2018, alle malattie cardiovascolari viene attribuito il 34,8% di tutti i decessi (31,7% nei maschi e 37,7% nelle femmine). Quelle su base aterosclerotica (infarto del miocardio, cardiopatia ischemica, ictus cerebrale, arteriopatie cronico-ostruttive) sono state correlate fino a qualche anno fa all’accumulo lipidico sulla parete endoteliale vasale, ma oggi si punta l’attenzione sullo stato infiammatorio cronico di basso grado e ossidativo, chiamato anche inflammaging.

Massimo Fioranelli, medico, specialista in Cardiologia e Medicina interna

È il perpetuarsi dello stato infiammatorio e ossidativo a contribuire alla progressione della placca aterosclerotica. «Il colesterolo, molecola meravigliosa che ha effetti estremamente complessi, è stato ingiustamente criminalizzato: 36 tappe metaboliche per produrlo, un potente antiossidante, che funziona da protettore del sistema nervoso, tanto che il cervello ha il 30% del colesterolo corporeo totale; forma gli ormoni, dà la molecola della vitamina D. Ci sono studi in letteratura, per esempio sul New England Journal of Medicine, in cui l’abbassamento del colesterolo è collegato a una deficienza del sistema immunitario. Tanto che molte delle malattie autoimmuni riprendono la loro fase florida quando diminuisce» fa notare Fioranelli.

L’approccio del cardiologo di segnale consiste nell’usare i farmaci con moderazione, dati gli effetti collaterali di molti dei più usati: dalle statine, con l’aumento di complicazioni diabetiche (che hanno un rischio di mortalità cardiovascolare da 2 a 4 volte maggiore rispetto alla popolazione generale) e inibiscono la sintesi di vitamina K2 e del coenzima Q; agli inibitori della pompa protonica. L’attenzione è allora verso il cambiamento degli stili di vita, cercando di contrastare i fattori patogenetici aterosclerotici, come la dieta pro-infiammatoria, il fumo, l’ipertensione arteriosa, il diabete mellito, la sedentarietà, l’obesità, la dislipidemia.

«Abbiamo sequenziato il genoma, poi abbiamo capito cosa significhi l’epigenetica, l’espressività di questi geni che si modula in base allo stile di vita – prosegue il medico – Ci siamo così riappropriati del nostro destino. Il fattore di rischio più importante, se vogliamo fare una piramide, è lo stress, il secondo elemento è l’inquinamento ambientale, compreso quello elettromagnetico: il cuore è uno degli organi target di questo inquinamento».

Stress e rischio elettromagnetico

Abbandonato il vecchio concetto di semplice pompa (100 mila battiti al giorno per circa 5 litri di sangue al minuto a riposo e fino a 24 litri al minuto durante un esercizio fisico impegnativo), oggi il cuore viene studiato nei suoi molteplici aspetti di comunicazione: correlazione con il sistema immunitario attraverso il microbiota; vero e proprio cervello grazie ai suoi 40 mila di neuroni; ghiandola endocrina.

«Il cuore ha vari tipi di comunicazione. Quella classica è l’innervazione che il cervello ha sul cuore e le informazioni che il cuore dà al cervello attraverso il sistema nervoso. Poi quella biochimica, attraverso la produzione di sostanze come le neurotrofine, che credevamo erroneamente prodotte esclusivamente dal cervello, l’ossitocina. Poi, quella elettrica: il campo elettrico ed elettromagnetico del cuore è il più potente del nostro organismo e influenza l’attività elettrica del cervello». Le variazioni del campo elettromagnetico vengono percepite da tutte le cellule del corpo: le emozioni, pertanto possano influenzare l’intero equilibrio neurofisiologico.

I benefici fitoterapici e dell’integrazione

Gli approcci integrati danno buoni risultati a livello fitoterapico. Il biancospino, ricco di flavonoidi, migliora le performance cardiache, la frequenza del cuore; la curcuma, come si è visto nel trattamento del Covid, riduce la sintesi delle interleuchine pro infiammatorie e agisce sull’attività di Cox-2. La pirrolochinolina chinone (PQQ), un sale disodico del chinone prodotto attraverso un processo di fermentazione, contenuta in determinati alimenti, tra cui fagioli, patate, prezzemolo, tè verde e kiwi, ha un’attività antiossidante cento volte più potente della vitamina C.

Si è poi constatata una significativa riduzione degli eventi ischemici cardiovascolari in pazienti con recenti infarti del miocardio con l’uso di 0,5 mg al giorno di colchicina. «In uno studio apparso su JACC, mai adeguatamente pubblicizzato, aggiunta come antinfiammatorio a soggetti che avevano avuto eventi coronarici e seguivano una terapia prescritta in base alle linee guida, la mortalità è scesa quasi del 50%».

A livello di integrazione ha una sua utilità il magnesio («un sedativo, qualsiasi cardiologo darebbe invece un betabloccante»). Recentemente è stato evidenziato il ruolo del coenzima Q10, indispensabile per il corretto funzionamento dei mitocondri. Si citano poi la L-carnitina e il d-ribosio per il supporto della funzione sistolica e diastolica cardiaca. L’agopuntura, infine, risulta un utile ausilio nel trattamento di ipertensione, ipotensione, angina pectoris, aritmie e scompenso cardiaco.