Una serie d’istituti italiani ha prodotto una revisione degli studi che si sono interessati del ruolo della vitamina D sullo sviluppo della patologia da Sars-Cov2. Dalle analisi statistiche effettuate, gli autori hanno ipotizzato una correlazione positiva tra l’utilizzo d’integratori di vitamina D e il minor rischio di avere una forma di Covid-19 severa.

Il consumo di vitamina D negli ultimi anni è cresciuto sensibilmente, forse anche per questa associazione, fatta da più parti, tra la sua carenza e il rischio maggiore di sviluppare una infezione da Sars-Cov2 seria, se non grave. È, inoltre, confermato il ruolo chiave di questa molecola nella regolazione del sistema immunitario e anche nello sviluppo di tumori, sebbene i risultati siano certi in vitro e in studi animale e siano più confusi nell’essere umano.

L’esposizione solare è un punto critico per la carenza di vitamina D

È certo che nella nostra società moderna la maggioranza del tempo delle persone è trascorsa all’interno di edifici impegnati in attività di scrivania e studio. In questo contesto, spesso, l’esposizione al sole è minore di quanto servirebbe, portando come effetto a una carenza di questa vitamina.

I dosaggi appropriati

Quali sono i valori che dovrebbero preoccupare? In Italia i valori considerati ideali sono tra i 20 e i 40 ng/mL: al di sotto di questa soglia si consiglia prima di cambiare stili di vita. Sarebbe importante apportare modifiche nelle abitudini alimentari e nel tempo trascorso all’aria aperta e poi, se la carenza continuasse nel tempo, si potrebbe intervenire con una supplementazione. Sebbene sia da annotare che, ai nostri giorni, a fronte di meno ore passate al sole, molti dei cibi assunti addizionano vitamina D.

Tornando al Covid-19. Si sa che negli ultimi due anni sono tanti gli studi condotti su uomo che hanno cercato di chiarire il ruolo di questa vitamina nello sviluppo e prognosi di malattia. Una recente revisione, tutta italiana, cerca di fare il punto della situazione.

I numeri degli studi analizzati nella revisione

Condotta da una serie di Istituti italiani con capofila l’Istituto Europeo di Oncologia – Ieo di Milano, la revisione prende in considerazione ben 38 studi, tra i quali 2 studi randomizzati e controllarti e 27 studi di coorte, per un totale di 205.565 pazienti con informazioni sui livelli di 25(OH)D, utilizzata per stimare la riserva del soggetto di 25-OH vitamina D. Si tratta di un campione molto ampio, il che rende il lavoro altrettanto interessante e significativo. Tra i soggetti, 2.022 utilizzavano una supplementazione di vitamina D, mentre 1.197 sono stati ricoverati in terapia intensiva o hanno necessitano di una ventilazione meccanica o intubazione in ospedale. Le morti per Covid-19 sono state 910.

Conclusioni

I risultati delle analisi statistiche effettuate indicano la possibile esistenza di una correlazione positiva tra assunzione di integratori di vitamina D e un minor rischio di sviluppare una forma di Covid-19 severa o, addirittura, di morirne.

Quale sarebbe, quindi, la dose giusta da utilizzare come supplementazione? La revisione non trova differenze significative tra le diverse dosi utilizzate negli studi, a indicare che probabilmente non sono necessarie dosi elevate. Si osserva, però, un maggior vantaggio nei soggetti anziani e in quelli che vivono ad alte latitudini, in quest’ultimo caso forse per una minore produzione endogena di vitamina D a causa della poca forza dei raggi solari. Il condizionale è reso necessario dalla grande eterogeneità esistente tra gli studi inclusi nella revisione: potrebbe infatti introdurre dei “bias”. Non solo. Dato che i livelli di 25(OH)D sono misurati solo in pazienti con sospetta carenza della vitamina, è possibile che gli autori degli studi selezionati abbiano scelto pazienti con questa valutazione già fatta, il che potrebbe in qualche modo introdurre un ulteriore “bias”.

Gli autori ritengono necessari studi randomizzati controllati su un ampio numero di soggetti per confermare questi risultati. Allo studio, pubblicato su “Plos One” hanno partecipato anche l’ASST Spedali Civili di Brescia, l’ASST San Gerardo di Monza e l’Università di Milano-Bicocca.

Studio: D’Ecclesiis O, Gavioli C, Martinoli C, Raimondi S, Chiocca S, Miccolo C, Bossi P, Cortinovis D, Chiaradonna F, Palorini R, Faciotti F, Bellerba F, Canova S, Jemos C, Salé EO, Gaeta A, Zerbato B, Gnagnarella P, Gandini S. Vitamin D and SARS-CoV2 infection, severity and mortality: A systematic review and meta-analysis. PLoS One. 2022 Jul 6;17(7):e0268396. doi: 10.1371/journal.pone.0268396. PMID: 35793346; PMCID: PMC9258852.

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