Giovanni Frajese, medico endocrinologo e professore associato di Uniroma Foro Italico, spiega i tanti punti critici, che emergono dai nuovi studi: durata effettiva della protezione dei vaccini, effetti avversi sul sistema riproduttivo, diminuzione dell’interferone e i rischi della retrotrascrizione dell’Rna virale nel Dna

Cita Nature, Lancet, The New England Journal of medicine. Giovanni Frajese, medico endocrinologo e professore associato di Uniroma Foro Italico, era intervenuto alla Camera a fine maggio 2022 spiegando cosa stava succedendo sul fronte dei contagi da Covid sulla base dei più recenti studi delle più prestigiose riviste accademiche.

Uno degli aspetti nuovi riguarda l’effettiva durata della protezione garantita delle vaccinazioni. Il professor Peter Doshi, editorialista del British Medical Journal, ricorda che «quello che conta non è il picco dell’efficacia» (l’etichettatura ufficiale di Comirnaty-BioNTech/Pfizer riporta 91,1% da 7 giorni a sei mesi dopo la seconda dose).

Sulla durata è ormai abbastanza acclarato come funziona: almeno una decina di pubblicazioni fanno vedere che con il tempo la protezione offerta da questi vaccini scende, va a zero e poi diventa negativa. L’ho mostrato anche alla Camera dei Deputati; il professor Donzelli ne parla da diverso tempo. I dati sono abbastanza chiari, ci sono anche gli ultimi dati emersi riguardo agli adolescenti, in particolare. Anche in questo caso si vede che quelli che sono vaccinati, dopo il quinto, sesto mese dalla vaccinazione tendono a infettarsi più dei non vaccinati. Cosa che è difficilmente comprensibile, se non evocando un mal funzionamento del sistema immunitario. Riguardo a ciò ci sono già un po’ di elementi presenti, come l’abbassamento dell’interferone e una serie di altri segnali.

Che cosa può portare l’abbassamento dell’interferone?

L’interferone è una delle molecole che regolano il sistema immunitario. Nel caso non ci sia o si formino anticorpi contro il recettore, il sistema immunitario perde la sua funzionalità ottimale.

C’è il rischio che possa a lungo termine portare al cancro?

Servirebbero studi di teratogenicità, cancerogenicità e genotossicità che non sono mai stati eseguiti. Si è visto in diversi report che in alcune persone con tumore la vaccinazione sembrerebbe averlo slatentizzato, con una crescita più veloce.

Sono usciti anche degli studi di correlazione a effetti avversi sul sistema riproduttivo.

Come endocrinologo è qualcosa che mi riguarda direttamente. Si era partiti con il dire che non ci sarebbe stata alcuna interazione con il sistema riproduttivo perché in realtà il vaccino sarebbe rimasto nel deltoide dove viene iniettato. Questo nonostante uno studio sui topi fatto da Pfizer che dimostra un accumulo a livello delle ovaie: quindi questo tipo di rischio c’è. Di recente sono usciti due studi interessanti. Uno sulle donne, lo studio Mecovac (“Evaluation of menstrual irregularities after COVID-19 vaccination: Results of the MECOVAC survey”), con prima firma il professor Antonio Simone Laganà, che vede come co-autori Mariano Bizzarri e Marco Cosentino. Dallo studio emerge che un 50-60% delle donne ha disturbi mestruali alla prima dose; la percentuale si alza, tra il 60 e 70% alla seconda. Nella ricerca si riporta poi che il 50% di queste donne torna alla normalità entro due mesi e per il resto ci vuole un po’ più di tempo. Ciò indica che c’è una certa interferenza con il sistema riproduttivo.

Per quanto riguarda i maschi?

Stesso discorso.  Uno studio recente (“Covid-19 vaccination BNT162b2 temporarily impairs semen concentration and total motile count among semen donors”) mostra una diminuzione dei parametri del liquido seminale: tra il 15 e il 20% della motilità o numero degli spermatozoi. Sono state eseguite tre misurazioni nel tempo, pre-vaccino, post prima dose e post seconda dose. Gli autori dell’articolo affermano che comunque nel tempo tutto torna normale, ma qualcosa nel sistema riproduttivo maschile accade. Che cosa succede allora alla fertilità con un’ulteriore dose? È facilmente ipotizzabile che il problema peggiori. Ricordiamo, poi, che alcuni Paesi, come la Svezia, la Danimarca e altri Paesi del Nord, hanno vietato l’uso del vaccino di Moderna sotto i 30 anni; in Francia e Germania è sconsigliato.

Parliamo di altri due studi recenti: uno sul fatto che l’Rna possa entrare a far parte del nostro genoma e l’altro che non si disintegra,  ma che possa continuare a produrre la spike.

Si pensava che la spike sparisse in 24-48 ore, invece c’è una sua continua produzione almeno a 60 giorni (altri dati dicono molti di più). Uno studio svedese in vitro (“Intracellular Reverse Transcription of Pfizer BioNTech COVID-19 mRNA Vaccine BNT162b2 In Vitro in Human Liver Cell Line”) del vaccino anti-Covid Pfizer/BioNTech, su una linea cellulare di fegato ha mostrato poi la possibilità della retrotrascrizione dell’Rna vaccinale nel Dna: non è un dato definitivo, ma è un campanello d’allarme.

Un elemento fondamentale è aver scoperto il ruolo delle Iga che i vaccinati non sviluppano: dunque sono più infettivi dei guariti.

Sì, le Iga consentono di combattere il virus a livello delle mucose e a impedire il passaggio a livello dei polmoni o parti profonde e sono prodotte naturalmente insieme alle Igg. Cosa che i vaccini non fanno.

Dall’analisi delle oltre 300 mila pagine grezze riguardanti l’autorizzazione del vaccino Pfizer, che stanno facendo Doshi e altri scienziati, stanno poi emergendo nuovi aspetti.

Fin dalla prima disclosure dopo la sentenza del Tribunale del Texas (che ha imposto la pubblicazione di 55 mila pagine al mese, ndr) si è visto che nel follow-up post-vaccino della Pfizer stessa, nei primi due mesi, ci sono stati 1200 morti nelle persone seguite. Questi dati sono nascosti in una valanga di pagine che dovevano essere approfonditamente vagliate. Probabilmente non sono neanche stati letti in questi voluminosi incartamenti.

Recentemente ha partecipato a un evento del comitato Ascoltami che riunisce e dà voce ai danneggiati da vaccino. Qual è il meccanismo a monte che sviluppa gli eventi avversi?

Le reazioni gravi sono eterogenee, seppure tendono e ripetersi: bruciori, parestesie, disturbi neurologici, cardiopatie, slatentizzazione di virus già presenti, come herpes zoster, tanti effetti invalidanti a lungo corso ed effetti da Long Covid. Colpiscono forse in qualche modo organi precedentemente indeboliti da altra patologia. Non abbiamo ancora la risposta chiara, ci sono dei paper che parlano degli effetti dovuti agli esosomi, pezzetti di Rna veicolati in giro per il corpo, che hanno azione infiammatoria, oltre a quelli della spike stessa. È possibile ipotizzare un ruolo del sistema immunitario, una perdita di efficacia: le situazioni che normalmente sono tenute sotto controllo dall’esercito immunitario sfuggono al controllo e tendono a manifestarsi.

Bibliografia:

  • Laganà, A. S., Veronesi, G., Laganà, A. S., Garzon, S., Ferrario, M. M., Cromi, A., Bizzarri, M., Ghezzi, F., & Cosentino, M. (2022). Evaluation of menstrual irregularities after COVID-19 vaccination: Results of the MECOVAC survey. OPEN MEDICINE, 17, 475-484.
  • Rujittika Mungmunpuntipantip, Viroj Wiwanitkit, COVID‐19 vaccination, semen concentration, and total motile count: Correspondence, Andrology, 10.1111/andr.13216, (2022).
  • Aldén M, Olofsson Falla F, Yang D, Barghouth M, Luan C, Rasmussen M, De Marinis Y. Intracellular Reverse Transcription of Pfizer BioNTech COVID-19 mRNA Vaccine BNT162b2 In Vitro in Human Liver Cell Line. Curr Issues Mol Biol. 2022 Feb 25;44(3):1115-1126.