Crescono i casi di celiachia in età pediatrica con una novità: l’ampia variabilità diagnostica. Ovvero l’incidenza di malattia sarebbe influenzata da alcuni fattori: ambientali, come la regionalità in cui il luogo di residenza, europeo o statunitense ad esempio, può impattare sul tasso di manifestazione di malattia, ma anche genetici e epigenetici.
Le evidenze dallo studio TEDDY (“TEDDY Study Group. Incidence of Pediatric Celiac Disease Varies by Region”) i cui risultati contenuti in un nuovo rapporto sulla celiachia, sono stati pubblicati sull’American Journal of Gastroenterology.
La Malattia Celiaca (CD)
È una malattia multifattoriale nella quale variazioni di alcuni geni HLA, Antigene Leucocitario Umano, costituiscono i principali fattori di rischio mediato da un meccanismo immunologico, in soggetti geneticamente predisposti. Tali alterazioni dei geni HLA spiegano da soli almeno il 40% dell’aumento della prevalenza nei fratelli (10% circa rispetto all’1% della popolazione generale). Nello specifico i geni HLA – DQ2, DQ8 e DR4 sono i determinanti più importanti della suscettibilità genetica della celiachia: più del 90% è infatti riferibile a uno di questi genotipi, DQ2 o DQ8, contro il 25% nella popolazione generale.
Su questo assunto, lo studio TEDDY ha arruolato una coorte selezionata di bambini alla nascita provenienti da 6 diverse regioni in Europa e negli Stati Uniti (Georgia, Washington, Colorado, Finlandia, Germania e Svezia) a rischio HLA per lo sviluppo della malattia celiaca (MC), con l’obiettivo di identificare fra i nati tra il 2004 e il 2010 le differenze regionali nell’autoimmunità CD e nell’incidenza cumulativa di CD. Sono stati così inclusi nello studio 6.628 bambini con varie combinazioni DQ2.5 e/o DQ8.1, aplogenotipo DQ per HLA, poi sottoposti a screening periodici fino a 48 mesi per gli anticorpi transglutaminasi tissutali (tTGA) e quindi alla valutazione del CD, avviando se necessario la terapia dietetica.
Il tempo mediano di follow-up di 11.5 anni ha consentito di evidenziare che i rischi individuali di aplogenotipo per l’autoimmunità verso CD e CD variavano in base alla regione, influenzando l’incidenza cumulativa all’interno di quella regione. È emerso che l’incidenza di CD all’età di 10 anni era più alta nei bambini svedesi al 3% contro quella degli Stati Uniti, in Colorado, pari al 2,4%, i quali in un modello aggiustato per HLA, sesso e storia familiare, mostravano un rischio di MC 2,5 volte superiore rispetto a Washington. Allo stesso modo, i bambini svedesi avevano un rischio di CD di 1,4 volte e 1,8 volte superiore rispetto a quelli, rispettivamente, in Finlandia e Germania.
In conclusione
Le variabilità regionali sembrano avere una certa importanza nell’influenzare l’incidenza di MC, tuttavia lo studio avrebbe anche attestato che, complessivamente, 580 bambini (9%) avevano un parente di primo grado con diabete di tipo 1, e 317 bambini (5%) un parente di primo grado con celiachia. Tra i 6.628 bambini, 1.299 (20%) hanno soddisfatto l’esito CDA e 529 (8%) i criteri diagnostici per CD sulla base della biopsia o livelli di tTGA, persistentemente elevati.
Pertanto, gli autori concludono che sull’elevata variabilità regionale nell’incidenza cumulativa di CD, impattano anche fattori genetici ed epigenetici anche all’interno degli stessi territori, vedi l’esempio degli Stati Uniti. Passi successivi necessari? Valutare se l’elevata incidenza complessiva possa garantire una soglia bassa per lo screening e proseguire nell’identificazione di trigger di CD specifici per regione.
Fonte:
- Stahl M, Li Q, Lynch K, Koletzko S, Mehta P, Gragert L, Norris JM, Andrén Aronsson C, Lindfors K, Kurppa K, Ilonen J, Krischer J, Alkolkar B, Ziegler AG, Toppari J, Rewers MJ, Agardh D, Hagopian W, Liu E; TEDDY Study Group. Incidence of Pediatric Celiac Disease Varies by Region. Am J Gastroenterol. 2023 Mar 1;118(3):539-545.