L’assenza di un registro nazionale del diabete di tipo 2 e una rete diabetologica non sufficientemente capillare e attiva sull’intero territorio. Sono le criticità emerse dalla giornata di lavoro: “La pandemia diabete T2. Dai modelli organizzativi, alle criticità gestionali, alle nuove opportunità di cura”, organizzata da Motore Sanità, in collaborazione con AMD (Associazione Medici Diabetologi), meritevoli di una “presa in carico” urgente e di azioni quanto più possibile risolutive, per la gestione della patologia, dai forti numeri e dagli impatti che tendono altrimenti a diventare insostenibili per il sistema nel lungo periodo 

Il registro nazionale: il grande disatteso

Si è ancora in attesa della creazione di un registro nazionale del diabete mellito, comprensivo quindi anche dei dati sul diabete di tipo 2 (DM2), prevista dal DPCM (Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri) del 2017.

Ciò acuisce le criticità gestionali e la valutazione dell’effettivo impatto della patologia, in termine di numeri, costi e implicazioni, stante che a scopo di monitoraggio, il FSE (Fascicolo Sanitario Elettronico) non è attualmente utilizzabile per incompletezza di dati e per le normative sulla Privacy che richiedono l’autorizzazione da parte del paziente.

Come si sopperisce dunque al problema? Esistono altre fonti: il sistema di sorveglianza PASSI (Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia), attivo in Italia dal 2006, che attraverso interviste telefoniche attuate dalla Aziende Sanitarie Lovali (ASL) delle 21 province e Regioni autonome ha consentito la realizzazione dell’Osservatorio Nazionale sulla salute nelle Regioni Italiani. PASSI al 2022 ha raccolto dati su oltre 50.800 persone.

I contributi delle Società Scientifiche, tra queste gli Annali di AMD) che dal 2006 hanno consentito di profilare i pazienti con diabete di tipo 1 e di tipo 2 fornendo dati al 2022 su oltre 9.800 pazienti: attività che, secondo quanto raccomandato dal Piano Nazionale Diabete, ha prodotto un miglioramento sistematico di tutti gli indicatori considerati, rivelandosi cost-effective.

L’Osservatorio Arno Diabete della Società Italiana di Diabetologia (SID) che fornisce alla 32 ASL convenzionate i dati di oltre 11 milioni di pazienti permettendo il monitoraggio e valutazione dell’appropriatezza terapeutica, delle performance e costi assistenziali.

Il rapporto Health Search della SIMG (Società Italiana di Medicina Generale) che raccoglie i dati clinici e spesa sanitaria di oltre 1 milione e 110 mila pazienti, generati da oltre 800 MMG (Medici di Medicina Generale), e che hanno qualificato il DM2 come seconda patologia per numero di contatti (7.2%) dopo l’ipertensione arteriosa.

L’Italian Barometer Diabetes Observatory (IBDO) Foundation che, tramite la valutazione di specifici parametri clinici e variabili anche di impatto economico, analizza il ruolo attivo della persona con diabete rispetto alla propria condizione (attitudine verso la malattia, diagnosi, trattamento, autocontrollo, a associazionismo e così via.

Infine un possibile impulso alla creazione del Registro nazionale potrebbe essere rappresentato da JACARDI (Joint Action on cardiovascular disease and diabetes), il più grande profetto EU per ridurre il carico di queste due specifiche patologie, che coinvolge 21 paesi europei, con un investimento di 53 milioni di euro, con l’Istituto Superiore di Sanità come coordinatore per l’Europa, cui l’Italia partecipa con 22 partner fra Regioni, ASL, Università, IRCCS, Ministero della Salute e un budget di 15 milioni di euro. 

La Lombardia

È la regione italiana con il numero più alto in assoluto di persone con diabete, di cui 1 su 3 vive a Milano, con profonde differenze fra distretti del centro cittadino e periferici, dovute alla struttura demografica (la prevalenza è fra gli over 65, uomini) e alla composizione socio-economica della popolazione e delle infrastrutture territoriali, ad esempio la disponibilità di ambulatori diabetologici.

Il Cities Changing Diabetes Milano – Action Plan 2022-2025 ha l’obiettivo di evidenziare e definire le azioni da mettere in campo per arrestare il trend del DMì2 e porre la salute del cittadino al centro dello sviluppo urbano.

A livello generale, non solo Lombardo ma nazionale, sulla gestione e presa in carico del paziente cin DM2 incide anche la frammentazione delle cure, affidate al centro diabetologico (30,1%), al medico (29%), al medico e al centro (34,5%), ad altro medico (3.7%), a nessun (2,4%). La rete diabetologica diventa indispensabile: può rappresentare una possibile soluzione? Certamente, sì.

Le criticità

L’aumento di patologie croniche, compreso il diabete, con pazienti caratterizzati da marcata vulnerabilità e fragilità, ha messo in evidenza da un lato le criticità e dall’altro le necessità di ripensare il rapporto tra assistito e territorio (strutture diabetologiche e la medicina territoriale). Tra i nodi da risolvere:

  • Le diseguaglianze: solo il 30% delle persone con diabete riceve una assistenza specialistica
  • L’eterogeneità: l’accesso all’assistenza terapeutica specialistica risulta variabile sia tra regioni che all’interno delle stesse, con una distribuzione subottimale delle strutture diabetologiche
  • Gli specialisti isolati: i singoli specialisti ambulatoriali che operano in assenza di team multiprofessionali non riescono a erogare un’assistenza completa e incisiva
  • La scarsa integrazione: l’assenza di integrazione fra strutture diabetologiche e medicina generale rileva un peggioramento degli outcome di salute, a danno di importanti complicanze
  • Le carenze di risorse umane: i centri multi professionali non sempre sono nelle condizioni di garantire adeguati volumi di assistenza (visita della giusta durata, presa in carico di tutti i pazienti) sufficienti al numero di richieste/pazienti.

Le proposte per fare rete

Dalla FesDI – Alleanza per il diabete AMD e SID, alla luce del PNRR (Piano Nazionale Ripresa e Resilienza), arrivano le seguenti proposte per migliorare l’assistenza diabetologica:

  • Potenziare la rete, basandola su centri multiprofessionali ospedalieri o territorio
  • Ottimizzare la rete diabetologica, inserendo i professionisti isolati nei centri multiprofessionali o introducendo nuove figure, tra queste un MMG esperto in malattie metaboliche che, sebbene non direttamente coinvolto nella rete, potrebbe avere un impatto importante sul territorio 
  • Articolare la rete diabetologica in 350-400 centri multiprofessionali, ognuno dei quali a capo di circa 150.000 pazienti
  • Allocare fondi per ampliare il reclutamento e la formazione del personale dedicato all’assistenza del diabete (diabetologo, infermiere, MMG e specialisti)
  • Garantire maggiore sinergia tra specialisti endocrinologi/diabetologi e MMG prevedendo la collaborazione del team diabetologico presso Case di Comunità, Ospedali di Comunità e RSA (Residenze Socio-Assistenziali)
  • Implementare e potenziare la digitalizzazione (teleconsulti, teleassistenza, educazione terapeutica via web, condivisione dati clinici, ecc…)
  • Rafforzare le funzioni e la professionalità del diabetologo nel ruolo di coordinatore dell’intero percorso di cura anche attraverso una formazione specifica dedicata a competenze manageriali.

Tali azioni condivise e un lavoro sinergico consentiranno il miglioramento dell’accesso alle cure, la realizzazione di percorsi assistenziali efficaci, l’integrazione con il setting socio-sanitario, l’appropriatezza terapeutica, la sostenibilità del sistema e l’equità della cura, secondo l’impostazione universalistica del nostro Servizio Sanitario Nazionale.