Città Sane, a partire dal capoluogo lombardo in cui politiche, azioni, iniziative abbiano uno sguardo femminile, siano cioè vocate a fare corretta (in)formazione alla cultura della salute nel tessuto sociale e fra le donne in particolare e a sostenere il contributo femminile nell’ambito della sanità e dell’informazione scientifica.
È questo l’obiettivo di “Donne in Salute”, progetto presentato in occasione della Giornata nazionale della salute della donna (22 Aprile) istituita dalla Presidenza del Consiglio dei ministri nel 2015, promosso dalla Rete Italiana Città Sane OMS, voluta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e dall’Agenzia delle Nazioni Unite ONU per la Salute, e dal Comune di Milano.
Il progetto, itinerante, che apporterà nei prossimi mesi informazione e consapevolezza sui temi della salute attraverso eventi, partecipazione e coinvolgimento della cittadinanza in tutte le città aderenti, ha ricevuto il patrocinio di Fondazione Onda ETS, Europa Donna Italia, Donne protagoniste in Sanità, GWPR Italia, Donne Leader in sanità, #InclusioneDonna, Women for Oncology Italy, Fondazione Bellisario, SIC (Società Italiana della contraccezione) e SIM (Società Italiana della menopausa).
La voce delle istituzioni
La giornata non è un appuntamento scontato. «Deve esser occasione – sottolinea Lamberto Bertolé, Assessore al Welfare e Salute, presidente della Rete Città Sane – per farsi delle domande, per acquisire consapevolezza in tema di diagnosi, prevenzione e cura e di attenzione alla specificità dei bisogni di genere. Da oggi inizia un percorso per far sì che nell’agenda pubblica la voce femminile venga maggiormente ascoltata, dando l’attenzione a problemi di salute correlati e consolidando la figura della donna in organismi di governo, dove ancora fatica ad affermarsi».
Ovvero ampliando e sensibilizzando lo sguardo: «Quando si parla di medicina e salute di genere – dichiara Elena Lattuada, Delegata del Sindaco alla pari opportunità di genere – bisogna partire e fare riferimento alla rete di servizi che si occupano di salute femminile e che per scelte fatte, anche nella città di Milano, rappresentano un punto di debolezza. Penso ad esempio ai consultori e alla prevenzione della salute e della salute di genere: in città sane, salute di genere significa anche consentire alle donne delle città, delle regioni e del paese di riappropriarsi di una competenza, che esiste, e che non va delegata solo allo specialista ma che fa perno anche sulla percezione del sé. Al cento delle città sane devono tornare alla discussione i servizi, valutando quali esistono sul territorio, come si integrano fra di loro e come rendere protagoniste le donne in un percorso di riappropriazione della propria salute».
Lo ribadisce anche Diana De Marchi, Presidente della Commissione Pari Opportunità e diritti civili del Comune di Milano: «Stiamo lavorando all’interno dell’Amministrazione per costruire una medicina di genere che sia efficace ma anche una rete che permetta alle donne di essere sostenute nelle difficoltà, ad esempio le donne care-giver, molte e in prevalenza, che non ricevono sufficiente supporto e attenzione, con l’innegabile esclusione dal mondo del lavoro e dai percorsi di carriera, come anche offrire le stesse opportunità in ambito digitale e della ricerca, incentivando ad esempio la partecipazione delle ragazze alle discipline STEM (scienze, tecnologia, ingegneria e matematica)».
La salute
Resta il tema al centro della consapevolezza e della richiesta di informazione delle donne, interessate soprattutto alla prevenzione, quali la contraccezione, e al contrasto degli effetti collaterali della menopausa. Ambiti in cui l’Italia, rispetto al resto d’Europa è passi indietro: solo 1 donna su 4 (14-20%) utilizza la contraccezione ormonale e secondo una ricerca di Fondazione Onda solo 1/3 di donne in menopausa ricorre alla TOS (Terapia Ormonale Sostituiva).
«È imperativo dunque fare informazione – raccomanda Franca Fruzzetti, Past Presidente SIC – attraverso fonti autorevoli, medici, scuola, società scientifiche, con iniziative e linguaggi mirati al target. Alcuni regioni ad esempio hanno aperto consultori dove le ragazze/donne non solo possono parlare di contraccezione ma dove viene anche offerto gratuitamente un metodo contraccettivo. Il ruolo delle Istituzioni è fondamentale per garantire una informazione sicura, che consenta alla donna di avere un appoggio nelle proprie scelte, orientate a una o più gravidanze ma anche no, e laddove necessario, specie nelle classi soci meno abbienti avere un counselling contraccettivo, da discutere poi con il medico di riferimento».
La terapia ormonale è fondamentale anche in menopausa, invece assunta solo dal 5% di donne sulle oltre 12 milioni: «La TOS – precisa Filippo Murina, Vicepresidente SIM – è un aiuto importante per ridurre le problematiche associate alla menopausa, che occupa 1/3 della fase della vita della donna e che, pur non essendo una malattia, può esser gravata da segni e sintomi come disturbi vasomotori, vampate di calore, maggior rischio di andare incontro a problematiche cardiovascolari, metaboliche e ossee invalidanti per la vita privata, professionale, di relazione e di coppia. Occorre intervenire nei primi anni dopo la menopausa, a 10 anni è tardi: il ruolo del medico è quello di formare e sensibilizzare con adeguati counselling, anche circa la sessualità; oggi esistono almeno 50 trattamenti disponibili e possibili che consento alla donna di vivere appieno l’intimità di coppia. Al pari va posta attenzione alla vulvodinia, un problema molto meno noto di altri, che interessa il 18% delle donne con un ritardo diagnostico di circa 4 anni, a causa di pochi centri specialistici, non ancora inclusa nei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) nonostante il forte impatto sulla qualità della vita complessiva».
Non ultimo la solitudine che rappresenta una emergenza sociale. «Nella quotidianità, ma non da dati di letteratura, le donne sembrerebbero più capaci di fare rete – aggiunge Claudio Mencacci, presidente Comitato Scientifico Onda e Presidente della Società Italiana neuropsicoframacologia – ma sono più sole, soprattutto in alcuni momenti della vita: la tarda infanzia-prima adolescenza, dove le ragazze soffrono di più e hanno bisogno di relazioni più profonde e intime rispetto ai giovani, anche in relazione alla diversa maturazione cerebrale; in gravidanza dove emerge solitudine per la paura fisica, la sottostima e la delusione di mancati supporto da parte di partner, famiglia e strutture; il climaterio dove la solitudine è abbinata alle difficoltà dei diversi percorsi di carriera, stipendi più bassi, aumento del rischio di malattie e la fase dell’età avanzata. La solitudine è una emergenza sociale e sanitaria che pesa come 15 sigarette e 3 bicchieri di rosso al giorno: essere medici non deve prescindere dall’indagare la solitudine della donna riportando in auge il tema della prescrizione sociale, quale rischio per la salute: rompere tale rischio riduce del 20% le implicazioni sulla salute, soprattutto di ansia e depressione di ansia e depressione, causa di alterazione dello stato immunologico e infiammazione, quindi di un importante danno alla salute. Intervenire sulla solitudine, allora, non significa solo agire sulla salute ma è strumento per avere una citta e una comunità sane».
Comunicare la salute
Non la pratica clinica, la giusta comunicazione e informazione, specie in ambito oncologico passa da donna a donna: «Sono le pazienti – specifica Antonietta Nosenzo, Chirurga senologa e Consigliere Onda – che mi hanno insegnato come informare e cosa comunicare, bisognose soprattutto di avere un counselling di vita pratica, ad esempio circa l’intimità dove abbiamo a disposizione anche per le pazienti oncologiche trattamenti che possono favorire la sessualità, o informazioni di prevenzione secondaria».
La comunicazione, trasparente, in grado di trasmettere valori e empatia, più tipica delle donne, è strategica per l’empowerment della salute, favorendo l’adesione a comportamenti a sostegno delle salute, e per gli importanti risvolti economici e di spesa.
Le piattaforme digitali possono essere uno strumento efficace, sfruttando ad esempio l’Intelligenza Artificiale, come SARA (una danna digitale) che ha l’obiettivo di avvicinare i pazienti/cittadini alla salute e alla prevenzione o anche le Associazioni come Europa Donn a che hanno il compito e ruolo di essere e fare advocacy, portare cioè la voce delle donne ai Tavoli Istituzionali e dunque istruire, educare, comunicare i parlamentari su aspetti, richieste e necessità di vita vera, sostenute e approvate da medici del Comitato scientifico dell’Ente stesso.
«Le donne da sempre portavoce della salute familiare, fruitrici e professioniste – conclude Carola Salvato, Presidente di GWPR Italia – sono una risorsa da valorizzare per il sistema salute del Paese e sulle quali investire».