La malattia di Alzheimer è spesso legata a predisposizioni genetiche sulle quali agiscono diversi fattori ambientali. Tra quelli che contribuiscono ad aumentare il rischio di sviluppare questa patologia sono da segnalare, in primo luogo, le patologie di tipo vascolare.

Sono numerosi gli studi che hanno dimostrato una correlazione diretta con ipertensione, cardiopatie, obesità, diabete, fumo di sigaretta. Diversi studi hanno anche fatto luce sui meccanismi biologici responsabili di tali influenze ambientali. È stato dimostrato che, alla base dello sviluppo di questa malattia neurodegenerativa, c’è l’accumulo progressivo nel cervello della proteina beta-amiloide, che attraverso vari meccanismi distrugge le cellule nervose e i loro collegamenti.

Tale accumulo di amiloide si manifesta anche 20 anni prima dell’esordio della patologia. Un fisiologico meccanismo di protezione di tale accumulo è l’eliminazione attraverso i vasi sanguigni, sia con passaggio diretto attraverso la parete dei vasi (mediato da specifici trasportatori), sia mediante il “drenaggio” della proteina attorno ai vasi sanguigni, con il cosiddetto sistema “gliolinfatico”, deputato a raccogliere le scorie del tessuto cerebrale e a immetterle successivamente nel torrente circolatorio. In caso di patologie cardiovascolari e vascolari, essendo i vasi danneggiati, il passaggio di queste proteine è ostacolato, dando origine a degli accumuli di beta-amiloide nel tessuto nervoso.

Anche varie infezioni virali possono avere un ruolo nel facilitare i meccanismi di tossicità della proteina beta-amiloide, concorrendo ad aumentare il rischio di demenze. Vengono infatti innescati meccanismi di “neuroinfiammazione”, con l’attivazione delle cellule microgliali, che potenziano la tossicità della proteina beta-amilode. Tali meccanismi di neuroinfiammazione possono essere attivati anche in seguito all’infezione da SARS-CoV2. In occasione della pandemia Covid-19 è stato osservato che una quota di soggetti, dopo aver contratto l’infezione, ha manifestato complicanze come disturbi cognitivi e di memoria (Long Covid). Studi futuri potranno chiarire possibili implicazioni per lo sviluppo di demenza.