Il sonno è parte integrante della salute cardiovascolare, in un rapporto strettamente correlato. Nuove evidenze sembrano confermare il ruolo del buon riposo nel favorire la guarigione da infarto.
Esisterebbe cioè un legame tra cuore e cervello: i due dialogherebbero tramite il sistema immunitario per promuovere il recupero della funzionalità cardiaca dopo un grave evento cardiovascolare.
È quanto emerge da uno studio multicentrico pubblicato su Nature, condotto presso la Icahn School of Medicine a Mount Sinai, Stati Uniti.
Il meccanismo di comunicazione
Esperimenti condotti nell’uomo e nei topi sembrano dimostrare che i monociti, una tipologia di globuli bianchi (leucociti) importanti nella governance delle difese immunitarie, vengano reclutati attivamente nel cervello dopo un infarto miocardico (IM) per aumentare il sonno. Un meccanismo che sopprimerebbe l’afflusso simpatico al cuore, limitando l’infiammazione e promuovendo la guarigione.
Dopo un IM, la microglia, un insieme di cellule responsabili della “sorveglianza immunitaria” del sistema nervoso centrale in prima linea contro la difesa da agenti patogeni, recluta rapidamente i monociti circolanti nel nucleo posteriore laterale talamico (LPN) del cervello tramite il plesso corioideo, dove vengono riprogrammati per generare il fattore di necrosi tumorale (TNF), utile per attivare i neuroni nel talamo, aumentando il sonno. Il sonno sarebbe dunque un prezioso elemento “terapeutico” oltre che ristoratore nel post infarto.
Dati sperimentali sembrano mostrare che un sonno scarso nelle settimane successive alla sindrome coronarica acuta aumenti la suscettibilità agli eventi cardiovascolari secondari e che riduca il recupero funzionale del cuore. In termini pratici, i risultati suggeriscono che dopo un infarto il cervello subisce cambiamenti profondi che aumentano il sonno, compresa una necessità maggiore di dormire nelle settimane successive all’evento.
In sintesi, l‘infiammazione neurologica e il reclutamento dei monociti nel cervello rappresenterebbero una risposta adattativa benefica che aumenta il sonno per facilitare la guarigione del cuore e ridurre l’infiammazione dannosa; pertanto, in quest’ottica, il sonno dovrebbe essere una priorità nella gestione clinica post-infarto.
La scoperta
I ricercatori hanno indotto attacchi cardiaci nei topi, analizzando contemporaneamente la risposta a livello cerebrale, tramite dispositivi wireless di elettroencefalogramma, osservando un aumento tre volte superiore del sonno a onde lente, quelle cioè riferite al sonno profondo caratterizzato da onde cerebrali lente e ridotta attività muscolare.
Analizzando i cervelli dei topi con infarto è emerso che i monociti dal sangue migravano al cervello e utilizzavano proprio il Tnf per attivare i neuroni nel talamo, quindi il sonno. Un dato che sarebbe evidente anche nell’uomo: pazienti post-infarto seguiti per due anni, tramite un monitoraggio del sonno per quattro settimane dopo l’attacco di cuore, fanno osservare un rischio doppio di nuovi eventi cardiovascolari in soggetti che dormivano peggio, rispetto a coloro che godevano di un sonno di buona qualità, con un significativo miglioramento anche sulla funzionalità cardiaca.
In conclusione
Saranno necessari studi di approfondimento, ma le prime evidenze sembrano dimostrare, per la prima volta, il la relazione cuore-cervello-sistema immunitario nel promuovere la guarigione da infarto.
Fonte
Huynh P, Hoffmann JD, Gerhardt T et al. Myocardial infarction augments sleep to limit cardiac inflammation and damage. Nature, 2024, 635(8037):168-177. Doi: 10.1038/s41586-024-08100-w