Fondamentale, ma poco nota e praticata. La medicina narrativa favorisce l’acquisizione di informazioni cruciali per comprendere la visione sulla malattia da parte di pazienti, dei clinici e di chiunque intervenga nel processo di cura.
Eppure in Italia, nonostante sia stata inclusa come metodologia d’intervento clinico-assistenziale nelle Linee di Indirizzo pubblicate nel 2015, è ancora poco sfruttata nelle sue potenzialità. Lo attestano una indagine condotta da DNM (Digital Narrative Medicine), che per la prima volta ha confrontato le conoscenze e le aspettative di medici e pazienti riguardo alla medicina narrativa, e uno studio della community di MioDottore.
La medicina narrativa in Italia
Il nostro Paese può essere considerato un pioniere in ambito di medicina narrativa, il primo in Europa ad aver avviato specifiche azioni per la sua diffusione: Linee di Indirizzo ufficiali promosse dall’Istituto Superiore di Sanità, e LIMeNAR, un progetto di ricerca specifico per la mappatura dell’utilizzo della Medicina Narrativa fra medici e pazienti, con l’intento di riunire sotto questo cappello centinaia di esperti in una società scientifica dedicata, la SIMeN.
Nonostante queste azioni positive, la pratica è in stallo, comunque non utilizzata e sfruttata secondo le aspettative. La medicina Narrativa è infatti considerata prioritaria nel percorso di cura dall’86% dei pazienti e dall’87% dei medici e potrebbe dare ottimi benefici (e ci sono) nell’era della medicina del digitale.
Lo studio
Scarsa conoscenza dello “strumento” e insufficiente (in)formazione di medici e pazienti. Sono i principali ostacoli alla diffusione della Medicina Narrativa.
Lo confermano i dati di uno studio condotto nella community di MioDottore su 224 medici e 2.281: emerge che oltre il 97% dei pazienti non sa cosa sia e tratti la medicina narrativa, a fronte del 57% dei medici che non ne ha consapevolezza.
Ciò è dovuto, secondo il 72% dei medici, alla mancanza di una formazione specifica, ma anche di tempo, secondo i dichiarata del 49% dei pazienti da parte degli operatori sanitari (55%) a educate a questa metodica e di conseguenza a una (in)adeguata formazione (30%).
I benefici
Perché sfruttare la medicina narrativa? Nell’era dell’e-Health e dell’attuale contesto socio-sanitario, con l’evidenza crescente di dover gestire sempre più le cronicità, è compito delle istituzioni e del sistema salute sfruttare le opportunità offerte dalla tecnologia, che oltre ad accorciare le distanze fra medico-paziente in contesti di criticità, rappresenta uno strumento per consolidare la medicina di precisione.
Nello specifico la medicina narrativa che consente di condividere esperienze da parte dei pazienti e dei clinici, si inserisce pienamente in un processo-percorso di prevenzione delle malattie: infatti migliora la comunicazione tra i due interlocutori, favorisce la conoscenza di molti aspetti della malattia, altrimenti non noti, ottimizzando così la cura.
«A prescindere dagli strumenti di cui ci si avvale, la medicina narrativa – conclude Stefania Polvani, presidente SIMeN – può produrre grandi benefici sia per i pazienti che per i medici e, di conseguenza, anche per la sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale. Con la medicina narrativa migliora l’esperienza di cura per il paziente, favorendo l’aderenza terapeutica e alla prevenzione, e riducendo la conflittualità con l’operatore sanitario».