Inquinamento: mette a rischio anche la salute cardiovascolare

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Aria inquinata e particelle di particolato fine (Pm 2.5): si riconfermano importanti fattori di rischio per lo sviluppo di patologie gravi, potenzialmente letali, a carico dell’apparato cardiovascolare, anche in soggetti senza patologia aterosclerotica. Sono le evidenze emerse da uno studio italiano (Air Pollution and Coronary Vasomotor Disorders in Patients With Myocardial Ischemia and Unobstructed Coronary Arteries”) della Fondazione Policlinico Agostino Gemelli Irccs-Università Cattolica, campus di Roma presentato al congresso della Società Europea di Cardiologia (ESC) a Barcellona e pubblicato su JACC, rivista ufficiale dei cardiologi americani (American College of Cardiology).

La domanda cruciale

Esiste una possibile relazione fra esposizione a lungo termine al particolato 2.5 (PM2.5) e 10 (PM10) e disturbi vasomotori coronarici in pazienti con malattia coronarica non ostruttiva (NOCAD)? Una open question cruciale se si considera che le anomalie vasomotorie coronariche sono importanti cause di ischemia miocardica in cluster di pazienti NODAC, dunque meritevole di una accurata indagine che ha dato corso a uno studio randomizzato, ancora preliminare, che ha interessato 287 pazienti di entrambi i sessi di età media 62 anni.

Tra i pazienti selezionati per lo studio, 56% presentava ischemia miocardica cronica in presenza di coronarie ‘sane’ (INOCA) e 44% un pregresso infarto a coronarie sane (MINOCA). Il livello di esposizione a eventuali agenti inquinanti di ogni partecipante è stato misurato in funzione della territorialità, ovvero della residenza/luogo di domicilio. Incrociando questi parametri con dati clinici e di imaging, tra cui gli esiti di una coronarografia associata all’esecuzione nel corso della seduta anche di un test “provocativo” all’acetilcolina, risultato positivo nel 61% dei pazienti, è stato possibile definire la stretta relazione, e dunque un importante rischio, fra fattori inquinanti ambientali e lo sviluppo di patologia cardiovascolari.

«Si è osservato, infatti – dichiara Antonio Montone, dirigente medico dell’Unità operativa complessa di Terapia intensiva cardiologica del Gemelli Irccs – lo sviluppo di un infarto anche in soggetti con coronarie ‘pulite’, cioè in assenza di aterosclerosi significativa, determinando tuttavia uno spasmo prolungato dei vasi, ovvero delle grandi arterie coronariche. Lo spasmo era maggiormente associato alla presenza di Pm2.5 e più frequente in fumatori e pazienti con dislipidemia».

Il fenomeno degli spasmi dei vasi cardiaci avrebbe un sua ragione: «L’esposizione di lunga durata all’aria inquinata – aggiunge Massimiliano Camilli, dottorando di ricerca all’Istituto di Cardiologia dell’università Cattolica del Sacro Cuore, campus di Roma – potrebbe favorire lo stato di infiammazione cronica dei vasi, con conseguente disfunzione dell’endotelio, lo strato di rivestimento della parete interna dei vasi stessi».

I risultati

I dati emersi hanno fatto rilevare che livelli di esposizione a PM2,5 e PM10 erano maggiori nei pazienti con un test di provocazione positivo (P <0,001), inoltre all’analisi di regressione logistica multivariata, PM2,5 e PM10 sono risultati predittori indipendenti di un test di provocazione positivo (rispettivamente P = 0,001 e P = 0,029), di MINOCA (P <0,001 e P = 0,001, rispettivamente). Mentre PM2,5 era indipendentemente associato all’insorgenza di spasmo dell’epicardio rispetto allo spasmo microvascolare (P = 0,001). Pertanto sulla base dei dati disponibili, si potrebbe ritenere che una maggiore esposizione a PM2,5 e PM10 nei pazienti con ischemia miocardica e NOCAD correli ad anomalie vasomotorie coronariche e più specificatamente che PM2,5 possa essere considerato un fattore di rischio indipendente per l’insorgenza di spasmo epicardico e MINOCA in termini di presentazione clinica.

Misure pratiche precauzionali

È utopistico pensare di poter ridurre a zero i rischi/fattori ambientali a danno del cuore, tuttavia è possibile attuare alcune misure per contenerne l’impatto, a partire dalla riduzione delle emissioni e, dunque, anche del rischio residuo di futuri eventi cardiovascolari, quali la cardiopatia ischemica, sia su base aterosclerotica che da spasmo delle coronarie.

«In soggetti a rischio, in attesa di studi dedicati che valutino il reale impatto degli inquinanti ambientali – conclude Filippo Crea, ordinario di Malattie dell’apparato cardiovascolare all’Università Cattolica, campus di Roma e direttore dell’Uoc di Cardiologia del policlinico Gemelli – è suggerito l’uso di purificatori di aria in casa e l’utilizzo delle mascherine facciali in aree di grande traffico in contesti cittadini. Si riconferma, a livello di collettività, l’importanza del divieto di fumo e la necessità di uno stretto controllo dei fattori di rischio alla popolazione tutta, ma con particolare attenzione a soggetti maggiormente esposti a fonti di inquinamento ambientali e di residenti in aree urbane».

Fonte:

  • Camilli M, Russo M, Rinaldi R, Caffè A, La Vecchia G, Bonanni A, Iannaccone G, Basile M, Vergallo R, Aurigemma C, Trani C, Niccoli G, Crea F, Montone RA. Air Pollution and Coronary Vasomotor Disorders in Patients With Myocardial Ischemia and Unobstructed Coronary Arteries. J Am Coll Cardiol. 2022 Nov 8;80(19):1818-1828.