Gli italiani dormono poco e male. Lo attestano alcuni dati diffusi in occasione della Giornata Mondiale del Sonno (17 marzo) dal Santagostino Monitoring – Osservatorio sulla Salute che riunisce un pool di data scientist e professionisti sanitari impegnati a produrre ed elaborare dati e ricerche sul tema della sanità, della prevenzione e del benessere. Sonno compreso. Nello specifico, il 30% degli intervistati ha dichiarato di non dormire a sufficienza e 14% di non avere un sonno di qualità. Ciò a detrimento della buona funzionalità di altri organi e apparati che beneficiano dell’“energia” derivante dal riposo.

Dati in netto peggioramento

Dal 1996 l’indice di gradimento sulla qualità del sonno dichiarato dagli italiani ha subito un netto calo, pari al 10% [1]. A farne le spese maggiori le donne, i separati e/o divorziati, i fumatori, le persone che vivono in difficoltà socioeconomica, con disturbi più evidenti al crescere dell’età. Non è solo questione di svegliarsi poco riposati: del mancato sonno, in termine di ore dormite e di qualità, ne risente l’intero organismo, primi fra tutti il sistema cardiovascolare e neurologico, in fase diurne e notturna.

Le ripercussioni non “conoscono anch’esse risposo”; sempre vigili e all’erta, sono causa anche di danni materiali alla propria persona e al prossimo. La sonnolenza alla guida, ad esempio secondo dati dell’ACI (Automobil Club Italiano), è responsabile di 1 incidente stradale su 5 ed è una delle principali cause di incidenti mortali in autostrada. Tali eventi in chi soffre di disturbi del sonno subiscono un innalzamento del rischio da 2 a 7 volte rispetto alla popolazione generale che di notte riposa.

«L’insonnia – spiega Renata del Giudice, psicoterapeuta del Santagostino – è pertanto da considerarsi una patologia delle 24 ore perché i suoi effetti durano e si possono manifestare nell’intero arco della giornata, coinvolgendo vari aspetti».

Le implicazioni

È ormai assodato, ad esempio, il ruolo della qualità del sonno su funzioni cognitive come la memoria, l’attenzione e la capacità di ragionamento, che si traducono in difficoltà di apprendimento, problemi di memoria a lungo termine e ridotta capacità di comprensione, con tratti distintivi di genere. Studi recedenti sembrerebbero dimostrare che gli effetti negativi sono maggiori fra le donne [2].

L’impatto del sonno sull’organismo è tale che dal 2018 circa si sta iniziando a formulare l’ipotesi dell’omeostasi sinaptica (SHY): il sonno sarebbe il prezzo da pagare per ottenere la plasticità neuronale, alla base di nuovi apprendimenti [3]. Inoltre la privazione di sonno è in grado di produrre effetti anche sul sistema cardiovascolare, immunitario, insulinoresistenza e non ultimo, obesità.

Relazione, quest’ultima, confermata da uno studio inglese condotto su 1600 pazienti da cui si evince che 6 ore dormite rispetto alle 8-9 consigliate, correlerebbe all’incremento del BMI (Body Mass Index) e a una riduzione di valori del colesterolo HDL, protettivo per il sistema cardiocircolatorio [4]. Meno sonno significa anche maggior rischio per diabete e dislipidemia.

Approccio terapeutico

Nuove soluzioni, da percorsi diagnostico-terapeutici più tradizionali a opportunità anche tecnologiche, consentono oggi di prendere meglio in carico il problema sonno e migliorare la qualità. Tra gli strumenti high-tech ad esempio c’è un dispositivo wearable innovativo, basato sull’algoritmo “Dormi”, certificato come medical device, che consente un monitoraggio della qualità del sonno molto accurata.

«Strumenti come questo – prosegue la dottoressa – insieme alla tradizionale polisonnografia, permettono di disporre di misure oggettive della qualità del sonno che talvolta possono essere anche molto diverse rispetto alla percezione del paziente. È il caso della cosiddetta “insonnia paradossa” che accade in particolare nelle fasi di transizione dalla veglia al sonno e viceversa, quando la persona può percepire un sonno più disturbato di quello che è in realtà».

L’approccio standardizzato dalle Linee Guida Europee per Diagnosi e Trattamento dell’Insonnia prevede per trattamento della patologia in forma cronica, la terapia cognitivo-comportamentale (CBT-I), indicata in adulti di qualsiasi età. «Si tratta di una terapia mirata basata sui modelli psicofisiologici del sonno che agisce su tutte le caratteristiche comportamentali, cognitive e fisiologiche che fanno perdurare il disturbo nel tempo – conclude del Giudice. Un recente articolo scientifico, comparando 24 differenti studi, ne evidenzia l’effetto positivo anche sulla qualità della vita del paziente [5]. Un’altra review, basata su 43 studi pubblicati tra il 2004 e il 2021, associa la CBT-I a un aumento quantitativo del sonno, basato su diari del sonno e polisonnografia, negli adulti pari a una media di 30 minuti [6]».

Infine fra gli approcci di cura più innovativi vanno ricordate le digital therapeutics: queste consentono di erogare la CBT a un numero sensibilmente maggiore pazienti, con risultati sovrapponibili al trattamento somministrato in modo tradizionale.

Fonti:

  1. Varghese NE, Lugo A, Ghislandi S. et al. Sleep dissatisfaction and insufficient sleep duration in the Italian population. Sci Rep, 2020, 10, 17943.
  2. Zhou L, Kong J, Li X et al. Sex differences in the effects of sleep disorders on cognitive dysfunction. Neurosci Biobehav Rev, 2023, 146:105067.
  3. https://aaas.confex.com/aaas/2018/meetingapp.cgi/Paper/21072
  4. Potter GDM, Cade JE, Hardie LJ. Longer sleep is associated with lower BMI and favorable metabolic profiles in UK adults: Findings from the National Diet and Nutrition Survey. PLOS ONE, 2017, 12(7):e0182195.
  5. Alimoradi Z, Jafari E, Broström A et al. Effects of cognitive behavioral therapy for insomnia (CBT-I) on quality of life: A systematic review and meta-analysis. Sleep Med Rev, 2022, 64:101646.
  6. Chan WS, McCrae CS, Ng AS. Is cognitive behavioral therapy for insomnia effective for improving sleep duration in individuals with insomnia? A meta-analysis of randomized controlled trials. Ann Behav Med, 2022, 3:kaac061.