La sicurezza di pazienti e sanitari

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Si è celebrata nel settembre scorso la Giornata Nazionale per la sicurezza delle cure e della persona assistita, la prima dopo i mesi convulsi della pandemia da Covid-19, che ha rappresentato secondo il ministro della Salute Roberto Speranza un importante momento di studio e confronto tra istituzioni, enti locali e rappresentanti del mondo scientifico e delle professioni.
La gestione del rischio clinico e della sicurezza di pazienti e operatori sanitari, oltre a essere parte integrante del diritto costituzionale e una priorità del Servizio sanitario nazionale, è diventata un tema di grande attualità dopo l’impatto drammatico che la pandemia ha avuto e ancora sta avendo sull’organizzazione sanitaria in Italia e nel mondo, e sui suoi protagonisti, a cominciare da medici di famiglia, ospedalieri e infermieri. Sono infatti 177 i medici morti durante l’epidemia di Covid-19 e 30.000 i contagiati fra i sanitari, di cui 14.000 infermieri, e di questi almeno 12.000 solo in Lombardia. Un grande sacrificio professionale in gran parte dovuto all’impreparazione del sistema nell’affrontare la situazione nella prima fase di diffusione della pandemia.

Riguarda la sicurezza dei sanitari anche il tema delle aggressioni e della violenza esercitata ai danni dei lavoratori della sanità in servizio, oggi più tutelati di ieri grazie alla legge del 14 agosto 2020, n.113 “Disposizioni in materia di sicurezza per gli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nell’esercizio delle loro funzioni“ che entrerà in vigore dal prossimo 24 settembre e che sottolinea con forza il tema della comunicazione fra le istituzioni sanitarie e i cittadini.
Viene più volte e in varie sedi affermato che le informazioni sono fondamentali per garantire la sicurezza delle cure e della persona assistita. Le informazioni ai cittadini devono essere autorevoli, chiare, puntuali, condivise e tempestive, e questo deve avvenire anche nel settore delle Medicine complementari e integrative, per consentire al cittadino la scelta della migliore cura possibile. Oggi la scelta di interrompere o ridurre terapie che, per lo meno dal punto di vista del paziente, risultano inefficaci oppure sono mal sopportate per via degli effetti avversi che inducono, va attentamente valutata e attuata non solo attraverso un’informazione puntuale su rischi e benefici, ma con la maggiore condivisione possibile con il paziente, principale attore di questo processo e ultimo destinatario della terapia. La relazione di cura stretta e intensa che nella maggior parte dei casi si realizza in un setting non convenzionale è la migliore garanzia che questa collaborazione/ condivisione possa avvenire davvero, ma deve essere sostenuta anche da una collaborazione inter-disciplinare e inter-professionale, ormai indispensabile in un sistema sociale sanitario sempre più complesso.

Il miglior collegamento e la più proficua cooperazione possono avvenire solo in un contesto di medicina integrata, dove al medico e all’operatore di medicina complementare sia riconosciuto un ruolo di integrazione delle cure utile, ad esempio, per ridurre gli effetti di terapie importanti, ma con una notevole tossicità, come da tempo avviene nel campo dell’oncologia integrata. Un ruolo che a volte diventa indispensabile quando si tratta di colmare vuoti (o quasi) terapeutici, come nel trattamento delle vampate di calore delle donne in menopausa, per non parlare del moltiplicarsi dei casi di sensibilità multipla a farmaci e alimenti che richiedono quindi un trattamento non farmacologico. A tutto questo si aggiunge il contributo che le medicine complementari (MC) possono fornire in tema di sicurezza, sia per le modalità di interazione medico/paziente, sia per la possibilità di registrare diverse reazioni avverse che nel percorso terapeutico non vengono dichiarate o comunque sfuggono.
Questo non significa, come è noto, che le MC ne siano prive: la tossicità e le potenziali interazioni della fitoterapia, i traumi che possono prodursi in manovre di manipolazioni o massaggio, le possibili lesioni agli organi nel caso dell’utilizzo di aghi di grandi dimensioni (pratica poco diffusa in Italia) oppure la sostituzione terapeutica nel caso dell’omeopatia. Di tutto questo si è consapevoli ormai da tempo, ma le medicine complementari sono e rimangono un presidio fondamentale della sicurezza terapeutica.