Al via da venerdì 20 a domenica 22 ottobre, per la prima volta a Rimini, il 124° Congresso della Società Italiana di Medicina Interna – SIMI, che può contare su una platea sempre più giovane – il 72% sono under40 – e iscritti in costante crescita, passati da 3.288 del 2021 agli attuali 4.884. Una tre giorni ricca di spunti di riflessione tra sessioni di approfondimento e training, con un occhio sempre rivolto alla formazione degli internisti di oggi e di domani

Studiare il passato per comprendere il presente

La lettura di apertura del Congresso sarà dedicata alla ‘paleopatologia’, una disciplina a metà tra la medicina e le scienze umanistiche, che potrebbe fornire suggestioni insegnando a seguire le traiettorie delle malattie dal passato al futuro, per prevederne l’impatto e l’evoluzione nel tempo.

Il programma del 124° congresso della Società Italiana di Medicina Interna rispecchia in pieno la visione della nostra società scientifica, la più antica d’Italia – ha sottolineato Giorgio Sesti, Presidente SIMI – con uno sguardo al passato paleontologico per trarre insegnamenti dalla storia delle malattie che hanno influenzato l’evoluzione dell’umanità e una proiezione al futuro a iniziare dalle possibili applicazioni dell’intelligenza artificiale che potrebbero aprire nuove prospettive diagnostiche e terapeutiche nei prossimi anni. Il tutto tenendo conto del fattore umano ovvero della ricchezza costituita dai giovani soci internisti che partecipano con entusiasmo e spirito critico alle innumerevoli attività formative, cliniche e scientifiche della SIMI”.

I temi al centro del Congresso 

La medicina interna, è stato ricordato, ha una componente ospedaliera e una territoriale. Quanto alla prima, occorre ricordare che gli internisti gestiscono circa 30mila pazienti su un totale di 220mila ricoveri, pari a circa il 14% della mole di degenza totale, con punte che toccano il 30% nel periodo estivo.

Tuttavia, ad oggi, questi professionisti sono chiamati a fare i conti con crescenti criticità organizzative: in primis la carenza di organico e la mancanza di continuità assistenziale ospedale territorio, in particolare nel passaggio dall’acuzie alla fase post-acuzie. Questo fa sì che circa il 25% dei pazienti sosta impropriamente nei reparti ospedalieri da 2 a 4 giorni, ostacolando così i ricoveri per acuti che restano a loro volta in stand-by nei pronto soccorso. Un dato questo che potrebbe non risultare particolarmente significativo ma che, a livello nazionale, si traduce in oltre 2milioni di giornate di ricovero in eccesso, con costi sanitari, sociali ed economici non trascurabili.

Infine, altro elemento non trascurabile, l’età media dei pazienti che, nei reparti di medicina interna è pari ad 80 anni: si tratta di pazienti sovente cronici e poli-patologici, che sperimentano periodiche riacutizzazioni. Liste di attesa impossibili e mancanza di posti letto in reparti a bassa intensità di cura – è stato ribadito – sono il segno di un servizio sanitario non più al passo con le esigenze di una popolazione che invecchia e presenta un numero crescente di cronicità.

La formazione: insegnare l’empatia

Un altro aspetto cruciale, è stato ricordato nel corso della conferenza stampa, è preparare le nuove generazioni di medici, inserendo nel loro curriculum oltre alle competenze tradizionali, così dette “hard skills“, che tutti i professionisti del settore devono avere in ambito anatomico, di medicina interna, chirurgia, fisiologia…, anche le “soft skills“, definite dall’OMS come “life-skills”, cioè fondamentali per la vita di ciascuno. Una su tutte, l’empatia.

Le capacità comunicative e l’empatia sono ciò che fa la differenza tra un medico ed un altro. Eppure, sempre più, si tende a ‘tagliare sul tempo’ nelle visite e nei controlli, andando a sacrificare proprio quell’aspetto di relazione medico-paziente, importante anche ai fini dell’aderenza terapeutica.

Sembra, dunque, essere giunto il momento di introdurre queste competenze, in particolare un insegnamento alla “relazione medico-paziente” già nel corso di laurea, da declinare poi negli anni della specializzazione.

L’intelligenza artificiale

Un altro tema caldo del momento è quello dell’intelligenza artificiale che, certamente, avrà un ruolo sempre più centrale nell’affiancare il medico nella sua pratica e i ricercatori nel disegno degli studi clinici. In tal senso il Presidente Sesti non terme derive, certo che le macchine non prenderanno mai il posto del medico il quale è l’unico ad avere la capacità di riassumere le varie sfaccettature e visitare il paziente, cogliendone anche gli aspetti verbali e non misurabili.