Uno studio italiano, dell’Università di Parma, altamente innovativo, pubblicato su Nature Communications, ha messo in chiaro come anche il microbiota “subisce” le differenze di genere in termini di caratterizzazione microbica.

La rilevazione è stata possibile grazie all’impiego di tecniche metagenomiche e di genomica funzionale che hanno permesso di dettagliare la composizione del microbiota e di individuare i meccanismi attraverso cui i diversi microrganismi si differenziano a seconda del genere della persona (uomo o donna), si adattano e interagiscono con l’ospite in modo estremamente selettivo.

Lo studio

È stato condotto nell’ambito di una serie di ricerche sul microbiota e della sua correlazione con gli alimenti, presso il Laboratorio di Probiogenomica e dal Microbiome Research Hub (MRH) che lavora per arrivare a meglio comprendere le basi molecolari dell’interazione tra microrganismi e ospite, e delle loro implicazioni sulla salute umana.

Sono molti gli studi che ad oggi hanno chiarito che la composizione del microbioma intestinale varia non solo in relazione alle abitudini di vita, in particolare alimentari, ma anche durante il processo/le fasi evolutive dello sviluppo.

Eppure, ancora mancano alcune informazioni, ad esempio restano da definire i meccanismi dei cambiamenti dinamici di specifici ceppi. Con questo scopo ricercatori parmensi hanno avviato uno studio per analizzare i dati di sequenziamento metagenomico di oltre 12.400 microbiomi fecali di individui sani, di cui 6545 femmine e 5870 maschi di età compresa da pochi giorni a 90 anni, utilizzati per il monitoraggio a livello di ceppi membri del microbiota intestinale e definirne la biodiversità durante le diverse fasi della vita umana. 

Cosa si è scoperto

La meta-analisi longitudinale di tutte queste informazioni ha permesso di rilevare la persistenza, correlata al sesso dell’ospite, di alcuni ceppi appartenenti a specie comuni ereditate dalla madre, come Bifidobacterium bifidum e Bifidobacterium longum subsp. lungum.

Analisi comparative del genoma, abbinate ad esperimenti estesi anche allo studio dell’interazione tra microbi e cellule intestinali umane, hanno fatto osservare che specifiche glicosil idrolasi batteriche, ovvero che agiscono sulla trasformazione degli zuccheri, correlate al metabolismo del glicano (polisaccaridi (carboidrati complessi) ospite possono contribuire a una colonizzazione più efficiente nelle femmine rispetto ai maschi.

In buona sostanza i ricercatori avrebbero identificato due glicosil idrolasi, membri di GH101 e GH136, che sembrano associati alla persistente presenza di ceppi di B. bifidum e B. longum, prevalentemente nel tratto gastrointestinale femminile. Questi microrganismi, noti per il loro impatto positivo sulla salute dell’ospite, rimarrebbero nell’intestino femminile fino all’età fertile per venire poi trasmessi dalla madre al bambino durante il parto.

Il significato di questi dati. 

I risultati ad ora evidenziati sembrerebbero suggerire l’esistenza di un’intrigante coevoluzione antica, specifica per sesso, del microbo ospite che “governa e guida” la persistenza selettiva nelle donne di taxa microbici chiave che possono essere trasmessi verticalmente alla generazione successiva.

Fonte

Tarracchini C, Alessandri G, Fontana F et al. Genetic strategies for sex-biased persistence of gut microbes across human life. Nature Communications, 2023, 14, Article number: 4220. Link: https://www.nature.com/articles/s41467-023-39931-2