La disfagia è una condizione clinica complessa che si manifesta con difficoltà di progressione del bolo alimentare dalla bocca allo stomaco e che richiede quindi un approccio nutrizionale corretto, che varia a seconda del livello di disfagia
La terapia nutrizionale deve prendere in considerazione sia la via di somministrazione, orale o enterale, sia la via di accesso, qualora la nutrizione per bocca non sia indicata.
I diversi tipi di disfagia
Esistono diversi tipi di disfagia a seconda della localizzazione dei disturbi e della fase in cui si manifesta il malfunzionamento della deglutizione:
Disfagia orale
I problemi sono a livello della fase preparatoria o propulsiva orale della deglutizione
CAUSE POSSIBILI – Paralisi del nervo facciale, interventi chirurgici demolitivi, radioterapia riguardanti la bocca.
Disfagia faringea
Il malfunzionamento è a livello della fase faringea della deglutizione, quella più critica perché coinvolge il crocevia tra via digerente e respiratoria. È la più diffusa, soprattutto negli anziani.
CAUSE POSSIBILI – Malattie neurologiche (80% dei casi) e interventi chirurgici nel restante 20%.
Disfagia esofagea
Consiste nella difficoltà del bolo a scendere attraverso l’esofago verso lo stomaco.
CAUSE POSSIBILI – Malattie a livello dell’esofago o della tiroide, problemi neurologici o interventi chirurgici.
I diversi livelli di gravità della disfagia
Indipendentemente dal tipo, la disfagia può avere livelli di gravità diversi, che richiedono attenzioni nutrizionali specifiche:
Disfagia molto lieve
Sintomi estremamente deboli, che richiedono soltanto di evitare i cibi più difficili da deglutire come quelli di consistenza mista (solido e liquidi insieme), come minestrina in brodo, minestrone con verdure in pezzi, cibi friabili o duri difficili da amalgamare ecc.
Disfagia lieve
Leggera difficoltà nel deglutire i liquidi, e che richiede perciò l’uso di addensanti.
Disfagia media
Difficoltà nel deglutire anche quantità ridotte di liquido che devono perciò essere addensati fino alla consistenza gelatinosa.
Disfagia grave
Impossibilità a deglutire liquidi e solidi. Compare tosse e voce gorgogliante dopo aver bevuto anche soltanto un cucchiaino di acqua. È necessario ricorrere alla nutrizione enterale tramite sondino o PEG.
Approccio diagnostico
In presenza di “campanelli d’allarme” e/o di particolari sintomi rilevati durante l’esame obiettivo, il medico curante formula l’ipotesi di disfagia. Nei casi dubbi è consigliabile effettuare anche lo screening delle capacità deglutitorie.
L’iter diagnostico è riassunto nella flow-chart: Algoritmo diagnostico della disfagia.
Individuazione di sospetta disfagia
L’individuazione del paziente sospetto disfagico si effettua da parte del medico curante dal rilievo, eventualmente su segnalazione del paziente stesso o dei suoi care-giver, di alcuni “campanelli d’allarme”:
• fastidio o dolore associato alla deglutizione
• allungamento del tempo dedicato al pasto
• tosse costante durante i pasti
• senso di corpo estraneo in gola
• alterazione della voce durante e/o dopo la deglutizione
• progressivo cambiamento delle abitudini alimentari nelle consistenze dei cibi e nella quantità
• calo ponderale senza causa apparente
• rialzo termico ricorrente senza cause note.
Esame obiettivo
Il medico, inoltre, potrà sospettare la presenza di disturbi deglutitori obiettivando alcuni dei seguenti sintomi:
• alterato livello di coscienza
• linguaggio mal articolato
• gestione difficoltosa delle secrezioni orali e/o scialorrea
• qualsiasi segno indicatore di ridotta funzione laringea (riduzione della voce o/e della tosse volontaria)
• rischio documentato di disfagia o aspirazione durante ricoveri precedenti
• dispnea (f.r.>30 atti/minuto, desaturazione)
Presenza di complicanze della disfagia:
• malnutrizione per cause non altrimenti identificabili;
• disidratazione per cause non altrimenti identificabili;
• polmonite da aspirazione o inalazione.
Screening delle capacità deglutitorie
Nei casi dubbi è consigliabile effettuare lo screening delle capacità deglutitorie
Lo screening delle capacità deglutitorie può essere effettuato dal medico curante o da personale infermieristico debitamente formato.
Paziente disfagico e nutrizione
La terapia nutrizionale deve prendere in considerazione sia la via di somministrazione, orale o enterale, sia la via di accesso, qualora la nutrizione per bocca non sia indicata.
Per decidere quale approccio nutrizionale adottare con un paziente disfagico, è necessario considerare molteplici parametri:
- Evoluzione naturale della malattia
- Prognosi della malattia
- Capacità cognitive del paziente
- Tipo e grado di disfagia
- Possibilità e tempi di recupero
- Stato nutrizionale
Sulla base di tutti questi parametri viene impostata la terapia nutrizionale che prende in considerazione sia la via di somministrazione, orale o enterale, sia la via di accesso, qualora la nutrizione per bocca non sia indicata.
Ove possibile, la via orale deve essere la prima scelta, ma solo se la deglutizione risulta sicura ed efficace.
Se il paziente riesce a coprire almeno il 60% dei fabbisogni calorico-proteici stimati, attraverso la deglutizione orale, può essere presa in considerazione una supplementazione con integratori.
In caso invece di apporti inferiori al 60%, si dovrebbe considerare l’opportunità di una nutrizione enterale tramite sonda.
PIANO ALIMENTARE NELLA DISFAGIA | |
Obiettivo | Specifiche |
Deglutizione sicura | Modificare la consistenza di cibi e bevande per ridurre il rischio di soffocamento e di aspirazione. |
Apporto nutrizionale | Deve essere adeguato per prevenire o correggere la malnutrizione e/o la disidratazione. |
Gusti del paziente | Proporre cibi invitanti nel rispetto dei gusti del paziente. |
Autonomia | Favorire l’autonomia durante il pasto |
Come approfondire
I professionisti sanitari interessati o coinvolti in screening diagnostico, trattamento nutrizionale, gestione dei pazienti fragili e con possibile disfagia e alterato stato nutrizionale, possono avvalersi del supporto offerto dalla piattaforma