Dottoressa Piloni, lei si occupa anche di procreazione medico assistita e di fecondazione in vitro. Come concilia il ricorso a pratiche così complesse con la medicina complementare?
Da sempre il mio interesse per la medicina è legato a sentimenti di empatia e di solidarietà verso le donne. Ogni giorno ascolto le mie pazienti e non potrei restare indifferente di fronte alla situazione di estremo disagio che alcune di loro vivono: la coppia sterile è molto fragile e spesso ad avere il sopravvento è una sensazione di vuoto interiore che impedisce alla donna di vivere la propria femminilità. Così, mentre a volte ho ottenuto ottimi risultati con pazienti che hanno portato a termine la gravidanza con il supporto della medicina complementare. Altre volte, invece, è stato determinante il ricorso a tecniche di procreazione assistita. Un approccio, quest’ultimo che mi ha portato spontaneamente a integrare metodiche come la fecondazione in vitro con rimedi mutuati da omeopatia e fitoterapia, ottenendo ottimi risultati.
In particolare, a quali rimedi naturali si riferisce?
Innanzitutto, all’omeopatia che è fondamentale per ripristinare un atteggiamento di fiducia poiché, in caso di problemi di fertilità, la donna si sente particolarmente svilita. Quindi, alle donne che piangono spesso, è utile Pulsatilla. Mentre, Sepia è il rimedio costituzionale più adatto alle persone più acide che, di solito, reagiscono evitando i rapporti con le coppie che hanno bambini. È indispensabile, poi, la cosiddetta “nutrizione d’organo” ovvero il ricorso a rimedi fitoterapici in grado di fare lavorare bene le ovaie come l’estratto di Maca Peruviana, una pianta medica di grande stimolo per estrogeni e progesterone. C’è, poi,la Discorea Villosache è un’ottima fonte di fitoprogesterone, un rimedio che si può assumere sia in pastiglie sia sotto forma di crema da massaggiare sul ventre perché ha una grande efficacia transdermica.
Ricorda un caso clinico che l’ha particolarmente colpita?
Sì, ricordo il caso di una signora che, completamente dedita alla carriera diplomatica del marito, mi aveva riferito di essersi sentita molto ferita da una frase di sua madre. Quest’ultima, con un tono di disapprovazione, l’aveva esortata a fare almeno un figlio. Insomma, come se soltanto una gravidanza avrebbe potuto dare un senso alla vita della figlia. Tuttavia, una cosa è certa: da allora, la mia paziente aveva dovuto fare i conti con uno squilibrio ormonale e un problema di fertilità ed era sempre più ripiegata su se stessa. Così, le ho consigliato di ricorrere a Natrum Muriaticum, il sale marino. Il rimedio omeopatico più adatto alle persone che si chiudono nel loro bozzolo, taciturne e difficili da raggiungere. Una cura che è stata risolutiva. Ricordo ancora la felicità di quella signora che, stringendo tra le braccia il suo primo figlio, continuava a chiedermi al telefono con una voce incredula: dottoressa ma è sicura, era solo del sale marino? Infine, mi colpiscono sempre le splendide gravidanze di pazienti che, appena trentasettenni, hanno problemi di menopausa precoce.
Ci sono, invece, rimedi che possono aiutare la donna a superare le difficoltà del parto?
Sì, l’omeopatia può sicuramente essere di aiuto abbreviando la durata del travaglio. L’estratto naturale che serve maggiormente è il Caulophillum, una pianta che, secondo recenti studi, è un ossitocico naturale e perciò capace di dilatare a maggiore velocità la cervice uterina. Inoltre, regolarizza le contrazioni brevi, inefficaci e spasmodiche favorendo un’attività contrattile valida e corretta. Una pianta molto utile in caso di distocia cervicale e quando la paziente, sfinita e piuttosto taciturna, presenta un lieve tremore. L’agopuntura, invece, ha avuto un particolare successo nell’innalzamento della soglia del dolore e per mantenere un controllo lucido di sé durante il travaglio.