Resta uno degli effetti collaterali a più alto impatto e dalle implicazioni importanti. La neuropatia periferica indotta dalla chemioterapia (CIPN) può essere, infatti, causa della sospensione e/o interruzione del trattamento con possibili conseguenze sullo sviluppo della malattia.
Recenti studi, in particolare un lavoro di ricerca dell’Università di Basile in Svizzera, pubblicato su JAMA Internal Medicine, hanno indagato i possibili effetti del training neuromuscolare associato agli approcci farmacologici (tradizionalmente impiegati nel controllo della sintomatologia, ma non sempre di adeguata efficacia) sulla riduzione del rischio di CIPN.
La CIPN
Intorpidimento e formicolio e altri fastidiosi disturbi: sono queste le manifestazioni principali e più classiche della CIPN. Una complicazione che impatta sulla qualità della vita, relazionale e socio-occupazionale, esponendo al rischio di perdite di equilibrio e, dunque, di maggiori cadute a causa della compromessa percezione degli arti.
Da un punto di visto clinico-terapeutico, tali eventi potrebbero motivare la sospensione, interruzione e/o riduzione della chemioterapia somministrata, con diminuzione di efficacia terapeutica e dunque di peggiori esiti oncologici.
Gli attuali approcci per il controllo della sintomatologia correlata alla CIPN sono prevalentemente farmacologici, ma con risultati non sempre “all’altezza”. Ad esempio, si attesta modesta efficacia nel ridurre la neuropatia dolorosa associata all’uso di duloxetina con un miglioramento medio del dolore di 1 punto su una scala di 10 punti, contro 0,3 punti per il placebo.
Pertanto, la comunità scientifica si sta attivando per valutare opportunità integrative che possano colmare questo gap terapeutico: il training neuromuscolare sembrerebbe una strategia efficace.
Grande attenzione, oltre al riconoscimento dell’importanza della prevenzione primaria della CIPN nella comunità oncologica, riguarda il possibile beneficio di interventi basati sull’esercizio (oncologia dell’esercizio), in contesti di obesità, minore attività fisica e CIPN, sul miglioramento della salute generale, infiammazione e neuromodulazione.
Open question
L’allenamento neuromuscolare può ridurre l’insorgenza della CIPN o comunque agire sul controllo delle manifestazioni? Su questo quesito è stato avviato lo studio clinico svizzero: randomizzato, multicentrico prospettico (STOP).
Lo studio, ancora su piccoli numeri, ha coinvolto 158 pazienti – reclutati in 4 centri di Colonia (Germania) o nelle vicinanze – su un totale di 1.605 pazienti inizialmente sottoposti a screening, da cui sono stati successivamente esclusi 1.196 pazienti in quanto non corrispondenti ai vari criteri di inclusione, e ulteriori 251 per differenti altre motivazioni o per rifiuto ad aderire allo studio.
I pazienti selezionati hanno un’età media di 49 anni (range 18-82 anni), sono stati seguiti per 5 anni. Per la gran parte sono affetti da linfoma o cancro colorettale e sono stati avviati a trattamenti con chemioterapia a base di oxaliplatino o alcaloidi della vinca.
Al fine di validare l’efficacia del training neuromuscolare, i partecipanti sono stati suddivisi random in tre gruppi:
- 55 candidati hanno ricevuto un allenamento sensorimotorio (SMT) che prevedeva sessioni bisettimanali della durata di 15-30 minuti, supervisionate da terapisti sportivi
- 53 hanno sostenuto un allenamento con vibrazioni del corpo intero (WBV), interventi entrambi associati a terapia medica
- 50 sono stati sottoposti a una cura abituale (TAU).
I risultati attesterebbero le potenzialità dell’SMT: la pratica, infatti, sembra essere stata in grado di ridurre l’insorgenza della CIPN dal 50% al 70%, percentuale condizionata al diverso agente neurotossico utilizzato, comunque con sensibile impatto sul miglioramento del deficit neurologico e della qualità della vita e, quindi, sulla sopravvivenza complessiva.
Si osserva, inoltre, l’elevata tollerabilità e la migliore aderenza al trattamento oncologico a seguito dell’adozione di questa tipologia di intervento.
I risultati nel dettaglio
In generale l’incidenza di CIPN nei partecipanti è stata significativamente inferiore in entrambi i gruppi di intervento rispetto al gruppo di controllo (TAU): (SMT, 12 su 40 [30,0%; IC al 95%, 17,9%-42,1%] e WBV, 14 su 34 [41,2%; IC al 95%, 27,9%-54,5%] vs TAU, 24 su 34 [70,6%; IC al 95%, 58,0%-83,2%]; P = 0,002 per intention to treat-MH) con una superiorità di efficacia dell’SMT in pazienti in terapia con alcaloidi della vinca.
Inoltre, SMT si conferma superiore a TAU anche rispetto al controllo dell’equilibrio bipede con occhi aperti, bipede con occhi chiusi, monopede, sensibilità alle vibrazioni, senso del tatto, forza della parte inferiore della gamba, riduzione del dolore, sensazione di bruciore, riduzioni della dose di chemioterapia e mortalità.
In conclusione
Lo studio clinico condotto sembra fornire prime evidenze di efficacia correlate all’allenamento neuromuscolare sulla riduzione dell’insorgenza di CIPN, invitando a considerare l’uso di programmi di esercizio fisico supervisionati durante la chemioterapia. Vero è, tuttavia, che tali dati dovranno essere confermanti e validati da ulteriori indagini a più lunga durata e su più ampia scala.
Fonte: Streckmann F, Elter T, Lehmann et al. Preventive Effect of Neuromuscular Training on Chemotherapy-Induced NeuropathyA Randomized Clinical Trial. JAMA Intern Med, 2024.
Gupta A, Kleckner IR, Lustberg MB et al. Exercise and Physical Medicine Interventions for Managing Chemotherapy-Induced Peripheral Neuropathy. JAMA Intern Med, 2024.