I tumori di origine infettiva sarebbero tra il 10 e il 15% del totale. Non solo alla cervice uterina: crescono gli studi che puntano l’attenzione anche su malattie come sclerosi multipla e Alzheimer

Le nuove ricerche aprono strade inedite nella virologia oncologica, che ha avuto origine dai primi del Novecento dall’osservazione che alcuni virus potessero provocare alcuni rari tipi di tumori in animali. Oggi diversi virus (e alcuni batteri) sono ritenuti o sospettati di giocare un ruolo in diverse malattie.

La dodicesima edizione del report “Numeri del cancro in Italia” riporta che alcune infezioni croniche sono la causa di circa il 10-12% dei tumori, con percentuali di rischio attribuibile che variano molto da Paese a Paese (per l’Oms i tumori di origine infettiva sarebbero circa il 15% del totale).

Sotto accusa, oltre ad alcuni ceppi del Papilloma virus (carcinoma della cervice uterina e altri tumori ano-genitali), anche il virus di Epstein-Barr (alcuni linfomi e tumori del cavo orale), l’Herpes-virus 8 (sarcoma di Kaposi), l’Helicobacter pylori (carcinoma dello stomaco e linfoma Malt), i virus dell’epatite B e C (carcinoma epatocellulare). Alcuni studi si sono focalizzati anche sulla correlazione tra retrovirus Hiv e sarcoma di Kaposi, il virus di Epstein-Barr e la sclerosi multipla, l’Herpes virus di tipo 1 e l’Alzheimer.

Sull’associazione del virus di Epstein-Barr (EBV) alla sclerosi multipla (SM), in uno studio pubblicato da Science (“Longitudinal analysis reveals high prevalence of Epstein-Barr virus associated with multiple sclerosis”), per esempio, è stata considerata una coorte comprendente più di 10 milioni di giovani adulti in servizio attivo nelle forze armate statunitensi a 955 dei quali è stata diagnosticata la malattia durante il loro periodo di servizio. Il rischio di SM è aumentato di 32 volte dopo l’infezione da EBV, ma non è aumentato dopo l’infezione con altri virus.

Le politiche sanitarie contro l’Hpv per eliminare il cancro alla cervice uterina entro il 2030

Si stima che l’Hpv sia responsabile di circa il 97% dei tumori della cervice uterina. Fu Harald zur Hausen, che lavorava a Heidelberg, in Germania a suggerire per primo che alcuni tipi di virus del papilloma umano potessero provocare il carcinoma del collo dell’utero, dopo che altri cercarono invano l’eziologia nel virus erpetico, tanto da essere poi insignito del premio Nobel per la Medicina nel 2008. Nello stesso anno in Italia è stata introdotta la vaccinazione gratuita contro l’Hpv (bivalente, quadrivalente e nonavalente). L’International Agency for Research on Cancer (Iarc) già nel 1995 lo aveva inserito tra gli agenti cancerogeni (secondo i dati riportati dall’International Hpv Reference Center sono più di 225 i tipi identificati).

Delle 185.700 donne cha in Italia hanno avuto una diagnosi di cancro nel 2022, il tumore della cervice uterina ne colpisce circa 2.400 (rispetto per esempio alle 10.200 dell’endometrio, le cui cause non sono del tutto note), con una mortalità al primo semestre 2020 di 259 persone (+9,9% rispetto alla media 2015-2019).

L’Istituto superiore di sanità scrive che l’infezione da Hpv è un evento comune: si stima che riguardi fino all’80% delle donne sessualmente attive nel corso della vita, ma la maggior parte delle infezioni è transitoria e asintomatica e il cervico-carcinoma è “un esito raro”. Chi lo contrae sono le donne più giovani e attive sessualmente (con un picco intorno ai 25 anni), ma il cancro al collo dell’utero colpisce generalmente donne tra 40 e 70 anni, dunque con una lunghissima latenza, di decenni, del virus.

La vaccinazione anti-Hpv costituisce il primo pilastro della Call for Action dell’Organizzazione mondiale della sanità per l’eliminazione del cancro alla cervice uterina entro il 2030. La strategia globale proposta dall’Oms prevede che tutti i Paesi lavorino per raggiungere un’incidenza del tumore inferiore a 4 casi annui ogni 100 mila donne. Per ottenerla, è necessario arrivare al 90% della copertura per la vaccinazione anti-Hpv.

Grazie a questa e alle campagne di screening su scala globale (Pap Test e Hpv Test) i tassi di incidenza del tumore della cervice uterina risulterebbero costantemente in calo di circa il 2% all’anno (eccezion fatta per il periodo post-Covid che ha bloccato molte campagne di controllo). L’Australia è il primo Paese che ha risposto in maniera decisa alla Call for Action. Già nel 2007, tra i primi, ha introdotto un programma nazionale di vaccinazione contro l’Hpv e di screening molto puntuale.

Bibliografia: