È in corso nel capoluogo lombardo il Milan Longevity Summit (14-27 Marzo), di cui Tecniche Nuove è media partner. L’evento raduna i massimi esperti nazionali e mondiali – ricercatori, scienziati e clinici – Istituzioni ed enti – strutture del pubblico e del privato, Associazioni, Fondazioni, Enti no profit – con diversa expertise in tema di longevità. Fare disseminazione scientifica e promuovere politiche, azioni, progettualità e l’implementazione di tecnologie per un invecchiamento sano e longevo sono tra gli obiettivi del Summit.
Un progetto nato dall’idea di Viviana Kasam, giornalista e presidente di BrainCircleItalia, Associazione no profit per la divulgazione delle ricerche più all’avanguardia nel campo delle neuroscienze che ha fondato nel 2010, con il sostegno del Premio Nobel Rita Levi Montalcini e di Pietro Calissano, allora Presidente di EBRI (European Brain Research Institute). Milano si qualifica e si riconferma polo scientifico e culturale di eccellenza, nazionale e internazionale.
Appuntamento Lunedì 25 marzo al Teatro Franco Parenti
Le Città della Longevità; la riprogettazione di servizi e opportunità per una longevità in salute; le nuove frontiere della medicina della longevità dalle tecnologie, agli orologi epigenetici e biomarcatori di metilazione, dalla gestione dell’inflammaging, ai derivati della rapamicina quale opportunità per curare le malattie dell’invecchiamento; la pratica fisica per restare in salute a lungo, l’identikit dell’invecchiamento longevo nella donna.
Sono alcuni dei “focus” che verranno affrontati nel corso dell’evento “Vivere la longevità. Dai confini della scienza alla quotidianità” che offre in una intera giornata di lavori (09:00-18:30) una visione attuale e prospettica della silver age.
La rottura dei vecchi paradigmi
Non ci sono più gli anziani di una volta. E molto lo si deve al progresso scientifico e alla tecnologia: strumenti di diagnosi precoce, nuovi approcci chirurgici e terapeutici, dispositivi medici, wearable device, la migliore educazione al vivere sano, sono alla base di una rivoluzione medico-scientifica e culturale di interpretare e vivere la terza e quarta età. La longevità.
«Sono state l’innovazione tecnologica, iniziata all’inizio del secolo dopo il completamento del sequenziamento del genoma umano – spiega Alberto Beretta, immunologo ed esperto di medicina della longevità, Direttore scientifico di SoLongevity, partner dell’organizzazione dell’evento del 25 marzo – e lo sviluppo delle scienze omiche, dalla genomica alla proteomica e a tutte le restanti, che hanno consentito di mappare i meccanismi dell’invecchiamento e del ringiovanimento, ad aver prodotto una rottura sostanziale e paradigmatica del concetto di longevità, allungando la vita socialmente attiva, ben oltre quelli che un tempo venivano definiti gli anni in fiore.
È ormai chiaro al mondo scientifico, e non solo, che le tecnologie avranno un forte impatto sulla qualità della vita, la cosiddetta health span, con positive ripercussioni sulla durata della vita, la life span. “Traguardi” che impongono alla scienza medica di portare la persona a raggiungere i suoi cent’anni, comunque una vita longeva, senza la necessità di supporti socio-assistenziali, ovvero libera da patologie croniche e altre comorbidità. Un obiettivo potenzialmente raggiungibile, sebbene al momento ancora lontano, che imporrà di ripensare e rimodulare l’assetto sociale, in funzione di una longevità attiva.
Saranno importati, oltre alle implicazioni cliniche e socio-sanitarie, gli impatti economici, sociali che richiederanno la riorganizzazione dell’architettura di case e città del futuro, la messa a punto di nuove forme pensionistiche, lavorative e culturali, di occasioni di formazione con la promozione, ad esempio, delle Università della terza età o del volontariato, l’implementazione di nuovi servizi che tutelino la qualità della vita e l’autonomia della persona».
Tuttavia, vero è che ad oggi la popolazione italiana, la terza più longeva al mondo, raggiunge una ragguardevole life span, ma in condizione di salute precarie, con importanti implicazioni/complicazioni che impattano sull’health span.
Il divario life-health span
Il gap esistente tra durata e qualità della vita è riconducibile a una dicotomia fra le ottime opportunità di diagnosi e cura che hanno in molti casi portato a cronicizzare malattie anche importanti, e tra queste i tumori, e la cultura alla prevenzione.
«La medicina ha fatto enormi passi in avanti in farmaceutica, con potenti terapie per il controllo del diabete o le patologie cardiovascolari, ad esempio – prosegue Beretta – in chirurgia con l’esplosione della robotica e di altri approcci chirurgici che consentono oggi di trattare un numero di malattie sensibilmente superiori, allungando in modo prima insperato la life span. A fronte, tuttavia, di scarsi progressi e investimenti da parte del Sistema Sanitario Nazionale (SSN) in prevenzione, o comunque riservandola a specifiche condizioni o limitatamente ad alcune fasce di età, con un approccio tardivo, intorno ai 60 anni, rispetto all’efficacia della prevenzione che dovrebbe partire dai 40 anni».
O ben prima: le più recenti evidenze scientifiche attestano che la prevenzione dovrebbe avere inizio dalla vita intrauterina, dall’attenzione al vivere sano della mamma che si ripercuote sul feto. È confermata la relazione epigenetica madre-figlio: l’obesità pediatrica, ad esempio, è “ereditata” (anche) da una madre in eccesso ponderale durante la gravidanza e/o che lo stato di benessere/malessere mentale della donna in dolce attesa si rifletta su quello del nascituro.
Il ruolo delle tecnologie
In questo contesto di prevenzione si inseriscono anche le tecnologie (e le nuove acquisizioni scientifiche) che permettono ad esempio di fotografare con grande precisione lo stato di salute di una persona apparentemente in buone condizioni, potendo prevedere con largo anticipo condizioni che si potrebbero manifestare e cronicizzare un decennio dopo, instaurando di conseguenza corretti approcci preventivi e protettivi, anche multidisciplinari, secondo il concetto di “medicina anticipativa”. Una medicina che gioca, appunto d’anticipo, sull’insorgenza della patologia.
«L’implementazione di queste tecnologie a livello di SSN – aggiunge il Direttore Scientifico – potrebbe impattare enormemente sull’health span della popolazione occidentale. È necessario, tuttavia, democratizzare queste tecnologie i cui costi attuali sono ancora molto elevati, garantendone accesso e fruibilità a un largo spettro di persone/pazienti. Compito dei ricercatori è dunque dimostrare con evidence based, l’utilità e l’efficacia di questi strumenti, attraverso studi di validazione, che necessitano anch’essi di importanti finanziamenti (pubblici e/o europei), favorendone l’accelerazione nella pratica clinica a costi contenuti e maggiormente accessibili alla persona. La democratizzazione della tecnologia è un grande sfida ma che dovrà esser vinta entro i prossimi 10-15 anni, se vogliamo aggiunge health span alla life span e “salvare” il SSN».
Collaborano al raggiungimento di una longevità, sana e attiva, i corretti stili di vita: nutrizione e attività fisica, pilastri dell’invecchiamento sano, e le wearable technologies, come gli smart watch o altri device che permettono di monitorare alcuni dei parametri vitali, quali l’attività cardiaca, la pressione arteriosa, la glicemia. Una gamma di tecnologie che arrivano dal mondo medico e che stanno penetrando nella wellness medicine, e non ultimo la “tecnologia del tempo libero”, compreso l’Intelligenza Artificiale, che potrà aiutare a gestire e a vivere la vita dopo l’età del pensionamento, in modo nuovo.
Gli investimenti
Socialità, vita attiva, cultura e formazione. Sono alcuni degli importanti investimenti che a livello individuale possono essere intrapresi per assicurarsi una longevità migliore. «L’impegno personale – raccomanda Beretta – deve affiancarsi a supporti e consigli specialistici.
Il benessere non lo si raggiunge in autonomia né con la medicina del fai-da te: oggi sono fioriti numerosi enti e strutture, come ad esempio la Fondazione Valter Longo con expertise in ambito nutrizionale o la Wellness Foundation per quanto concerne l’attività fisica, o altre iniziative che arrivano dal settore privato, semi-privato e no profit che stanno aiutando a “istituzionalizzare” il concetto di benessere, longevo e in salute, sopperendo anche alle difficoltà del medico di famiglia di poter offrire anche questo tipo di counselling a causa di un eccesso carico dell’attività terapeutica/interventistica».
Il percorso è ancora lungo e incontra allo stato attuale ancora una resistenza culturale e organizzativa.
Politiche e Istituzioni
L’auspicio degli esperti è che a livello istituzionale si possa aver un appoggio dal Ministero della Salute, tramite finanziamenti per lo sviluppo di studi di validazione per le tecnologie o la pianificazione di programmi nazionali sull’aging e l’health span, sul modello inglese ad esempio, così come di istituzioni di Sanità pubblica, e fra queste le Case della Salute.
«Sono un progetto lodevole – conclude Beretta – che beneficerà di altri fondi oltre quelli del Piano Nazionale Ripresa e Resilienza (PNRR) – ma ancora nessuna delle Case della Salute implementate sul territorio si occupa al momento di longevità.
In Lombardia restano una estensione del SSN, mentre dovrebbero essere un “braccio armato” prevedendo il coinvolgimento e l’aggregazione di più professionisti: clinici, nutrizionisti, psicologi personal training. Un luogo, dunque, in cui fare cultura e (in)formazione sull’health e life span: una vita sana e longeva».