Il XVIII Congresso FIAMO (Federazione Italiana Associazioni e Medici Omeopati), tenutosi a Roma l’8 e il 9 ottobre presso il Collegio Internazionale Seraphicum, è stato un’occasione per ripercorrere la storia dell’omeopatia, i suoi limiti e le sue prospettive nella comprensione dei problemi e nella gestione integrata dei pazienti. Tanti i temi affrontati, dal Covid all’oncologia integrata
In medicina non esistono panacee, ma sistemi medici in grado di intervenire a più livelli sia sulla patologia sia sul paziente. Se la medicina ufficiale punta a un approccio più oggettivo e quantitativo, mirando a eliminare la causa del problema, le medicine non convenzionali, tra cui l’omeopatia, prediligono un approccio più olistico, soggettivo, orientato al paziente che diventa parte attiva del processo di cura. Se molto a lungo i due modelli sono risultati inconciliabili, più di recente è stato messo in luce il valore, per i pazienti, di una crescente integrazione tra gli stessi.
Sono stati questi i temi al centro del XVIII Congresso FIAMO (Federazione Italiana Associazioni e Medici Omeopati), tenutosi sabato 8 e domenica 9 ottobre a Roma presso il Collegio Internazionale Seraphicum, una due giorni che ha ricordato la storia della disciplina e il suo contributo alla pratica quotidiana nelle patologie acute e croniche, dal Covid-19 alle neoplasie.
La storia dell’Omeopatia
Organizzato in diverse sessioni, il Congresso ha dapprima ripercorso la storia dell’Omeopatia, a partire dal suo padre fondatore Samuel Hahnemann, che, già sulla fine del XVIII secolo, grazie alla sua conoscenza della storia e della letteratura scientifica del tempo, alle sue osservazioni sulla storia naturale della malattia e ai suoi stessi esperimenti, si rese conto che i processi patologici potevano interagire in maniera molto particolare. Dopo aver fatto un esperimento su sé stesso, Hahnemann gettò le basi del principio di Similitudine in base al quale “il simile cura il simile”.
Fu così che introdusse un metodo che chiamò omeopatia (dal greco omoios, simile, e pathos, sofferenza), basato sulla Legge di Similitudine “Per poter trattare radicalmente alcune affezioni croniche dobbiamo cercare quei rimedi che normalmente provocano la stessa malattia”. Proseguì quindi sperimentando su di sé, e su altri, numerose sostanze, annotandone con cura gli effetti. Il risultato fu la sperimentazione di 103 sostanze che formarono il ‘quadro farmacologico’.
Secondo Hahnemann “non esistono malattie, ma pazienti programmati in base alla storia familiare. In altri termini, vi sono persone ricettive o resistenti a determinate morbilità, ma questa morbilità si svilupperà in grado più o meno forte e rapido secondo lo stile di vita, le abitudini e l’igiene del paziente”.
L’importanza dell’ascolto e dell’osservazione
Sulla falsariga di quanto ricordato, le relazioni successive hanno ribadito l’importanza dell’approccio olistico dell’omeopatia, che si rivolge al paziente e non alla malattia. In questo percorso, cruciale importanza viene assunta dall’ascolto da parte del medico, dall’ “interrogatorio” che lo stesso è chiamato a mettere in atto per conoscere la storia familiare, personale, clinica, psicologica, lavorativa del soggetto.
Il medico deve anche osservare con attenzione il linguaggio verbale utilizzato, il linguaggio posturale, i segni della sofferenza, l’attivazione delle sensazioni, l’espressione delle emozioni etc. Come un “investigatore”, l’omeopata è dunque chiamato a mettere insieme “indizi”, creare connessioni, fare ipotesi, per trovare il rimedio più adeguato, il simillimum. La medicina omeopatica non può dunque prescindere da tre elementi chiave: sensazioni, emozioni e intuizioni che facilitano la narrazione.
L’analisi dei casi Covid-19
Dopo oltre due anni di pandemia, imprescindibile una sessione dedicata al Covid-19, con la presentazione di numerosi casi clinici in cui è emersa l’importanza dei rimedi omeopatici, come medicina integrata, anche in pazienti che presentavano comorbidità, senza produrre reazioni avverse. Sempre in tema Covid, si è parlato di rimedi post-vaccinazione e di profilassi vaccinale.
L’omeopatia nei cani
Ancora, una relazione ha evidenziato l’utilità del trattamento omeopatico integrato nei cani con leshmaniosi che mal sopportano le terapie standard, con la presentazione di un caso clinico e della sua evoluzione nel tempo.
L’integrazione in Oncologia
La sessione conclusiva del 9 ottobre, infine, è stata dedicata all’Oncologia integrata, un settore che per anni si è scontrato con l’ostracismo della medicina ufficiale, un atteggiamento che, più di recente, è virato progressivamente alla curiosità e quindi all’interesse, anche grazie alla grande mole di evidenze scientifiche prodotte.
L’oncologia integrata, come hanno dimostrato i casi clinici presentati, così come la grande mole di studi pubblicati, rappresenta un vantaggio in più da offrire al paziente per aiutarlo: a ridurre i sintomi della neoplasia, gli effetti collaterali dei trattamenti convenzionali, migliorare la reattività generale dell’organismo e la sofferenza psicologica, adottare stili di vita e alimentari sani che possano favorire la prevenzione di recidive.