Qualche mese fa le statunitensi Food and Drug Administration e Federal Trade Commission hanno inviato lettere a cinque compagnie che vendevano, e forse ancora vendono, integratori alimentari indicandoli come efficaci nel trattamento dell’infertilità e di altre patologie riproduttive, ovviamente senza aver ricevuto un’approvazione ufficiale. All’epoca Judy McMeekin, farmacista e Commissario associato della FDA per gli Affari Normativi, aveva sottolineato: «gli integratori alimentari che dichiarano di curare, trattare o prevenire l’infertilità o altre patologie riproduttive rischiano di ledere i consumatori che potrebbero prendere questi integratori invece che affidarsi ai trattamenti approvati».
Anche se questo particolare eventi si riferiva all’ambito della fertilità, è noto che esistono integratori alimentari che promettono meraviglie senza avere alcuna approvazione da parte degli enti regolatori. In Europa, a occuparsi di questi aspetti è per esempio l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (European Food Safety Authority, Efsa).
L’aglio (Alium sativum) è un componente ampiamente utilizzato negli integratori per le sue proprietà anti-ipertensive, anti-batteriche e anti-cancerogene. Dato l’aumento della richiesta di questi integratori, viene naturale chiedersi se tutti contengano davvero aglio! Inoltre, avere un mercato globale pone questioni di carattere normativo, perché non tutti gli Stati del mondo seguono le stesse regole in ambito di preparazione e distribuzione degli integratori, così come di altri prodotti.
Controllo e regolazione
Per fronteggiare questa situazione, un team di New York, afferente al New York Botanical Garden e alla City University of New York, ha ideato un metodo per verificare l’autenticità dei prodotti contenenti aglio che sfrutta un DNA mini-barcode. È una metodologia che inizia a farsi valere in ambito agroalimentare che consiste nell’analizzare specifici tratti di DNA che sono distintivi di una data specie, in questo caso vegetale. Questi segmenti possono essere considerati dei barcode perché identificano la presenza di una certa specie in un prodotto.
Nel caso del lavoro newyorkese, pubblicato sulla rivista Genome, gli autori hanno utilizzato un segmento di DNA presente su un introne, ovvero una parte di DNA non codificante. In particolare, è stato utilizzato il loop P6 dell’introne trnLUAA, un segmento che va dalla coppia di basi 10 alla coppia di basi 143. Si tratta di una zona di DNA già utilizzata da tempo nella produzione di DNA mini-barcode.
Una volta sviluppato, il saggio è stato utilizzato per analizzare 43 integratori alimentari erboristici a base di aglio: di questi, solo 33 presentavano il tratto distintivo di DNA e, quindi, una quantità individuabile della specie vegetale. Gli altri, ovviamente, erano dei “falsi”, o quantomeno la quantità di aglio al loro interno era molto bassa. Secondo gli autori il metodo potrebbe essere utile per verificare la presenza di determinate piante all’interno di integratori.
Fonte:
- Paradiso L, Little DP. Authentication of garlic (Allium sativum L.) supplements using a trnLUAA mini-barcode. Genome. 2021 Oct 5:1-8. doi: 10.1139/gen-2021-0001. Epub ahead of print. PMID: 34609923