L’auricoloterapia nasce negli anni ‘50 in Francia, con le prime pubblicazioni del medico di Lione, Paul Nogier, riconosciuto come il padre di una disciplina che è stata definita da molti come “la via europea dell’agopuntura”.

Di questa tecnica e delle sue evoluzioni abbiamo parlato con Giancarlo Bazzoni che pratica questa terapia in forma esclusiva da oltre 30 anni.

Com’è iniziato il suo percorso in quest’ambito?

È stato un percorso un po’ sinuoso, fatto di molte curve e per un certo periodo in salita: prima di laurearmi in medicina avevo seguito, infatti, un’altra formazione che mi portò a interessarmi di agopuntura sotto il punto di vista culturale e filosofico e di appassionarmi ad essa. Di fatto mi iscrissi alla facoltà di Medicina proprio per poter praticare questa disciplina che in Italia è giustamente riservata alla professione medica.

Avviai, quindi, la mia formazione quando ero ancora uno studente del 5° anno, allora era possibile, iscrivendomi alla scuola di Agopuntura Tradizionale e Tecniche Complementari diretta da Ulderico Lanza e, conseguita la laurea, iniziai a praticarla.

Poi il mio interesse si spostò verso l’auricoloterapia – l’altro nome dell’agopuntura auricolare – che, come tecnica, percepivo più consona alla mia visione, fortemente influenzata dal modello anatomo-fisiopatologico. Dopo un periodo di comune pratica delle 2 discipline, circa 30 anni fa decisi di dedicarmi in forma esclusiva all’auricoloterapia e di impegnarmi affinché quella che era considerata una pratica ancillare all’agopuntura, la sua “parente povera”, potesse acquisire e dimostrare la stessa efficacia dell’agopuntura somatica.

Da allora sono trascorsi molti anni: come è cambiata questa disciplina?

Quando nel 1993 iniziai a praticare in forma esclusiva l’auricoloterapia, come altri colleghi, seguivo un approccio eclettico, in cui elementi del modello francese si fondevano con quello cinese. In quegli anni la scuola francese e quella cinese avevano concluso il loro dicotomico percorso evolutivo e i due modelli si erano consolidati, perdendo quella dinamica di osmosi reciproca che, in precedenza, ne aveva favorito crescita e sviluppo.

Il paradigma adottato dalla scuola francese si basava su un principio fondamentale, quasi un dogma, che stabiliva una “corrispondenza topografica” tra specifiche zone del corpo sede del dolore e corrispondenti aree del padiglione auricolare, formalmente chiamata mappa auricolare, associato a una rappresentazione simbolica di un feto in posizione cefalica nell’utero, immagine iconica che ha contribuito non poco a definire questa terapia.

In Cina, l’auricoloterapia, conosciuta dal 1959 e poi rinominata “agopuntura auricolare“, è stata utilizzata su una vasta scala di pazienti e con la presentazione nel 1974 di una nuova mappa auricolare da parte dello Shanghai College of Traditional Chinese Medicine, basata sull’esperienza maturata negli anni, nasce la scuola cinese di agopuntura auricolare.

La nuova mappa si distingueva da quella francese non solo per la diversa collocazione di alcune aree in passato identiche, ma anche per l’introduzione di nuove aree. Successivamente le due scuole hanno intrapreso percorsi differenti: la scuola francese ha dato vita all’auricolomedicina, quella cinese ha integrato l’agopuntura auricolare con i principi fondamentali della Medicina Tradizionale Cinese (MTC). Questa mutuazione dei principi della MTC al contesto anatomo-fisiologico dell’auricoloterapia francese è stata un’impresa ardita, complicata dalle sfide poste dalla traduzione di sfumature linguistiche e concettuali intrinseche al pensiero cinese.

In sintesi, si può dire che lo status dell’auricoloterapia-agopuntura auricolare, come definito nel 1993, è rimasto fondamentalmente inalterato nel corso degli ultimi 30 anni. Sebbene non ci sia stata un’evoluzione teorica di rilievo, è indiscutibile la crescita in quantità e qualità delle pubblicazioni scientifiche. In questo contesto il principale obiettivo del gruppo interdisciplinare di esperti in auricoloterapia e dei ricercatori dell’Università di Sassari – che ha portato alla fondazione del Centro per la Ricerca sulla Neuromodulazione Auricolare e le Terapie Naturali (CERNATEC) – era valutare la solidità scientifica dei metodi usati nello sviluppo delle mappe auricolari: è così che abbiamo, quindi, identificato un passaggio critico, chiamandolo “l’errore di Nogier“.

Vale a dire?

Con il nostro gruppo di studio abbiamo esaminato, con un metodo definito “storico epistemo-anatomofisio-logico”, tutti i lavori scientifici accessibili su cui si basano le attuali mappe auricolari: posizionandole lungo una sequenza cronologica ideale, si nota che le mappe elaborate da Nogier, tra il 1951 e il 1968, si basano su osservazioni di pazienti affetti da dolore.

Questi studi hanno condotto allo sviluppo della mappa auricolare, oggi utilizzata sia nella scuola francese che in quella cinese, la cui cartografia si distingue per alcune specifiche localizzazioni dalla precedente. La mappa franco-cinese del dolore costituisce la base del concetto di “Sistema auricolare simil-somatotopico del dolore” previsto nel modello della IANM.

Un’analisi dettagliata dei principali trattati pubblicati in Italia, Francia, Germania e Stati Uniti evidenzia che le mappe oggi in uso, derivanti dalle scuole franco-tedesche e statunitensi e riguardanti aree/punti non legati al dolore, sono frutto, interamente o parzialmente, dei vari lavori di Nogier e collaboratori sviluppati negli anni 1975 -1987. Nel 1968 Nogier, però, non era ancora riuscito a identificare le rappresentazioni auricolari per il dolore viscerale toracico e addomino-pelvico, le ghiandole endocrine, il sistema nervoso centrale (SNC) e periferico (SNP), probabilmente sia per l’assenza di nocicettori in certi organi sia per la presenza di condizioni disfunzionali indipendenti dai meccanismi del dolore.

La cartografia auricolare francese si basava sulla corrispondenza uno-a-uno tra aree/punti auricolari e strutture anatomiche specifiche, muscoloscheletriche, viscerali, nervose o altro; l’approccio cinese estendeva questo principio, associando ciascuna area o punto auricolare non solo a una struttura anatomica, ma anche a sintomi organici o funzionali. Per affrontare questa impasse, Nogier adottò un nuovo metodo diagnostico che si basava su un fenomeno in cui la stimolazione, anche molto lieve, di punti auricolari provocava una immediata variazione del polso radiale, chiamato RAC (Riflesso Auricolo-Cardiaco), tradotto in inglese come VAS (Vascular Autonomic Signal). La procedura per costruire la nuova mappa auricolare prevedeva la valutazione del polso radiale per rilevare il RAC/VAS, stimolando delicatamente certi punti del padiglione auricolare. Contemporaneamente, si applicava sulla pelle del paziente una minima quantità di tessuto organico proveniente da vari organi.

Questa metodologia permise a Nogier e collaboratori di definire una mappa auricolare, aggiornata nel 1975 e poi nel 1989, integrando le rappresentazioni auricolari mancanti. Con questo processo le aree e punti auricolari aumentarono però notevolmente, superando in alcuni casi le 300 unità. Sebbene i dettagli degli errori metodologici di questi studi siano troppo ampi per parlarne in questo contesto, occorre sottolineare che tutte le localizzazioni auricolari risultanti da questi lavori, non validate da altri metodi, dovrebbero essere rigettate, poiché non fondate su metodologie scientifiche consolidate. Ecco dunque in cosa consiste “l’errore di Nogier”.