L’efficacia della terapia cognitivo-comportamentale contro il dolore

Favorire il controllo del dolore altamente pervasivo ricorrendo a tecniche a supporto della terapia farmacologica, come ad esempio la terapia cognitivo-comportamentale (CBT).

Un approccio, quest’ultimo, che secondo un recente studio pubblicato su Arthritis & Rheumatology potrebbe dare beneficio nella gestione della sintomatologia dolorosa, mente-mediata, con impatto positivo sulla distrazione da pensieri negativi altamente condizionanti il livello di percezione dolorosa.

La fibromialgia

Alla base della malattia vi è anche una sintomatologia dolorosa pervasiva, spesso condizionata e/o enfatizzata da pensieri e affetti negativi, tali da condurre a una visione/percezione catastrofizzante.

Vi sarebbe evidenza che trattamenti mente-corpo, quali la CBT, possano agire sul condizionamento mentale a favore di una riduzione del dolore o sul migliore controllo e percezione dello stesso.

I dati di potenziale efficacia sul processo corpo-mente arrivano da uno studio americano condotto su un piccolo numero di pazienti, 114 partecipanti, di cui 98 randomizzati a ricevere per 8 settimane una terapia CBT individuale o un trattamento combinato con controllo educativo della fibromialgia (EDU).

I pazienti sono stati inoltre sottoposti a una valutazione di neuroimaging di base. Scopo dello studio era comprendere i processi di attivazione del meccanismo neuronale mente-corpo, ancora non del tutto noti: valutare, ovvero, le basi neurali degli effetti catastrofici-riducenti della CBT sulla catastrofizzazione del dolore e sui circuiti cerebrali sottostanti.

I risultati

Sembrerebbero confermare la superiorità delle CBT rispetto all’EDU, la quale avrebbe favorito una maggiore riduzione del dolore catastrofico nel post-trattamento (P < 0,05), così come dell’interferenza del dolore e dell’impatto dei sintomi.

In particolare, la diminuzione della catastrofizzazione del dolore, caratterizzato da processi cognitivi ed emotivi negativi come impotenza e amplificazione dei lamenti sul dolore, avrebbe impattato positivamente su diversi fattori, agendo ad esempio come mediatore dei miglioramenti funzionali nel gruppo CBT.

Vi era infatti evidenza, al basale, di una connettività funzionale del cervello tra la corteccia cingolata ventrale posteriore (vPCC), un nodo chiave della rete di modalità predefinita, e le regioni della rete somatomotoria e di salienza sensibilmente aumentata durante i pensieri catastrofizzanti: la CBT avrebbe favorito la riduzione della connettività tra i due fattori favorenti (vPCC e la rete somatomotoria e di salienza).

Benefico, di conseguenza, anche l’impatto sul dolore che per il paziente si tradurrebbe nella riduzione degli stimoli/percezione della sintomatologia pervasiva associata a dolore diffuso, affaticamento, difficoltà cognitive e disagio psicosociale. Sintomi che compromettono la qualità e la conduzione della vita quotidiana.

Conclusione

La CBT sembra fornire benefici clinici, almeno in parte, riducendo la catastrofizzazione correlata al dolore e producendo alterazioni adattive nella connettività funzionale della rete in modalità predefinita.

Un dato preliminare importante, tuttavia ancora da validare scientificamente, tenuto conto che I’identificazione dei molteplici meccanismi biologici e psicosociali e quindi di opzioni terapeutiche in grado di alleviare il dolore, può facilitare la pratica della medicina del dolore di precisione e migliorare gli outcome del trattamento del dolore cronico.

Fonte

Lee J, Lazaridou A, Paschali M et al. A Randomized, Controlled Neuroimaging Trial of Cognitive-Behavioral Therapy for Fibromyalgia Pain. Arthritis & Rheumatology, 2023. Doi: https://doi.org/10.1002/art.42672