Favorire l’accesso alle cure, compreso alle nuove tecnologie, a tutti i pazienti e sensibilizzare all’importanza della prevenzione, fin da bambini, attraverso l’adozione e il mantenimento di uno stile di vita sano e attivo

Sono i focus su cui si incentra, quest’anno la Giornata Mondiale del Diabete, celebrata dal 1992 il 14 Novembre. Una azione necessaria, promossa da Federazione Internazionale del Diabete (IDF) e dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), che in Italia ha come partner Diabete Italia Onlus, anche in funzione dei numeri crescenti della patologia e degli elevati costi sociali e gestionali e assistenziali.

“Prevenire” l’impatto

Non solo economici; i costi del diabete hanno importanti ricadute in ambito clinico, sociale a carico soprattutto del Sistema Sanitario Nazionale (SSN), dei servizi regionali, della persona che ne soffre, dell’entourage famigliare e del contesto ambientale nella sua visione più ampia.

I costi maggiori sono a carico della persona con diabete: una riduzione di aspettativa di vita in caso di diabete non in controllo metabolico di 7-8 anni, 60% di mortalità per malattie cardiovascolari. Senza contare che il 38% delle persone con diabete ha insufficienza renale che può portare alla dialisi, il 22% sviluppa retinopatia, il 3% problemi agli arti inferiori e piedi.

Ad aggravare il quadro clinico è anche l’incidenza della patologia: il 32% dei pazienti è in età lavorativa (20-64 anni) e una prevalenza del 10% fra i 50-69enni. Numeri che si traducono per il SSN in circa l’8% del budget dedicato al diabete con oltre 9,25 miliardi di euro di soli costi diretti, riferibili cioè a farmaci, prestazioni ambulatoriali, diagnostica e ricoveri, e 11 a spese indirette per assenza dal lavoro, diminuzione di produttività e così via.

Splittate per singolo paziente, ogni persona con diabete “costa” in un anno al SSN circa 2.800 euro, pari al doppio della spesa per una persona non affetta da patologia. Infine focalizzando l’attenzione sui costi terapeutici, emergerebbe che il 90% dei costi è attribuibile al trattamento delle complicanze e comorbilità, soprattutto in termine di ospedalizzazioni, e il 10% assorbito dalla gestione del problema metabolico, con tassi in crescita qualora il paziente “sfugga” a un adeguato controllo clinico per un mancato approccio tempestivo e mirato, per la difficoltà di accesso ai servizi sanitari, alle cure più innovative, comprese le nuove tecnologie, o per scarsa compliance.

I diabetici in Italia

Le stime dell’OMS riferiscono una patologia in aumento, indipendentemente dalle forme possibili di malattia a livello mondiale sia per il diabete di tipo 1 che di tipo 2, cui si aggiungono anche il diabete gestazionale e gravidico. Una previsione che si stima potere confermare anche in Italia: secondo i dati ISTAT 2020, la prevalenza del diabete si assesta al 5,9% (5,9% negli uomini, 5,9% nelle donne), pari a oltre 3,5 milioni di persone, con un trend in lento aumento negli ultimi anni e una prevalenza incrementale al crescere dell’età, fino a raggiungere picchi del 21% nelle persone con età uguale o superiore a 75 anni.

Forti le variabilità regionali che riferiscono sul territorio una forchetta che va dal 3% della provincia di Bolzano al 7-8% della Calabria, con le più altre percentuali in termine di prevalenza nelle ragioni con i più alti tassi di sedentarietà, a dimostrazione della stretta relazione tra le due condizioni.

Le forme di diabete

L’OMS distingue due forme principali di diabete: il diabete mellito di tipo 1 in cui la produzione di insulina viene soppressa o è notevolmente ridotta a causa della distruzione delle cellule beta ad opera del sistema immunitario, con insorgenza di norma nei primi10/20 anni di vita, e il diabete mellito di tipo 2. Forma in cui l’insulina non viene prodotta in quantità sufficiente per soddisfare le necessità dell’organismo (deficit di secrezione di insulina), oppure non agisce in maniera soddisfacente (insulino resistenza).

Il diabete di tipo 2 è, tra le due, la forma più diffusa a carico soprattutto della popolazione adulta e riconosce tra i trigger il sovrappeso dipendente in gran parte da uno stile di vita scorretto, alimentare e sedentario.

«La diagnosi precoce del diabete di tipo 2, asintomatico, è spesso tardiva – dichiara Stefano Nervo, Presidente di Diabete Italia – o avviene a seguito del manifestarsi delle complicanze. Arrivare prima aiuta a mantenere una vita piena senza privazioni una volta che si è imparato a gestire la malattia. Occorre “educare” il paziente all’esistenza di questionario per valutare se è una persona a rischio cosicché possa rivolgersi tempestivamente al medico e eseguire l’emoglobina glicata».

Il PNRR

Anche il diabete potrà usufruire dei fondi del PNRR (Piano nazionale Ripresa e Resilienza). «Agli investimenti strutturali previsti – sottolinea Nervo – dovranno seguire nuovi modelli organizzativi che garantiscano una migliore gestione e integrazione col territorio. Nel diabete di tipo 1 sono fondamentali una rapida e precoce diagnosi attraverso i potenziali sintomi – l’aumento della sete e l’abbondante minzione – e un monitoraggio attento attraverso gli ultimi strumenti tecnologici. Nel diabete di tipo 2 è fondamentale promuovere la prevenzione della malattia concretizzando l’integrazione tra specialisti e medici di famiglia sul territorio, oltre a garantire l’accesso agli screening sulle complicanze della malattia».

Il Roadshow.

Molte sono le iniziative di sensibilizzazione previste sul territorio. Tra queste anche un roadshow istituzionale, promosso da Diabete Italia onlus, concentrato in tre tappe per discutere del futuro della sanità dopo il PNRR con particolare riferimento ai modelli assistenziali per persone con patologia. Gli appuntamenti saranno il 15 novembre a Napoli, il 16 novembre a Roma, il 12 dicembre a Bologna.