La carne rossa alla sbarra… come finirà?

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Quando l’International Agency for Research on Cancer (IARC) di Lione ha definito la carne rossa probabilmente cancerogena si è letteralmente scatenato un putiferio: nutrizionisti, associazioni di categoria, rappresentati del “popolo veg”… ognuno ha detto la propria, amplificato dagli organi di stampa. Il risultato: i consumi di carne rossa sono scesi del 6%.

Partendo da questa vicenda, l’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della Provincia di Milano ha organizzato un “Processo alle carni rosse”, in cui Accusa e Difesa si sono affrontate sulla base delle evidenze scientifiche più aggiornate. «Sono stufo di leggere che quando si parla di influenza aviaria crollano i consumi di cane di pollo e quando c’è la pesta suina non si compra più maiale – ha spiegato il dottor Rossi, presidente dell’Ordine dei Medici di Milano nell’aprire la serata. – Ritengo che questi argomenti vadano affrontati in maniera seria e si debba sentire il pro e contro, in modo che il consumatore si faccia la sua idea e decida. Così è scaturita l’idea di inscenare questo processo, per fare formazione in maniera divertente».

Matteo Scibilia
Matteo Scibilia

Sul banco degli imputati è salito lo chef Matteo Scibilia, ristoratore dell‘Osteria della Buona Condotta di Ornago (Mb), con l’accusa di spaccio di carne rossa, che ha accettato di rappresentare l’intera filiera: produttori di mangimi, allevamento, macellazione, trasformazione, vendita, chiamati a rispondere del delitto di cui agli artt. 81, 110, 112 n. 1, 444 e 452 cp, in quanto responsabili, in concorso fra loro, con più atti esecutivi di un unico disegno criminoso.

Al banco dell'Accusa: Paolo Donzelli e Pirrotta
Al banco dell’Accusa: Alberto Donzelli e Paola Pirrotta

Sul banco dell’Accusa sedeva la dottoressa Paola Pirotta, Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano, coadiuvata dal Consulente Tecnico di Parte (CTP), dottor Alberto Donzelli, direttore area Educazione e alla Appropriatezza ed EBM ATS Milano. La Difesa si è affidata all’avvocato Enrico Moscoloni, vicepresidente dell’Ordine degli Avvocati di Milano, che si è avvalso della consulenza del CTP Professor Antonio Pontiroli, professore di Medicina Interna dell’Università degli Studi di Milano.

La Corte d'Assise. Al centro il dott. Roja
La Corte d’Assise. Al centro il dott. Fabio Roia

Il compito di giudicare è stato affidato alla Corte di Assise, presieduta dal dottor Fabio Roia, presidente di sezione del Tribunale Penale di Milano, che ha vigilato sul corretto svolgimento di questo – per quanto anomalo – processo. La corte era costituita da: Maurizio Viecca cardiologo dell’Ospedale Sacco, Antonio Bernardo oncologo presso la Clinica Maugeri di Pavia, Mario Montani medico di medicina generale e Giulia Borromeo, odontoiatra presso l’Istituto Stomatologico ed è stata supportata dal parere tecnico del professor Massimo Zuin, consulente tecnico di ufficio (CTU) e direttore della Struttura di Gastroenterologia presso l’ospedale San Paolo.

Il processo è stato aperto dal Pubblico Ministero che ha illustrato l’imputazione, nei confronti dei numerosi imputati appartenenti della filiera della carne rosse. «Tutti gli imputati – così si è rivolta alla Corte – sono accusati di un delitto contro la salute pubblica, che ha rilevanza costituzionale. Per questo il legislatore ha previsto la tutela anticipata del bene, ovvero è sanzionato il solo pericolo. Il pericolo esiste, come provato da studi scientifici esistenti, in relazione all’utilizzo di carne rossa in dosi eccessive, pur non essendo essa pericolosa in sé perché non adulterata né contraffatta. Tale pericolo è colposo perché è noto che il consumo eccessivo di carne rossa è pericoloso e non viene comunicato dalla filiera.

Gli studi scientifici che ci hanno portato alla formulazione dell’imputazione correlano il consumo con l’aumento di malattie croniche non trasmissibili, quali le malattie coronariche e l’ictus, il diabete e alcuni tumori (colon retto, pancreas e prostata). Non da ultimo, lo afferma la fonte IARC ripresa dal ministero della Salute in una raccomandazione. L’eccessivo consumo di carne porta anche all’aumento di peso e all’obesità nel lungo periodo, all’aumento antibiotico resistenza perché gli allevamenti intensivi fanno uso di antibiotici».

Questa visione è stata completamente avversata dal difensore. «L’articolo 444 parla della detenzione e messa in commercio di sostanze alimentari pericolose per la salute pubblica – ha sottolineato – ma il pericolo deve essere concreto, attuale e non meramente in potenza, la pericolosità deve essere accertata. Da un mia ricerca giurisprudenziale si evince che la norma si riferisce a un pericolo derivante da cattiva conservazione della carne, dalla provenienza da animale malato o da carica microbica pericolosa o alterata. La giurisprudenza non ha mai preso in considerazione le carni in quanto tali. Del resto le conclusioni dello IARC non sconsigliano il consumo di carne, ma raccomandano la moderazione. Inoltre gli studi vengono effettuati ad altissimi dosaggi di consumo, completamente estranei alla media dei consumi del nostro Paese, pari a circa la metà degli Stati Uniti d’America. E le carni di animali italiani non sono trattate con ormoni. Lo stesso ministero della Salute promuove la dieta mediterranea che include anche il consumo di carne rossa».

I testimoni alla sbarra

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Anna Villarini

Come in ogni processo, sono entrati in scena i testimoni, a cominciare da quelli dell’Accusa. La prima è Anna Villarini, biologo nutrizionista e ricercatrice dell’Istituto Tumori di Milano. Nella sua testimonianza ha prodotto una metanalisi (ovvero una revisione di tutti gli studi esistenti) del gennaio 2016 sul rapporto tra consumo di carne rossa e patologie oncologiche, in cui si è evidenziata una correlazione statisticamente significativa con le patologie a carico di colon retto, mammella, stomaco, esofago, vescica, endometrio e linfoma Non-Hodgins. «Questi dati – ha spiegato – rispetto a un precedente rilevazione del 2013, mostrano una correlazione sempre più importante. Nelle raccomandazioni del Fondo Mondiale per la Ricerca sul Cancro il consumo di carne rosse non è raccomandato per la prevenzione di patologie oncologiche, ma è consentito in modeste quantità settimanali. Inoltre ora la ricerca si sta concentrando sullo studio di marker ematici che indicano la predisposizione per il rischio di malattie cardiovascolari, tra cui la Proteina C reattiva, indice dei fattori infiammatori circolanti in maniera cronica. Alcune ricerche hanno visto una relazione significativa tra Proteina C reattiva e consumo di carni rosse». Con il suo controinterrogatorio, però, la Difesa ha fatto emergere come gli studi non siano specifici per la popolazione italiana, ma siano riferiti a quella americana o europea e che non tutti riportavano l’effettivo consumo di carne rossa dei soggetti coinvolti.

È stata poi la volta di Marco Olmo, vegetariano e maratoneta estremo che fa gare lunghe centinaia di chilometri in più tappe in ambienti ostili. «Sono vegetariano da 30 anni – ha dichiarato – prima per consiglio di una naturopata, poi per scelta di vita e ho vinto gare molto molto importanti anche oltre i 50 anni. Tutto questo senza fare uso di integratori».

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Marco Olmo

La sua testimonianza è stata avvalorata da quella di Laura Cavalluzzi, atleta vegana, prima di pallavolo e poi di beach volley. «Quando sono passata al beach volley – ha ricordato – ho iniziato a soffrire di strappi muscolari in maniera non normale per un’atleta professionista e siccome ero nel circuito della Nazionale Italiana, mi è stato consigliato di seguire regimi alimentari iperproteici che seguivo alla lettera. Non ho risolto nulla al punto che sono stata estromessa dal circuito nazionale. Dopo l’ennesima delusione ho assistito a una conferenza sull’alimentazione vegana e ho deciso di cominciare a seguirla.

Laura Cavalluzzi
Laura Cavalluzzi

Da allora il problema degli strappi si è risolto e ho continuato a giocare e a vincere. Inoltre in pochi anni si sono ridotte fino a sparire cisti ovariche e al seno e ho smesso di soffrire di dolori mestruali».

Arnaldo Migliorini
Arnaldo Migliorini

La parola quindi è passata ai testi della difesa, a cominciare da Arnaldo Migliorini, dell’Istituto di Medicina Legale di Milano. «Ho praticato scherma – ha raccontando il patologo svelando il suo passato da sportivo – in maniera agonistica fino a 25 anni; tra 15 e 22 ero atleta di interesse nazionale. Seguivo un’alimentazione varia senza limitazioni particolare, comprensiva di carne rossa e non ho mai sofferto di strappi muscolari».

Guido Caprio
Guido Caprio

Neppure Guido Caprio, medico, classe 1931, non si è mani negato la carne, di tutti i tipi. «Fino al matrimonio – ha spiegato – ho seguito un dieta mediterranea tipica della mia terra, l’Irpinia, in cui si mangiava carne solo alla domenica. Mi sono sposato con una milanese e ho cambiato la dieta, con aumento deciso del consumo di carne, quasi quotidiano, anche se non sempre carne rossa. Questo tipo di alimentazione non mi ha dato nessun disturbo. Ritengo che tutte le attuali ricerche sulla carne siano da rivedere perché si sta cambiando il sistema di alimentazione dei bovini che oggi sono alimentati soprattutto a base di soia, ricca di Omega 3, i cui benefici vengono trasferiti alla carne». A specifica domanda del Pubblico Ministero, però, il dottor Caprio ha ammesso di non essere sicuro che tutti gli allevamenti seguano questo tipo di alimentazione.

Giuseppe Pastori
Giuseppe Pastori

L’ultimo dei testi delle Difesa è stato Giuseppe Pastori, tecnologo alimentare che ha lavorato per anni in un’azienda della trasformazione della carne. «In Italia – ha sottolineato – non siamo autosufficienti per la produzione di carne bovina e suina. Quella suina italiana è utilizzata per i prodotti Dop. Il resto è importato dai Paesi europei. Da qualche anno la legislazione europea ha ridotto la possibilità di utilizzo di additivi come nitrati (vietati nei prodotti a base di carne cotta) e limitato moltissimo i nitriti, indicati tra gli elementi di potenziale pericolo nelle raccomandazioni dello IARC. Da diversi anni i nostri animali vengono alimentati secondo una dieta ben bilanciata a base di soia, cereali, lino, ricchi in Omega 3: oggi la frazione lipidica della carne è costituita per 2/3 da acidi grassi insaturi e 1/3 da acidi grassi saturi. Sulle carni lavorate, nello studio IARC si fa riferimento alle carni che subiscono trattamenti termici intensi come l’affumicatura, la cottura sulla brace. La pericolosità è legata alla formazione di idrocarburi policiclici aromatici, presenti anche nelle verdure cotte ai ferri o nella pizza cotta nel forno a legna. Oltretutto il consumo medio di carne in Italia è inferiore a 400 grammi alla settimana, in linea con le raccomandazione dell’OMS».

La parola all’imputato

A questo punto è stato chiamato a deporre, l’imputato, Matteo Scibilia. «Nel mio ristorante – ha ammesso – si somministra carne rossa, ma anche molte verdure e legumi. Ho collaborato con Coldiretti per l’allevamento di nuove razze di carni in Brianza. La carne che utilizzo nel mio ristorante è di altissimo livello qualitativo. C’è carne e carne. Le leggi per la sicurezza alimentare obbligano tutta la categoria al controllo della filiera, non è possibile proporre carne di cui non si conosce la provenienza. L’allevamento intensivo in Italia non c’è e neppure ci sono consumi eccessivi, nemmeno al ristorante. Io stesso consumo legumi e carne rossa, meno di 400 grammi alla settimana». A domanda specifica del Giudice, l’imputato ha risposto che i consumi di carne sono aumentati dove costa poco, come nelle catene fast food. «La carne buona – ha spiegato – costa e anche nei supermercati la gente compra carne soprattutto quando è in offerta. In etichetta, però, è scritto molto e il consumatore può scegliere in maniera consapevole. Nella ristorazione moderna usiamo tutte le tecniche più evolute (sottovuoto bassa temperatura) per fare meno male possibile al cliente».

I consulenti delle parti

Dopo la deposizione dell’imputato, Alberto Donzelli, consulente dell’Accusa ha presentato una serie di prove scientifiche per avvalorare il teorema accusatorio. «Uno studio di coorte su infermiere e sanitari maschi americani – ha spiegato – dimostra un aumento progressivo dell’insorgenza del diabete in relazione alle quantità di carne rossa consumata. Altri studi di coorte hanno dimostrato che sostituendo una porzione di carne rossa con una di frutta in guscio, di carne bianca, di formaggi a ridotto contenuto di grassi o di cereali integrali c’è un guadagno in termini di riduzione del diabete. Secondo uno studio che ha coinvolto 8 Paesi europei tra cui l’Italia è emerso che ogni 10 grammi di proteine animali (circa 50 grammi di carne rossa) c’è un aumento di insorgenza di diabete significativo».

Altri studi confermerebbero questi risultati: uno condotto su pensionati americani che mostra un rialzo lineare della mortalità statisticamente significativa per patologie cardiovascolari e cancro in relazione con il consumo di care rossa. Uno studio su mezzo milioni di europei tra cui anche italiani, mostra la correlazione tra consumo di carne e aumento della mortalità per malattie cardiovascolari. Un rapporto della Oxford University che utilizza dati OMS e FAO correla il consumo di carne rossa con l’incremento di mortalità per malattie coronariche, ictus, cancro e diabete, anche perché comporta la diminuzione di consumo di frutta e verdura e l’aumento dell’obesità.

«Uno studio su un gruppo di vegetariani e vegani in una popolazione omogenea di avventisti americani – ha riportato parlando di questo ultimo aspetto – mostra una tendenza a minore mortalità per tutte la cause per i pesco-vegetariani. I vegani sono gli unici normopeso, mentre andando verso la popolazione carnivora c’è un aumento di peso progressivo. Secondo uno studio europeo, ogni 100 calorie introdotte come proteine animali c’è un aumento di peso inesorabile nel tempo e un altro dimostra come in soggetti onnivori il passaggio a dieta vegetariana o vegana equicalorie ha portato alla diminuzione di peso. La dieta vegana e vegetariana può soddisfare il fabbisogno proteico e di vitamina B12, al limite attraverso l’uso di integratori».

Antonio Pontiroli, consulente della Difesa, ha smantellato punto per punto la documentazione della controparte. «Dobbiamo considerare le evidenze per quello che sono – ha precisato – ovvero studi caso controllo (malato verso sano) o di coorte. I primi non sono molto affidabili perché l’anamnesi alimentare è basata sul ricordo; i secondi presuppongono che tutti i soggetti siano sani, cosa che non può essere certa. Inoltre negli studi epidemiologici non nutrizionali il limite per considerare significativo un fattore di rischio è 1,5, per quelli nutrizionali è 1,2: si rischia che il rumore di fondo falsifichi i risultati e nelle metanalisi vengono messe insieme patologie diverse e differenti tipi di alimenti. Per esempio, proprio nello studio sulle infermiere si vede che non esiste un rapporto lineare dose/effetto tra consumo di carne e mortalità e le patologie possono essere imputate a diverse causa. Insomma non esiste un fattore di rischio unico, ma bisogna moderare tra loro tendenze diverse. Si possono, quindi sposare in pieno le raccomandazioni del ministero della Salute».

Due letture diametralmente opposte degli stessi studi: l’opinione del CTU diventa quindi essenziale perché la Corte possa deliberare. «A mio avviso – ha spiegato Massimo Zunin – confrontare popolazioni che hanno un’alimentazione “normale” e altri che hanno deciso di cambiarla è già uno stravolgimento, perché la scelta è spesso dettata da una maggiore attenzione alla salute. La carne rossa ha effetti benefici: è fonte proteine, vitamine, metalli essenziali, come il ferro in forma più biodisponibile rispetto a quello contenuto nei legumi. Riguardo all’aumento di peso, ci sono studi che evidenziano come una dieta a medio-alto contenuto proteico con carne rossa magra favorisca il calo e il mantenimento del peso, in maniera maggiore di una similcalorica a basso contenuto proteico. Poi va sottolineato che nessuno studio dimostra un rapporto causale, ma al massimo associazioni, né esistono studi che dimostrino che scartando carne rossa scompaia il rischio di ammalarsi tumore. Questo avviene perché patologie degenerative e tumori hanno patogenesi multifattoriale, in cui pesa anche il contesto ambientale e genetico. In base agli studi attualmente disponibili, quindi non si può arrivare per la carne rossa a una prescrizione come quella che associa il fumo al tumore».

Dopo il parere dei periti, Accusa e Difesa hanno concluso i loro interventi, la prima richiedendo che la Corti dichiari la colpevolezza dolosa degli imputati e commini la relativa pena; la seconda richiedendo l’assoluzione con formula piena perché il fatto non costituisce reato.

Il verdetto della Corte

tutti-in-piedi-per-la-lettura-della-sentenzaCome ogni processo, anche questo si è concluso con l’emanazione della sentenza da parte della Corte, che ha deliberato dopo aver ascoltato testimoni, imputato e le opinioni dei periti. «In nome del popolo italiano – così ha esordito il Giudice Rioia – il Tribunale assolve gli imputati perché il fatto non sussiste. La motivazione è assoluzione per insufficienza di prove. Il processo, infatti, non ha portato sufficienti prove per ritenere il reato concretizzato, c’è però un inizio di prova al momento non sufficiente a dichiarare la colpevolezza. Un elemento fortemente indiziante è la raccomandazione del ministero della Salute a limitare consumo di carne, quindi è opportuno evitare l’eccessivo consumo di carne rosse, come di altri alimenti, ma non possiamo imporre a qualsiasi operatore della filiera di informare che l’eccessivo di consumo possa dare luogo a patologie poiché al momento non esiste un legame causale».

Con questo l’udienza è tolta e la carne rossa e gli operatori della filiera sono, almeno per il momento, assolti.

Elena Consonni