Solo apparentemente distanti anni luce: longevità e spazio hanno, in realtà molti ambiti di unione. A partire da interessi medico-scientifici: le ricerche condotte in assenza di gravità, ad esempio, possono fornire importanti informazioni sulla comprensione di meccanismi funzionali, anche correlati allo sviluppo di specifiche patologie invecchiamento-correlate, o risposte organiche in contesti difficilmente riproducibili sulla terra.
A questi si affiancano obiettivi strettamente legati alla missione aereo-spaziale, come ha raccontato Walter Villadei, colonnello dell’Aeronautica Militare Italiana, astronauta, recentemente impegnato nella Missione Ax-3 Voluntas, rientrato a fine febbraio dopo una permanenza di circa 20 giorni a bordo della stazione aerospaziale internazionale, e intervenuto al Milan Longevity Summit (14-27 Marzo 2024).
Obiettivi della missione
Culturale, scientifica, politica, istituzionale, interelazionale, collaborativo fra nazioni a livello mondiale. Sono alcune delle mission che hanno guidato e governato il viaggio nello spazio del Colonello Villadei e del team di astronauti permettendo, anche all’Italia un avanzamento in conoscenze tecnologiche, scientifiche, sociali e umane.
«L’Italia, durante la missione – spiega il Colonnello – ha condotto esperimenti sviluppati dalla collaborazione tra Ministero della Difesa e Aeronautica Militare, sulla base anche di interessanti input proposti dalla comunità scientifica, in particolare dall’Agenzia Spaziale Italiana e del mondo dell’industria.
Realtà private che hanno, dunque, iniziato a vedere nella sperimentazione in microgravità un’opportunità di innovazione e di accelerazione della ricerca tecnologica, premessa per la competitività».
L’Italia è da sempre protagonista nello spazio: a 60 anni dal lancio, nel 1964, del primo satellite, seguito a quelli di Unione Sovietica e Stati Uniti, potrebbe nuovamente collocarsi in un prossimo futuro in posizioni di primo piano svolgendo progetti in ambito di longevità.
Il fil rouge che unisce longevità e spazio
Due temi che hanno una prossimità poco nota e ancora poco indagata. Invece, cruciale per dare anche risposte di salute innovative, ad esempio, nel trattamento di patologie legate all’invecchiamento di forte impatto economico, sanitario-assistenziale, sociale, di risorse umane.
«Nello spazio – dichiara Villadei – gli astronauti invecchiamo rapidamente: l’organismo umano non si è evoluto per vivere in condizioni di microgravità, cui tuttavia si adatta rapidamente. I fluidi si ridistribuiscono, i muscoli si indeboliscono, il sistema muscolo-scheletrico si infragilisce: un fenomeno che di norma è quasi totalmente irreversibile, condizionato da alcuni fattori, tra questi l’età dell’astronauta, il livello di allenamento psico-fisico per affrontare lo spazio, la tipologia di recupero approntato per il ritorno a terra dalla missione.
Lo spazio, rispetto al tema della longevità, costituisce dunque un laboratorio naturale in scala 1:1 in cui studiare specifici comportamenti che non sono riproducibili nel nostro contesto ambientale se non per brevi secondi, ad esempio nel corso di voli parabolici o suborbitali».
Per minimizzare gli effetti indotti dallo spazio sull’organismo servono un’ottima preparazione, non solo tecnica ma anche fisica e psico-emotiva, propedeutica alla permanenza in condizioni di microgravità, a favorire il costante allenamento anche in volo e alle condizioni di convivenza ambientale.
Fattori che, tuttavia, potrebbe non essere ancora o non sempre sufficienti, come nel caso di esposizione a condizioni estreme, quali voli a 400 mila km, in presenza di elevatissime radiazioni o voli verso Marte.
C’è ancora molto di sommerso da investigare: «Questi contesti – precisa Villadei – richiederanno studi mirati e lo sviluppo di nuove strategie che potranno da un lato consentire agli astronauti di volare anche più lontano e, dall’altro essere poi utili ed eventualmente applicate anche in ambito di longevità».
Gli esperimenti condotti nello spazio
La missione del Colonnello è partita anche con l’obiettivo di svolgere esperimenti atti a indagare le modalità di aggregazione di alcune proteine alla base di malattie neurodegenerative, come Alzheimer e Parkinson, o a studiare la fertilità in ambito di microgravità su cellule follicolari da campioni di animali.
Ancora si sa poco o non a sufficienza: «Mancano conoscenze su quanto può realmente accadere nello spazio a livello biologico, ma non solo, – prosegue Villadei – ed è il motivo per cui alcuni colleghi, 2 su 11, della nostra missione resteranno nello spazio per un anno: occorre investigare l’ambiente fuori dalla magnetosfera terrestre per conoscere l’impatto indotto dalle radiazioni cosmiche su DNA e sulle strutture cellulari, come combatterli e ridurne le conseguenze.
Ad oggi è mancata la capacità di mappare e identificare aspetti cruciali su cui sviluppare filoni di ricerca: opportunità che stiamo cercando di strutturare come sistema Paese attraverso il Post International Space Station, naturale evoluzione di una prima straordinaria infrastruttura nata con funzioni di laboratorio, attiva da circa 30 anni che verrà sostituita da nuove infrastrutture realizzate anche con il contributo di privati.
Un’opportunità da non perdere, identificando da subito le esigenze, comprese quelle di ricerca scientifica, cui dare risposte concrete non appena la nuova infrastruttura sarà operativa». L’interazione fra comunità scientifica e il mondo dell’industriale potrà dare un impatto importante all’accelerazione della ricerca.