Dai dati emersi durante il XX Congresso del CReI (Collegio Reumatologi Italiani), in un anno il 70% della popolazione presenta episodi isolati di low back pain, più comunemente noto come “lombalgia”.
Si tratta di un dolore complesso che colpisce quasi tutte le persone come episodio sporadico longlife term. Sono quattrocentottanta le possibili combinazioni di patologie muscolari, ossee o neurologiche che causano il mal di schiena; un dolore che nel 90% dei casi si risolve entri un mese, indipendentemente dai trattamenti praticati.
«Le fasce d’età più interessate sono tra i 30 e i 45 anni – dichiara il reumatologo Roberto Murgia. – In un anno 7 persone su 10 presentano episodi isolati di lombalgia. Il 30-40% degli adulti ha crisi tanto intense da assumere farmaci o assentarsi dal lavoro. La lombalgia cronica persistente oltre i sei mesi dopo l’insuccesso di due trattamenti (farmaci, fisiokinesiterapia), riguarda il 6% della popolazione italiana».
Linee guida diagnostico terapeutiche e raccomandazioni per la costruzione di percorsi assistenziali
La lombalgia non specifica quindi è un fenomeno molto diffuso e di solito autolimitante. Sono state concepite linee guida italiane, dove è stata riscontrata una forte concordanza con quelle internazionali, che devono aiutare il clinico a discriminare le forme gravi (rare) e a razionalizzare l’intervento, sia nell’iter diagnostico che terapeutico. Il Percorso Terapeutico Diagnostico Assistenziale e le Linee Guida sul mal di schiena ci mostrano un approccio totalmente orientato verso il paziente, basato sull’importanza di ascoltare, sulla considerazione dell’influenza emotiva sulla presentazione e manifestazione del dolore, sulla valutazione del contesto familiare, lavorativo, socio economico e culturale, la capacità di proporre e concordare obiettivi di salute raggiungibili, condividere e negoziare percorsi e esiti e responsabilizzare senza accettare deleghe.
Attraverso l’attività motoria è possibile ottenere degli effetti benefici?
«La risposta si trova nella pubblicazione di due articoli scientifici sulla rivista internazionale Medicine – dichiara Antonino Patti, dottorando di ricerca dell’Università di Studi di Palermo. Il primo step è stato rivolto agli effetti di una tecnica di attività motoria molto comune al giorno d’oggi, il pilates, rispetto alla possibilità di ricorrere ad altre tecniche o a nessuna. Abbiamo discusso e analizzato tutti gli articoli che, fino al 2015, hanno trattato la relazione tra il pilates e la lombalgia e i risultati che ne sono scaturiti».
«Il secondo step – continua Patti – è datato 2016 ed è stato un lavoro sperimentale sui soggetti che praticavano quest’attività motoria. Un campione è stato diviso in due gruppi, a uno è stato chiesto di seguire un protocollo standardizzato di pilates per 14 settimane, all’altro invece la terapia farmacologica. Il risultato emerso ha dimostrato che entrambi i gruppi hanno trovato giovamento, in termini di dolore, dalle loro terapie ma, coloro che si erano affidati al pilates avevano dichiarato una maggiore riduzione del dolore. Inoltre, in seguito alla terapia farmacologica, i pazienti non avevano riscontrato dei cambiamenti significativi in termini di postura, equilibrio e stabilità, miglioramenti che invece sono stati riscontrati come una conseguenza del pilates».