Ci vuole orecchio”, titola un brano di Enzo Jannacci. Molto di più, ci vuole propensione ad ascoltare la musica, fino all’optimum della capacità e vocazione a suonare uno strumento musicale. La ragione?

Quest’arte apporterebbe benefici importanti al cervello e alle funzioni cerebrali. Se praticata fin dalla giovane età, la musica contribuirebbe ad allontanare il rischio di malattie neurodegenerative, in primis le demenze.

Sono i risultati e le indicazioni di uno studio inglese, dell’Università di Exeter, pubblicato sull’International Journal of Geriatric Psychiatry.

Le misure da intraprendere

Siamo una popolazione che invecchia, che invecchia globalmente, nelle aree e nazioni industrializzate soprattutto, fatto salvo per i Paesi in via di sviluppo, complice l’indice di denatalità decrescente e il migliore accesso e qualità delle cure che tengono in vita, in condizioni discrete, più a lungo.

Non è una novità e nemmeno la necessità di dovere far fronte a quanto l’invecchiamento comporta, specie alle cronicità, come le malattie cardiovascolari e soprattutto neurodegenerative e/o neuropsichiatriche.

Fra queste la demenza, caratterizzata da un progressivo peggioramento delle funzioni cognitive con perdita di funzionalità e indipendenza: un grave problema di salute pubblica, costato 1,3 trilioni di dollari alle economie internazionali nel 2019 con stime in crescita, funzionali anche all’incremento di patologie correlate alla demenza come il Morbo di Alzheimer.

La soluzione è potere “intervenire” sia nella finestra prodromica dei sintomi della demenza, preceduta da un graduale accumulo di deficit cognitivi che portano al lieve deterioramento cognitivo (MCI) che colpisce il 15,56% delle persone di età superiore ai 50 anni in tutto il mondo, sia in prevenzione. Ovvero sui fattori che influenzano il processo di declino cognitivo e il rischio di demenza in età avanzata, compresi quelli che incidono durante tutto il corso della vita. 

Le prove

Numerose evidenze di letteratura confermano il ruolo della riserva cognitiva nel (supporto) della funzione cognitiva – il mantenimento del cervello attivo, in buona sostanza – a cui contribuiscono diversi fattori legati allo stile di vita, come l’occupazione, il livello di istruzione e le attività ricreative, anche se praticate più avanti nella vita.

In quest’ambito, desta particolare attenzione la musica cui sembra associarsi un sano invecchiamento neurocognitivo, favorito da un aumento del volume delle regioni cerebrali deputate alla memoria, alle funzioni esecutive, alle emozioni e al linguaggio, con benefici e vantaggi che accompagnano dall’infanzia all’età avanzata.

Ad esempio, studi longitudinali hanno dimostrato un aumento del QI (Quoziente Intellettivo) in bambini che partecipano a lezioni di musica, miglioramenti nella concentrazione, velocità di lettura, elaborazione, con risultati positivi indipendenti dal contesto socioeconomico, alto o basso.

Studi di letteratura fanno osservare, inoltre, che alcuni benefici possono persistere anche nell’età adulta, fino all’evidenza che over 65 che suonano ancora musica hanno una funzione esecutiva migliore. In buona sostanza, numerosi dati suggerirebbero che il beneficio sulla cognizione è massimizzato imparando la musica più precocemente nella vita cine siti migliorativi se l’attività è mantenuta durante l’età avanzata.

Lo studio

Tali evidenze sarebbero confermate da un recente studio – il PROTECT-UK (Platform for Research Online To invEstigate Cognition and geneTics in ageing) – cui hanno partecipato 1107 persone, su un campione inziale di 25 mila individui considerati, l’83% donne con età media di 67,82 anni, comunque superiore a 40 anni e istruzione media tra il livello di laurea e il diploma post-laurea.

I partecipanti sono stati invitati a completare il questionario validato sull’esperienza musicale della vita di Edimburgo (ELMEQ) per valutare esperienza musicale e esposizione alla musica nel corso della vita, quindi sono stati somministrati test cognitivi con l’obiettivo valutare l’impatto della musica al mantenimento di una buona salute cerebrale nell’età avanzata.

I risultati

È emerso che suonare uno strumento musicale, in particolare il pianoforte, migliora la memoria e la capacità di risolvere compiti complessi. Anche il canto può contribuire a mantenere il cervello in buona salute nell’età avanzata.

Dunque, in linea con studi precedenti, il PROTECT-UK dimostrerebbe il potenziale valore dell’educazione e dell’impegno nelle attività musicali per tutta la vita, mezzo per sfruttare la riserva cognitiva come parte di uno stile di vita protettivo per la salute cerebrale.

Fonte

Vetere G, Williams G, Ballard C et al. The relationship between playing musical instruments and cognitive trajectories: Analysis from a UK ageing cohort. International Journal of Geriatric Psychiatry, 2024. Doi: https://doi.org/10.1002/gps.6061