Colpisce all’incirca il 15% cento delle donne italiane, 3 milioni in età fertile, eppure solo 1 donna su 2 conosce l’endometriosi.

Patologia di cui è noto l’impatto clinico e psico-emotivo, causa potenziale di infertilità, disturbi sulla salute sessuale e riproduttiva in genere, di possibili discriminazioni in ambito scolastico, lavorativo, sportivo, sociale ed affettivo, di impoverimento della qualità della vita.

Scarse le azioni di prevenzione e diagnosi precoce, invece fondamentali. Lo ha attestato l’indagine “Dare voce al silenzio: Prevenire ed affrontare l’endometriosi”, recentemente presentata al Senato.

Disinformazione e confusione

È questo il fil rouge che caratterizza la conoscenza dell’endometriosi, malattia cronica, potenzialmente molto invalidante, con molteplici ricadute su aspetti clinici, sanitari e uno spettro di sintomi che determinano in molte donne una scarsissima qualità di vita, in grado di condizionare l’intero percorso esistenziale: privato, professionale, socio-relazionale e le abitudini di vita.

Eppure la prevenzione e cura della patologa restano ancora zona d’ombra: solo poche donne, meno del 4%, sanno riconoscere correttamente sintomi, conoscono cause, conseguenze e possibili terapie dell’endometriosi.

Quasi una donna su 2 ritiene che i dolori possano essere controllati con semplici farmaci antidolorifici ed il 35% che sia facilmente diagnosticabile, già alla comparsa dei primi sintomi. All’opposto, in molti casi, la diagnosi avviene a distanza di anni dal primo esordio.

«È necessario fare cultura su questo tema – dichiara Nicoletta Orthmann, Direttrice Medico Scientifica di Fondazione Ondaeducando fin dalla giovane età alla prevenzione, sensibilizzando le donne a non rassegnarsi al dolore e incoraggiandole a rivolgersi agli specialisti di riferimento per poter comprendere la causa dell’endometriosi e identificare gli interventi terapeutici più appropriati». Indicazione che si fonda anche sui numeri.

L’atteggiamento delle donne

Quasi il 60% delle donne che sospetta l’endometriosi non ha mai effettuato una visita di controllo, con una percentuale che aumenta tra le over 45 e tra chi non conosce la malattia.

A fronte, invece, di una migliore informazione in donne che conoscono almeno una persona che ne è colpita (1 su 3) e/o dell’11% che non esclude di poterne essere affetta.

Queste, per l’82%, sanno che devono seguire precise terapie farmacologiche, il 62% che dovrà assentarsi dal lavoro/scuola nei giorni nel periodo mestruale, il 35% è consapevole che potrebbe far ricorso alla procreazione medicalmente assistita e il 27% sa che potrebbe essere sottoposta a interventi chirurgici di isterectomia per risolvere la situazione. Anche le istituzioni si schierano dalla parte delle donne.

La proposta di legge

È stata depositata lo scorso anno dall’On. Ilenia Malavasi, membro della Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati, un proposta di legge che punta a migliorare la salute e le condizioni di vita delle pazienti attraverso la prevenzione, una più approfondita conoscenza della malattia, il riconoscimento dell’endometriosi come patologia invalidante soggetta a esenzione, l’istituzione di un registro nazionale e di registri regionali per la raccolta e l’analisi dei dati clinici, campagne di informazione e sensibilizzazione, l’aggiornamento del personale medico, le disposizioni in caso di assenze dal lavoro, l’istituzione di una commissione nazionale. 

Cosa chiedono le donne

L’indagine evidenza la richiesta di una “presa in carico” a largo spettro. Il 51% delle donne reputa lo smart working una delle principali soluzioni per favorire l’inclusione lavorativa, il 33% chiede più giorni di congedo retribuito e il 32% più informazione per promuovere un accesso più tempestivo e appropriato ai percorsi specifici di diagnosi e cura, il 24%, vorrebbe un aiuto economico per le spese mediche.