Lo xantumolo, uno dei principali flavonoidi prenilati del luppolo, svolge una importante attività antiossidante, che risulta protettiva anche per il DNA.
Come già dimostrato in uno studio italiano condotto dal dipartimento di farmacia dell’Università di Pisa e pubblicato nel 2017, questa molecola è in grado di interferire con l’angiogenesi, uno dei 10 hallmarks tumorali, che consiste nella formazione di nuovi vasi che riforniscono le cellule tumorali di nutrimento.
Lo xantumolo avrebbe ridotto l’angiogenesi nell’80% dei casi esaminati, aprendo la strada alla sintesi di analoghi sintetici da sperimentare come agenti chemio-preventivi efficaci, migliorandone le proprietà e mantenendo bassa la tossicità.
Alcuni enzimi epatici e il microbioma intestinale possono metabolizzare lo xantumolo in 8-prenlinaringenina, il più potente fitoestrogeno conosciuto.
Questa sostanza è un potente agonista per i recettori estrogenici delle cellule, potrebbe quindi essere potenzialmente pericolosa in alcuni soggetti, incrementando il rischio di sviluppare tumori ormone-dipendenti.
Pertanto, la sua attività estrogenica è al vaglio e deve essere approfondita, al fine di valutare la sicurezza di 8-prenlinaringenina in terapie ormonali a lungo termine.
Lo studio
La nuova ricerca pubblicata su Int. J. Mol. Sci. ha dimostrato l’effetto citotossico e antiproliferativo dello xantumolo su due linee cellulari di tumore epatico (HepG2 e Huh7) e due linee cellulari di tumore al colon (HT29 e HCT116).
Inoltre, i ricercatori hanno dimostrato che due derivati dello xantumolo che non vengono metabolizzati in 8-prenlinaringenina – diidro xantumolo (DXN) e tetraidro xantumolo (TXN) – possono avere il medesimo effetto dello xantumolo su questi tipi tumorali: queste due molecole, quindi, saranno oggetto di future ricerche per il trattamento di tumori del colon ed epatici in modelli murini.
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