Buoni non solo per il cuore. Preliminari evidenze sembrerebbero dimostrare la capacità degli acidi grassi polinsaturi Omega-3 (PUFA), assunti attraverso la dieta, di migliorare la salute cerebrale anche in persone di mezza età. Tale intervento si posizionerebbe quindi come un possibile mezzo di prevenzione e protezione delle facoltà cognitive dall’invecchiamento: è quanto emerge da uno studio americano pubblicato su Neurology (Association of Red Blood Cell Omega-3 Fatty Acids With MRI Markers and Cognitive Function in Midlife: The Framingham Heart Study”).

Lo studio

A fare la differenza sulla salute e funzionalità cerebrale, favorendo la migliore struttura e capacità di pensiero in soggetti di età avanzata, sarebbero le quantità di acidi grassi consumati, in particolare di Omega-3.

La riprova, iniziale, da un ampio studio americano dell’University of Texas Health Science Center di San Antonio, che ha voluto indagare in quasi 2.200 pazienti, di età media 46 anni, 53% donne e 22% uomini che non presentavano demenza e/o ictus all’ingresso dello studio, l’impatto di questo nutriente sulle facoltà cognitive. I partecipanti provenivano dal Framingham Heart Study, di questi 2.109 dalla coorte di terza generazione e 74 dalla coorte Omni non caucasica.

Per confermare tale relazione di causa-effetto, fra Omega-3 e effetti cognitivi, i ricercatori hanno effettuato specifiche rilevazioni su parametri ben definiti: globuli rossi, per la misurazione dei livelli di acido docosaesaenoico (DHA) e acido eicosapentaenoico (EPA), due dei PUFA Omega-3 più abbondanti, calcolando poi l’indice omega-3 come somma di EPA e DHA; esami di imaging, quali la risonanza magnetica cerebrale, per valutare il volume dell’ippocampo e dell’iperintensità della sostanza bianca (WMH, white matter hyperintensities).

Le indagini sono state completate con una batteria neuropsicologica di test volti a misurare la memoria episodica ritardata, la velocità di elaborazione e la funzione esecutiva, ricorrendo al test delle somiglianze per valutare il ragionamento astratto. Ultimo parametro considerato, l’apolipoproteina E (APOE), la cui funzione principale consiste nel trasporto di acidi grassi nel corpo, facendo rilevare che circa il 22% dei partecipanti aveva almeno una copia dell’allele APOE-e4, collegato alla malattia di Alzheimer.

I risultati

Una volta esclusi i fattori confondenti e fatto i necessari aggiustamenti in relazione al rischio vascolare, come la pressione arteriosa sistolica, farmaci antipertensivi, fumo, diabete, rapporto colesterolo totale/colesterolo delle lipoproteine ad alta densità (HDL), indice di massa corporea (BMI), uso di farmaci ipolipemizzanti e malattie cardiovascolari prevalenti, i partecipanti sono stati suddivisi in base alla percentuale di acidi Omega-3 consumati: un gruppo con valori inferiori a una media del 3,4% degli acidi grassi totali come acidi grassi Omega-3, rispetto a una media del 5,2% registrata nel gruppo con valori più elevati, stabilendo come ottimale una percentuale uguale o superiore all’8%, intermedia tra il 4% e l’8% e bassa, se inferiore al 4%.

È stato così possibile osservare che le persone con livelli più elevati di acidi grassi Omega-3 non solo avevano punteggi medi più alti ai test di ragionamento astratto (0,17 ± 0,07, p = 0,013), ma anche volumi medi maggiori dell’area dell’ippocampo (deviazione standard unità beta ± errore standard; 0,003 ± 0,001, p = 0,013), implicata nella memoria. Risultati simili sono stati ottenuti individualmente per le concentrazioni di DHA o EPA.

La stratificazione per stato APOE-e4 ha invece mostrato associazioni tra concentrazioni più elevate di DHA o indice di Omega-3 e volumi ippocampali maggiori nei non portatori di APOE-e4, mentre concentrazioni più elevate di EPA riferivano a un migliore ragionamento astratto nei portatori di APOE-e4. Infine, livelli più elevati di tutti i predittori di omega-3 si associavano a minor carico di iperintensità della sostanza bianca, ma solo nei portatori di APOE-e4.

I limiti

Benché le premesse siano promettenti, lo studio presenta ancora criticità, tali da non potere giungere a osservazioni conclusive. Ovvero: lo studio riferisce un momento specifico nel tempo e, in assenza di monitoraggio a medio-lungo termine, non consente di poter stimare l’eventuale preservazione della funzione cerebrale associata al consumo di acidi grassi Omega-3.

Inoltre, la maggior parte del campione era rappresentato da adulti bianchi non ispanici, rappresentando un potenziale limite all’applicazione dei risultati ad altri gruppi di popolazione. Le attese e i risultati preliminari invitano a testare con ulteriori studi di approfondimento la capacità degli Omega-3 nel migliorare la resilienza cognitiva, anche nelle persone di mezza età.

Fonte:

  • Satizabal CL, Himali JJ, Beiser AS, Ramachandran V, Melo van Lent D, Himali D, Aparicio HJ, Maillard P, DeCarli CS, Harris W, Seshadri S. Association of Red Blood Cell Omega-3 Fatty Acids With MRI Markers and Cognitive Function in Midlife: The Framingham Heart Study. Neurology. 2022 Oct 5;99(23):e2572–82.