La nuova professione sanitaria attende i decreti sul piano formativo universitario, ma per essere bene accettata l’insegnamento deve fondarsi su solide basi. La testimonianza di Mauro Da Col, fisioterapista e osteopata, già docente presso l’Istituto superiore di osteopatia
Qual è il futuro dell’osteopatia e come si sta trasformando? Dopo decenni di dibattiti è stata riconosciuta professione sanitaria (decreto 131 del Presidente della Repubblica, pubblicato a luglio 2021 sulla Gazzetta Ufficiale), pur essendo nata a metà 800, ben prima della fisioterapia.
Rimane ancora da definire, tuttavia, il piano di studi della formazione universitaria e la regolamentazione dell’equipollenza dei titoli. Ne abbiamo parlato con Mauro Da Col, fisioterapista e osteopata, già docente di Principi di osteopatia e tecniche osteopatiche specifiche (strutturale) presso l’Istituto superiore di osteopatia.
Come è stata l’esperienza formativa all’Istituto Superiore di Osteopatia, dove poi è diventato docente?
Da fisioterapista ho frequentato l’Iso come tempo parziale, equiparato al tempo pieno. Quasi tutte le scuole più importanti in Italia prevedono sia il tempo parziale, per medici e fisioterapisti, sia il tempo pieno, che arriva al quinto anno. Il precedente ordinamento didattico per il tempo parziale stabiliva sei anni, oggi cinque, ma con più ore. Ho studiato, pertanto, tre anni di fisioterapia e sei di osteopatia.
La frequenza per il parziale (è tuttora così), era 4 giorni una volta al mese, da giovedì a domenica come full immersion. La scuola era collegata alla University of Wales e alla British School of Osteopathy: di fatto i nostri diplomi sono stati accreditati e certificati da queste due strutture. Gli allievi ottengono il Master of Science (MSc), che permette, per esempio, di lavorare nel Regno Unito.
La situazione formativa dell’osteopatia è parcellizzata. L’Iso ha però anticipato alcuni elementi della riforma…
Sì, come altre scuole. Riporto come esempio anche l’Istituto Icom, che ha aperto una sede a Malta, dove l’osteopatia è riconosciuta come professione sanitaria; la scuola di Cinisello è diventata sostanzialmente una filiale. La riforma attuale prevede una laurea breve triennale: un peccato, perché in tutto il resto dell’Europa si studia un po’ di più, da 4 a 5 anni. Deve essere ancora approvato un secondo decreto per l’ordinamento didattico. Le varie federazioni (Roi, Fesios) hanno lavorato tantissimo in tal senso.
Bisogna vedere in quanto tempo si riesce a istituire un corso universitario e che fine faranno le scuole. Iso, Icom, Soma, Cerdo, Abeos: queste sono tutte accreditate e certificate da un’università straniera e hanno uno standard di insegnamento equiparato. Il problema è che ce ne sono molte altre non accreditate e certificate, con uno standard più basso.
Quali sono i plus dell’Iso e come sta cambiando la formazione?
Indubbiamente i plus sono il riconoscimento della University of Wales e il rapporto tra numero di insegnanti e allievi, che garantisce l’apprendimento. I ragazzi che escono sono preparati e trovano tutti lavoro. A luglio ho concluso l’attività di docenza dopo 14 anni di insegnamento, che svolgevo per puro diletto.
In funzione dei nuovi ordinamenti didattici l’Iso sta cambiando molte cose. Dal focus sulla praticità, l’insegnamento delle tecniche, si sta passando a un maggiore interessamento sul fronte teorico. Servono oggi più ricercatori che si possano confrontare con l’università, persone capaci di leggere una ricerca. Ci si basa molto di più sull’evidenza scientifica. Ci sono aspetti dell’osteopatia, bisogna dirlo, che in realtà mostrano il fianco. Quella strutturale è simile alla chiropratica; quelle fasciale, viscerale e craniale differenziano l’osteopatia dalle altre terapie manuali. L’ambito craniale e fasciale, tuttavia, fanno fatica a essere supportati da evidenze scientifiche: non c’è nessuna macchina che misura il risultato e ci si basa sul benessere del paziente.
È probabile che con la riforma nei 3 anni si insegnerà solo l’aspetto strutturale: in quell’ambito non si può negare che ci sia evidenza scientifica. Poi ci si potrà magari specializzare in craniale, viscerale etc. Le scuole attuali probabilmente diventeranno scuole di specializzazione. Oggi sono tutte scuole private senza alcun riconoscimento regionale, ma sono magari riconosciute all’estero.
La situazione dell’osteopatia ricalca un po’ quello che è successo con la fisioterapia?
La fisioterapia nasce dopo l’osteopatia, ma ha avuto un riconosciuto precedente. L’osteopatia è nata a metà ‘800 da Andrew Taylor Still. Un suo allievo, John Martin Littlejohn, nel 1903 ha fondato la Bso, la prima scuola europea. La fisioterapia moderna è nata dopo il ‘45 dai coniugi Bobath.
Io ho studiato Fisioterapia all’Università degli Studi di Milano e mi sono laureato nel 1987: uno dei pochissimi con la laurea, allora erano tutte scuole regionali. Si è fatto di tutto per farle chiudere e farla diventare disciplina universitaria; ciò è avvenuto nel 2000. Nel 2020 mi sono iscritto all’albo.
La fisioterapia allora non era considerata, ancora oggi talvolta non lo è. Posso lavorare in maniera autonoma, ma enti pubblici e medici mi prescrivono il piano terapia. La prescrizione crea vigilanza e io non ne sono soggetto: è un conflitto che dura da decenni e che mi trovo a subire. In futuro per l’osteopata sarà lo stesso: le manipolazioni le fa il manipolatore, chiropratici o osteopati. Come fanno altri professionisti che non hanno competenze al riguardo a dire a me cosa fare? Quando ti trovi a lavorare in team si impara però a gestire le cose: non bisogna prevaricare il lavoro degli altri e viceversa. Relazionarsi con i medici è opportuno: molti sanno oggi che mestiere facciamo.
Come sta cambiando la professione?
I pazienti che ricevo soffrono per un 60% di problemi strutturali, cervicalgie, lombalgie, dorsalgie. Vengono anche per problemi respiratori, aumentati con il post-Covid: ci sono tecniche in merito per intervenire. Poi i somatoemozionali, per coliti, gastriti, tutto il viscerale. Io, per scelta, non tratto i bambini: mi affianca una collega che fa pediatria.
Oggi per essere inattaccabile l’osteopatia deve essere il più possibile vicina all’evidenza scientifica. Se vedo una steatosi al fegato e faccio una manipolazione e rimetto un po’ in funzione l’apparato digerente e il paziente digerisce meglio, come lo misuro? Le uniche evidenze scientifiche sono sullo strutturale: basta fare delle risonanze prima e dopo la manipolazione.
Qual è il livello dell’osteopatia in Italia?
Rispetto alla Francia siamo indietro e lo siamo anni luce rispetto al Regno Unito, ma oggi la professione si è evoluta. Il livello di allievi, docenti di Iso, Icom, Soma e Cerdo è alto. Chi esce da queste scuole, che hanno elevati standard, non ha nulla da invidiare a quelle inglesi. Ho un collega che ha aperto una scuola di osteopatia negli Usa, dove l’osteopatia è nata. L’Università non alzerà il livello perché è triennale, tutto dipende da come saranno organizzati i master.
Leggi il nostro approfondimento dedicato all’osteopatia, dal riconoscimento come professione sanitaria alle proposte relative alla formazione universitaria, su MEDICINA INTEGRATA DI NOVEMBRE