Il tumore alla prostata rappresenta il 19% di tutti i tumori diagnosticati nella popolazione maschile, con 37 mila nuovi casi l’anno. Le recenti innovazioni in ambito diagnostico consentono di individuarlo in modo sempre più precoce. Il numero di casi, quindi, è in aumento, sia per questo motivo, sia a seguito dell’invecchiamento della popolazione.

Al tema è dedicato il Libro Bianco realizzato da Fondazione Onda (Osservatorio Nazionale sulla salute della donna), “Tumore alla Prostata, Stato dell’arte e nuove prospettive” , presentato nei giorni scorsi.

È importante sapere, in questo nuovo scenario, che non sempre a una diagnosi precoce deve seguire necessariamente un trattamento. In un’alta percentuale di casi, infatti, il tumore non è clinicamente significativo ed è destinato a rimanere indolente, inattivo, senza in alcun modo andare a compromettere né la qualità né l’aspettativa di vita della persona.

Per non sprecare i benefici della diagnosi precoce senza al contempo sovra-trattare i pazienti, è opportuno ricorrere a quella che viene definita “sorveglianza attiva”. Non si tratta di una “vigile attesa”, ma di un vero e proprio schema sistematico di controlli ben definito nel tempo e capace di intercettare il tumore appena si dovesse attivare. Solo a questo punto si parte con un intervento terapeutico personalizzato.

Nel flusso di controllo della sorveglianza attiva, per esempio, il paziente dovrebbe controllare il PSA 4 volte all’anno e sottoporsi a una visita specialistica due volte. La biopsia può essere eseguita con cadenza più ampia, all’anno 1, 4, 7 e 10, per esempio.
«Si tratta di disaccoppiare il momento della diagnosi da quello della terapia, quando opportuno» spiega Bernardo Rocco, direttore Uoc Urologia, Asst Santi Paolo e Carlo, Milano.

Le nuove metodiche terapeutiche, inoltre, hanno portato a una continua riduzione della mortalità, consentendo anche di risparmiare le aree sensibili circostanti, tipicamente vescica e retto, grazie all’estrema precisione di intervento. L’utilizzo del robot come interfaccia operativa tra il chirurgo e il paziente, per esempio, consente «una delicatezza di contatto, una miglior comprensione delle strutture anatomiche, un minor sanguinamento intra-operatorio, una riduzione del periodo di degenza e del dolore e un più rapido recupero funzionale del paziente» aggiunge Rocco.

Nel Libro Bianco vengono esaminate tutte le diverse strategie adottate finora, dalla prevenzione alla diagnosi precoce e alla sorveglianza attiva, fino alle più recenti opzioni terapeutiche, alle tecnologie più innovative e alla gestione multidisciplinare del paziente, senza tralasciarne gli aspetti psicologici e sociali.

Data l’elevata incidenza di questo tipo di tumore, gli autori che hanno lavorato al testo propongono di prevedere in futuro uno screening di massa tramite chiamata dalle ATS così come da tempo avviene per il tumore alla mammella per le donne sopra i 50 anni. Sarebbero sufficienti un esame del PSA e una visita urologica di controllo.