L’Italia nel 2010 ha raggiunto l’importante traguardo di dotarsi di una legge assai ben strutturata ed efficace per combattere il dolore (Legge 30/2010). Da allora, però, si è verificata una battuta d’arresto per quanto riguarda la sua applicazione.
In particolare, i farmaci oppioidi sono gravemente sottoutilizzati, a fronte di un aumento di utilizzo di Fans, con risultati insufficienti sul piano clinico e con effetti indesiderati non trascurabili.
Se ne è parlato nel corso di un approfondito convegno organizzato a Roma da Fondazione ISAL con il grant incondizionato di Gerot Lannach, che ha riunito i massimi esperti del settore. L’Istituto di Scienze Algologiche è nato nel 1993 con l’obiettivo di aiutare le persone che soffrono di dolore cronico a causa delle più svariate condizioni patologiche e far nascere una cultura specialistica dedicata alla cura del dolore e alla ricerca.
«Questo grave stato di sottoutilizzo dei farmaci oppioidi ci svela come, ancora oggi, nel nostro Paese troppe persone affette da dolore severo, oncologico e non-oncologico, siano lasciate sole nella sofferenza per mesi e come la classe medica si avvalga in modo eccessivo di antinfiammatori il cui utilizzo protratto nel tempo, per il trattamento di una condizione cronica, risulta del tutto inappropriato e non privo di effetti collaterali» commenta il professor William Raffaeli, presidente di ISAL.
Una tra le principali ragioni che hanno interrotto il percorso virtuoso di avvicinamento a un buon uso dei medicinali oppioidi è rappresentata dalle notizie di abuso giunte dagli Stati Uniti, senza che si svolgesse un’opportuna analisi critica e contestualizzata del fenomeno. Negli USA, infatti, il contesto sanitario è completamente diverso dal nostro. Basti dire che la pubblicità dei farmaci arriva direttamente ai pazienti, senza alcun filtro. I fenomeni di abuso, inoltre, hanno riguardato fasce di popolazione giovane a cui sono stati prescritti farmaci oppioidi spesso in modo non appropriato, al di fuori delle indicazioni previste o per periodi terapeutici incongrui.
«Oggi vogliamo riaccreditare una classe farmacologica che in moltissimi casi è indispensabile per una buona terapia. Serve una ‘rieducazione sentimentale’ all’uso degli oppioidi, che sgomberi il campo da falsi miti: il loro corretto impiego non comporta rischi; piuttosto, è il loro mancato utilizzo che sottrae cura ai pazienti» aggiunge Raffaeli.
Per farlo serve approfondire la conoscenza della categoria terapeutica in modo da non essere soggetti a timori eccessivi o addirittura infondati. Lo suggerisce calorosamente la professoressa Patrizia Romualdi, esperta farmacologa dell’Università di Bologna, che spiega come l’indice terapeutico dei farmaci antinfiammatori non stereoidei sia in realtà inferiore a quello degli oppiacei. Inoltre, le benzodiazepine, che vengono invece prescritte in modo massiccio, non hanno un potenziale di abuso e tolleranza trascurabile. Due fatti sui quali riflettere. Perché allora permane questa resistenza all’uso degli oppiodi?
Per prevenire eventuali situazioni di rischio legate all’utilizzo è sufficiente porre la dovuta attenzione all’appropriatezza delle indicazioni di prescrizione, dei dosaggi e alle modalità di inizio, ed eventualmente di termine, della terapia, che deve essere sempre graduale, come si è già abituati a fare, per esempio, con i farmaci steroidei. Inoltre, è meglio non prescriverli a persone fragili, con storia pregressa di disagio e dipendenza.
Guido Mannaioni, Professore Ordinario di Farmacologia presso l’Università degli Studi di Firenze, segnala che «occorre, innanzitutto, un ottimo rapporto tra medico e paziente per la condivisione degli obiettivi di cura. Si deve procedere seguendo una terapia multimodale, come indicato dall’Oms, che prevede di iniziare con l’impiego di farmaci antinfiammatori per arrivare poi agli oppioidi in caso di dolore persistente. Come per qualsiasi altro farmaco, va infine eseguito un attento follow-up per non lasciare il paziente da solo. Per i soggetti a rischio di abuso o uso scorretto (misuse), ma con una sintomatologia dolorosa che non può essere lasciata senza oppioidi, il farmaco deve essere comunque garantito, eseguendo un follow-up più approfondito, anche con esami ematici e urinari, per verificare che il trattamento venga effettivamente assunto nelle finestre terapeutiche necessarie» conclude.